Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23400 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23400 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del AVV_NOTAIO che ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.11 sig. NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 19 settembre 2023 del Tribunale di Roma che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto del 10 luglio 2023 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati di cui agli artt. 5 e 10bis, d.lgs. n. 74 del 2000, da lui commessi quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, ha ordinato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, della somma di euro 889.574,37, costituente il profitto dei reati o, in mancanza, di beni, in sua disponibilità, per un valore ad esso equivalente, provvedimento in esecuzione del quale sono stati sequestrati euro 104.947,57, di proprietà della società, nonché beni mobili ed immobili di proprietà del ricorrente per un valore complessivo di euro 50.137,22.
1.1.Con unico motivo deduce la mancanza di motivazione del decreto di sequestro preventivo in ordine alle esigenze cautelari osservando che il ragionamento del Tribunale del riesame ha invece ritenuto il periculum in mora facendo erroneamente leva sull’entità del debito erariale e sui suoi “numerosi” precedenti, senza considerare la propria inclinazione a estinguere le obbligazioni gravanti sulla società, inclinazione documentata dalla voluminosa documentazione prodotta in sede di giudizio comprovante una serie ininterrotta di pagamenti e transazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è fondato.
3.Secondo il noto arresto di Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”.
3.1.Stabilito l’obbligo del giudice di motivare sulla sussistenza del “periculum”anche in caso di sequestro preventivo di cosa confiscabile, le Sezioni Unite affermano che tale motivazione non potrà che riguardare il pericolo di
dispersione del bene prima della definizione del giudizio, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire impraticabile. Non rileva, di conseguenza, la natura (obbligatoria o facoltativa) della confisca, né la funzione concretamente assolta dalla stessa (misura di sicurezza, sanzione, misura amministrativa). La natura “obbligatoria” della confisca non rende “obbligatorio” anche il sequestro ad essa funzionale, perché, ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., norma generale e onnicomprensiva, il giudice “può”, e quindi non “deve”, adottare la misura cautelare. Sicché, affermare che la motivazione del provvedimento di sequestro di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., dovrebbe sempre risolversi nel dare atto della confiscabilità della cosa perché già tale caratteristica sarebbe indice di pericolosità oggettiva del bene, significa, da un lato, e in correlazione con la natura “proteiforme” della confisca, trascurare la diversità sostanziale delle ipotesi per le quali il legislatore ha previsto la confisca di beni, peraltro non sempre incentrata sulla pericolosità del bene quanto, piuttosto, in numerosi casi, espressiva, semplicemente, di intento sanzionatorio (come è, ad esempio, nei casi di confisca “per equivalente”), dall’altro, pervenire ad una non consentita sovrapposizione della misura cautelare, da una parte, e di quella definitiva, dall’altra. Il giudice, dunque, dovrà sempre indicare le ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato, anche in caso di sequestro preventivo di cosa soggetta a confisca obbligatoria.
3.2.Le Sezioni Unite sottolineano, al riguardo, il parallelismo rispetto al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen., che, analogamente, e con riferimento, tuttavia, alla necessità di garantire l’effettività delle statuizioni relative al “pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”, presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività di dette statuizioni, anch’esse condizionate alla definitività della pronuncia cui accedono (Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 261118 – 01). Del resto, ricordano le Sezioni Unite, anche in tema di sequestro innpeditivo di cui al primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., è stata sottolineata la rilevanza della necessità di evitare che 41 trascorrere del tempo possa pregiudícare irrimediabilmente l’effettività della giurisdizione espressa con la sentenza irrevocabile di condanna» (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, COGNOME, Rv. 223722 – 01), potendosi ricavare da ciò un’ulteriore conferma, in generale, della insostenibilità di opzioni esegetiche che, sostanzialmente limitando l’onere motivazionale al solo aspetto del “fumus”, finiscono per obliterare la funzione precipua della cautela reale.
3.3.In conclusione, è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la
confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del “periculum”, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio.
3.4.Questo spiega perché, invece, con riguardo alle cose “la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisca reato” (art. 240, co. 2, n. 2, c.p.), è sufficiente dare, semplicemente, conto, della confiscabilità del bene: difetta, in questi casi, il presupposto della sentenza di condanna o di applicazione della pena. Ne consegue che l’esigenza anticipatoria verrà a ridursi alla sola attestazione della ricomprensione dell’oggetto tra quelli, appunto, di natura “illecita”, giacché già solo tale requisito finisce, con ogni evidenza, per esaurire la dimensione “cautelare” connessa alla misura finale. Tale conclusione ricordano le Sezioni Unite – è in linea con quanto affermato da Sez. U, 30/05/2019, n. 40847, COGNOME, che, intervenuta a risolvere il contrasto insorto sull’ambito di applicabilità dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., ha affermato che «solo la confisca delle cose oggettivamente criminose prescinde … dalla sentenza di condanna e può trovare applicazione anche nel caso di estinzione del reato», aggiungendo che, con il divieto di restituzione di cui all’art. 324, comma 7, cit., l’ambito e gli effetti del riesame vengono «a concentrarsi sull’accertamento dell’illiceità intrinseca del bene in sequestro, mentre diviene irrilevante la verifica della motivazione del sequestro o della convalida», ben diversa essendo «la situazione negli altri casi di confisca obbligatoria, nei quali la con fiscabilità del bene dipende pur sempre dall’accertamento dell’esistenza di un’attività vietata» sicché «postulare il divieto di restituzione per un bene la cui detenzione o il cui uso non presenta profili di illiceità ha l’effetto di privare di rilevanza lo stesso giudizio di riesame, il che si pone in una logica antitetica rispetto a quella che ha spinto le Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 5876 del 28/0.1/2004, Bevi/acqua, Rv.226713) ad affermare la necessità che il sequestro, anche se probatorio, sia sempre sup portato da adeguata motivazione circa le finalità del vincolo (orientamento più di recente ribadito da Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv.273548)». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.5.Di conseguenza, non si sottrae all’onere motivazionale sul “periculum” nemmeno il sequestro preventivo del prezzo del reato che può essere confiscato solo in caso di condanna o comunque all’esito di un pieno accertamento, nel merito, della responsabilità dell’imputato, anche in caso di prescrizione del reato.
4.Nel caso in esame, il Tribunale ritiene la sussistenza del periculum in mora in considerazione: a) dell’incapienza del patrimonio societario e di quello del ricorrente; b) dei precedenti penali del ricorrente stesso siccome gravato da numerose condanne per reati contro il patrimonio (truffe, ricettazioni e riciclaggio) e per bancarotta fraudolenta (ben tre).
4.1.Tale pericolo, secondo i Giudici del riesame, non è escluso dalla produzione documentale del ricorrente attestante pagamenti e transazioni (in parte correlate a istanze di fallimento) mentre l’unica rateizzazione con l’Erario riguarda quella concessa dalla RAGIONE_SOCIALE delle Entrate nell’agosto dell’anno 2023 la cui prima rata non risultava (al Tribunale) non ancora pagata.
4.2.11 tema, dunque, riguarda la possibilità di ritenere il periculum in mora in base alla attuale incapienza del patrimonio dell’ente o della persona fisica rispetto all’entità del debito tributario; si afferma che tale incapienza giustifica l’apprensione anticipata dei beni in considerazione del “parallelismo” tra il sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen. e quello preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., operato da Sez. U, Ellade, cit.
4.