Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4754 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4754 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la memoria del difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo per la richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.11 sig. NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 5 maggio 2023 del Tribunale di Roma che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto del 17/02/2023 del Giudice per le indagini preliminari del tribunale capitolino che, ritenuta la sussistenza indiziaria del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 10-quater, d.lgs. n. 74 del 2000, aveva ordinato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto o, in mancanza, di beni per un valore ad esso equivalente ed in esecuzione del quale gli sono stati sequestrati beni per un valore complessivo di euro 246.334,40.
1.1.Con unico motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., in ordine alla erronea valutazione del presupposto del periculum in mora.
Contesta, al riguardo, il ragionamento del Tribunale secondo il quale la volatilità del denaro e la possibilità di dispersione dei beni giustifica l’adozione della misura cautelare reale, risolvendosi tale argomento nella affermazione tautologica dell’esistenza del periculum e, in ultima analisi, nella negazione della sua necessità. Il periculum, osserva il ricorrente, non può astrarre dalle circostanze del caso e deve essere effettivo e concreto, qualità del tutto assenti nel caso di specie posto che egli già nel marzo 2022 era stato edotto di essere persona sottoposta alle indagini e ciò nondimeno, oltre ad aver assunto un atteggiamento collaborativo, non aveva posto in essere alcun comportamento che lasciasse presagire il pericolo di dispersione dei propri beni.
Con memoria del 31/10/2023, i difensori hanno replicato alla richiesta del PG di rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
2.Deve essere preliminarmente precisato che oggetto di censura è esclusivamente il profilo relativo al periculum non alla sussistenza degli indizi di reato (argomento pure affrontato dall’ordinanza impugnata).
2.1.Non sono di conseguenza scrutinabili le censure relative al fumus commissi delicti dedotte con la memoria del 31/10/2023, dovendo il sindacato della Corte di cassazione essere circoscritto alle sole questioni dedotte con il ricorso introduttivo rispetto alle quali quelle poste con la memoria si pongono in
rapporto di insanabile eterogeneità, così da non poter essere nemmeno valutate alla stregua di motivi nuovi.
2.2.Tanto premesso, con sentenza Sez. U. n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto: «i/ provvedimento di sequestro preventivo di beni ex art. 321, comma 2, c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del ‘periculum in mora’, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca prima della definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege» (Rv. 281848 – 01).
2.3.Non v’è dubbio – affermano le Sezioni Unite – che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ha natura autonoma rispetto a quello cd. Impeditivol di cui al primo comma dell’art. 321, cod. proc. pen.; ne è indice evidente, oltre alla distinta collocazione topografica all’interno della stessa norma, la diversa finalità, rapportata, nel caso del sequestro impeditivo, all’esigenza di evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, e, nel caso del comma secondo (sequestro finalizzato alla confisca), all’esigenza di assicurare al processo cose di cui la legge prevede la confisca indipendentemente dalla “attitudine” delle stesse a dare luogo agli effetti e alle conseguenze, in termini di aggravamento, protrazione degli effetti, e reiterazione del reato, già considerati dal primo comma. Non per questo, però, la motivazione della misura adottata a fini di confisca può sempre esaurirsi nel dare atto, semplicemente, della confiscabilità della cosa.
2.4.In primo luogo è innegabile – affermano – che al carattere discrezionale dell’esercizio del potere di ablazione, rivelato dall’impiego del verbo modale (“il giudice può”), ed ancor più sottolineato, oggi, dalla diversa formulazione del nuovo comma 2-bis dell’art. 321, cod. proc. pen., dedicato ai delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale (“il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca”), non possa non coniugarsi l’esigenza della attestazione della sua giustificazione. Non è dato comprendere, da questo punto di vista, perché il dovere di rendere conto della scelta ablatoria dovrebbe essere altro e diverso rispetto all’essenza stessa della motivazione che, già sotto l’aspetto definitorio generalmente accettato, si risolve nella esposizione delle ragioni che giustificano una determinata decisione, e dunque, con riferimento al provvedimento in questione, di spiegare, in termini di fatto e di diritto, le ragioni della sua adozione.
2.5.In secondo luogo, proseguono, il sol fatto che gli effetti di misure limitative di diritti dell’imputato (ordinariamente condizionati all’affermazione di responsabilità o comunque all’accertamento del fatto) vengano anticipati rispetto alla decisione finale, esige un giudizio quanto meno di tipo prognostico non solo sul piano del “fumus” del reato ma anche sul piano della necessità di una anticipata esigenza ablatoria, attesa la complementarietà dei due profili. Affermare il contrario significa semplicemente motivare ciò che è richiesto ai fini della misura finale, in tal modo annullando ogni divaricazione tra il piano cautelare e il piano del giudizio, sì che, davvero, la mera confiscabilità finirebbe, inammissibilmente, per giustificare “ipso iure” il sequestro. Sul piano letterale, l’avverbio aggiuntivo “altresì” del comma 2 non può assumere alcun significato di esclusione di un onere motivazionale del giudice dovendo invece più pianamente essere interpretato nel senso che, accanto al sequestro impeditivo, il giudice può, “inoltre” (sinonimo, questo, appunto, di “altresì”), disporre anche il sequestro a fini di confisca.
2.6.In terzo luogo – aggiungono le Sezioni Unite -, un’esegesi riduttiva dell’onere motivazionale del provvedimento di sequestro a fini di confisca potrebbe comportare la violazione del principio di presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, comma secondo, Cost. e di cui all’art. 6, § 2, Convenzione EDU: evidenti sarebbero infatti gli aspetti problematici di una soluzione ermeneutica in ragione della quale il provvedimento cautelare prescindesse da una concreta prognosi in ordine alla conseguibilità della misura ablativa finale, così non scongiurandosi la possibilità, esattamente antitetica al predicato costituzionale appena ricordato, che la misura cautelare possa incidere sui diritti individuali più di quanto non lo possa la pronuncia di merito; in altri termini, la risposta afflittiva, quale è anche quella propria della confisca, dovrebbe costituire il contenuto delle sole pronunce emesse a seguito di un giusto processo sul fatto colpevole e mai di provvedimenti disposti prima della soluzione giudiziaria definitiva.
2.7.Infine, l’obbligo del giudice di motivare il sequestro a fini di confisca anche in ordine al “periculum”corrisponde all’ineludibile esigenza di rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con riferimento proprio alle misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, la Corte di cassazione ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata, come peraltro già affermato dalle stesse Sezioni Unite in tema di motivazione del sequestro probatorio del corpo di reato (Sez. U, 19/04/2018, Botticelli, n. 36072, Rv. 273548 – 01). A tal proposito, le Sezioni Unite ribadiscono la centralità del principio di proporzionalità (e residualità) delle misure cautelari (anche) reali che è costantemente richiamato
dalla giurisprudenza della Corte EDU nella valutazione delle ingerenze rispetto al diritto di proprietà tutelato dall’art. 1, Prot. 1, Convenzione EDU (Corte EDU, Grande Camera, 5/1/2000, caso COGNOME c. Italia; Corte EDU, Grande Camera, 16/7/2014, caso COGNOME c. Bosnia e Erzegovina), e costituisce anche uno dei principi generali del diritto dell’Unione (art. 52, § 1, C.F.D.U.E.; Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 3/12/2019, C-482/17, secondo cui il principio di proporzionalità «esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli»). Tale principio, ricordano le Sezioni Unite, è stato espressamente richiamato dall’art. 1, § 3, del Regolamento 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca in materia penale, nonché dalla Direttiva 2014/42/UE del 3 aprile 2014 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (in particolare dai “considerando” n. 17 e n. 18). Solo una soluzione ermeneutica che vincoli il sequestro preventivo funzionale alla confisca ad una motivazione anche sul “periculum in mora” sarebbe coerente con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio.
2.8.Stabilito, pertanto, l’obbligo del giudice di motivare sulla sussistenza del “periculum”anche in caso di sequestro preventivo di cosa confiscabile, le Sezioni Unite affermano che tale motivazione non potrà che riguardare il pericolo di dispersione del bene prima della definizione del giudizio, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire impraticabile. Non rileva, di conseguenza, la natura (obbligatoria o facoltativa) della confisca, né la funzione concretamente assolta dalla stessa (misura di sicurezza, sanzione, misura amministrativa). La natura “obbligatoria” della confisca non rende “obbligatorio” anche il sequestro ad essa funzionale, perché, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., norma generale e onnicomprensiva, il giudice “può”, e quindi non “deve”, adottare la misura cautelare. Sicché, affermare che la motivazione del provvedimento di sequestro di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., dovrebbe sempre risolversi nel dare atto della confiscabilità della cosa perché già tale caratteristica sarebbe indice di pericolosità oggettiva del bene, significa, da un lato, e in correlazione con la natura “proteiforme” della confisca, trascurare la diversità sostanziale delle ipotesi per le quali il legislatore ha previsto la confisca di beni, peraltro non sempre incentrata sulla pericolosità del bene quanto, piuttosto, in numerosi casi, espressiva, semplicemente, di intento sanzionatorio
(come è, ad esempio, nei casi di confisca “per equivalente”), dall’altro, pervenire ad una non consentita sovrapposizione della misura cautelare, da una parte, e di quella definitiva, dall’altra. Il giudice, dunque, dovrà sempre indicare le ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato, anche in caso di sequestro preventivo di cosa soggetta a confisca obbligatoria.
2.9.Le Sezioni Unite sottolineano il parallelismo rispetto al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen., che, analogamente, e con riferimento, tuttavia, alla necessità di garantire l’effettività delle statuizion relative al “pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”, presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività di dette statuizioni, anch’esse condizionate alla definitività della pronuncia cui accedono (Sez. U, 25/09/2014, n. 51660, COGNOME). Del resto, ricordano, anche in tema di sequestro impeditivo di cui al primo comma dell’art. 321, cod. proc. pen., è stata sottolineata la rilevanza della necessità di evitare che «il trascorrere del tempo possa pregiudicare irrimediabilmente l’effettività della giurisdizione espressa con la sentenza irrevocabile di condanna» (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, COGNOME), potendosi ricavare da ciò un’ulteriore conferma, in generale, della insostenibilità di opzioni esegetiche che, sostanzialmente limitando l’onere motivazionale al solo aspetto del “fumus”, finiscono per obliterare la funzione precipua della cautela reale.
2.10.In conclusione, è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del “periculum”, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio.
2.11.Questo spiega perché, invece, con riguardo alle cose “la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisca reato” (art. 240, comma secondo, n. 2, cod. pen.), è sufficiente, secondo le Sezioni Unite, dare, semplicemente, conto, della confiscabilità del bene: difetta, in questi casi, il presupposto della sentenza di condanna o di applicazione della pena. Ne consegue che l’esigenza anticipatoria verrà a ridursi alla sola attestazione della ricomprensione dell’oggetto tra quelli, appunto, di natura “illecita”, giacché già solo tale requisito finisce, con ogni evidenza, per esaurire la dimensione
“cautelare” connessa alla misura finale. Tale conclusione – ricordano le Sezioni Unite – è in linea con quanto affermato da Sez. U, n. 40847 del 30/05/2019, COGNOME, che, intervenute a risolvere il contrasto insorto sull’ambito di applicabilità dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., hanno affermato che «solo la confisca delle cose oggettivamente criminose prescinde … dalla sentenza di condanna e può trovare applicazione anche nel caso di estinzione del reato», aggiungendo che, con il divieto di restituzione di cui all’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., l’ambito e gli effetti del riesame vengono «a concentrarsi sull’accertamento dell’illiceità intrinseca del bene in sequestro, mentre divie irrilevante la verifica della motivazione del sequestro o della convalida», ben diversa essendo «la situazione negli altri casi di confisca obbligatoria, nei quali l con fiscabilità del bene dipende pur sempre dall’accertamento dell’esistenza di un’attività vietata» sicché «postulare il divieto di restituzione per un bene la cui detenzione o il cui uso non presenta profili di illiceità ha l’effetto di priv rilevanza lo stesso giudizio di riesame, il che si pone in una logica antite rispetto a quella che ha spinto le Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n 5876 del 28/0.1/2004, COGNOME, Rv.226713) ad affermare la necessità che il sequestro, anche se probatorio, sia sempre supportato da adeguata motivazione circa le finalità del vincolo (orientamento più di recente ribadito da Sez. U, 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv.273548)».
2.12.Di conseguenza, concludono, non si sottrae all’onere motivazionale sul “periculum” nemmeno il sequestro preventivo del prezzo del reato che può essere confiscato solo in caso di condanna o comunque all’esito di un pieno accertamento, nel merito, della responsabilità dell’imputato, anche in caso di prescrizione del reato.
3.Appare evidente che, a prescindere dallo specifico caso che aveva originato la rimessione della questione alle Sezioni Unite (il sequestro preventivo di alcuni beni immobili, costituenti profitto dei reati di abusiva raccolta del risparmio e truffa, che il tribunale del riesame aveva confermato ritenendo sufficiente, ai fini del secondo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., la loro astratta confiscabilità ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen.), il principio di diritto dalle stesse affermato abbia una valenza “trasversale”, dichiaratamente applicabile a tutti i casi di confisca obbligatoria, qualunque sia la natura della confisca in vista della quale viene disposto il sequestro.
3.1.Di conseguenza, la natura obbligatoria della confisca, diretta o per equivalente, di cui all’art. 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, non esime il giudice della cautela dall’obbligo di dare conto delle ragioni della anticipata apprensione dei beni: la natura obbligatoria è predicato della confisca (pronunciata all’esito di sentenza di condanna), non del sequestro che la precede (in assenza di
specifiche indicazioni di segno contrario; arg. ex art. 321, comma 2-bis, cod. proc. pen.)(ex muitis, da ultimo, Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022, dep. 2023, Beni, Rv. 284313 – 01).
4.Nel caso di specie, sono stati sottoposti a sequestro preventivo, finalizzato alla confisca (diretta o per equivalente) del profitto dei reati provvisoriamente contestati, fondi e beni immobili intestati al ricorrente.
4.1.Quanto al periculum, il tribunale fa proprie le ragioni del giudice della cautela (volatilità del denaro e possibilità di dispersione alche di altri eventuali beni) aggiungendo che «il bene rappresentato dai fondi è di per sé soggetto ad oscillazioni di valore e che, per quanto concerne il bene immobile, anche detto, ove libero da vincoli, è ben suscettibile di cessioni che potrebbero vanificare la futura confisca, anche alla luce della circostanza che si tratta dell’unico immobile posseduto interamente dall’indagato, che ha solo quattro quote di altri beni immobili ed al quale non sono intestati dei conti correnti. Tale situazione finanziaria e patrimoniale non offre altre garanzie di sicuro buon esito della confisca se non quelle poste in essere» (pag. 5).
4.2.11 ricorrente lamenta che tale ragionamento finisce per ritenere il “periculum in re ipsa”, così di fatto vanificando l’obbligo di motivare in maniera specifica le ragioni attuali e concrete della cautela.
4.3.11 rilievo è fondato.
4.4.Come affermato (in motivazione) da Sez. U, n. 23 del 14/12/1994, dep. 1995, Adelio, Rv. 200114 – 01, «ancorché manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lett. c) degli artt. 274 e 292 c.p.p. – è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all’art. 321, quale misura anch’essa limitativa di libertà costituzionalmente protette (cfr. art. 41 e 42 Cost.), che il pericolo debba presentare i requisiti della l’attualità e debba essere valutato in riferimento alla situazione esistente al momento dell’adozione della misura reale».
4.5.Per quanto il principio, successivamente ribadito da altre sentenze di questa Corte (Sez. 3, n. 42129 del 08/04/2019, COGNOME., Rv. 277173 – 01; Sez. 6, n. 56446 del 07/11/2018, COGNOME, Rv. 274778 – 01; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, COGNOME, Rv. 272928 – 01), sia stato formulato con specifico riferimento al sequestro preventivo cd. impeditivo di cui al primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., ciò nondimeno non v’è dubbio che il predicato della concretezza e attualità dell’esigenza cautelare che legittima la apprensione anticipata del bene da confiscare debba comunque riguardare anche il pericolo che la cosa possa essere dispersa prima della sua definitiva abiezione, così da vanificare la adozione della confisca stessa, pena l’inutilità del requisito stesso del periculum.
4.6.Nemmeno la natura fungibile del bene (il denaro, per esempio) esime il giudice dalla necessità di motivare sul periculum e sulla sua attualità e concretezza (in tal senso Sez. 3, n. 41602 del 14/09/2023, Testa, n.m., con richiamo a precedenti conformi; nello stesso senso anche Sez. 2, n. 13344 del 29/11/2022, dep. 2023, Porcile, n.m.; del resto, anche nel caso definito da Sez. U, Ellade, cit., oggetto di apprensione era anche il danaro).
4.7.Pertanto, la motivazione che, come nel caso di specie, prescindendo completamente dalle contingenze del caso specifico, faccia riferimento a “oscillazioni di valore” del bene sequestrato ovvero a generiche possibilità di cessione dell’immobile, si risolve, nei fatti, in una vera e propria mancanza di motivazione sul periculum, vizio certamente censurabile in questa sede ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen.
4.8.Come più volte affermato da questa Corte, infatti, «in tema di riesame delle misure caute/ari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; si vedano, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611-01, e, in motivazione, Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, COGNOME; tra le più recenti, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119 – 01; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Rv. 257007-01; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Rv. 252430-01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129 – 01).
4.9.Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, n.m.; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, cit.) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Rv. 252898-01); motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361 – 01), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Rv. 197465-01; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Rv. 213486-01; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Rv. 233270-01; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Rv. 250482-01) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Rv. 190883-01; Sez. 6, n. 25631 del 24/05/2012, Rv. 254161 – 01) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di
fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minim coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Rv. 260314, secondo cui la motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al “fumus” del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto).
4.10.Nel caso di specie manca del tutto una valutazione della concretezza e attualità del pericolo di dispersione dei beni del ricorrente che ne giustific l’anticipata ablazione.
4.11.Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame sul punto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 07/11/2023.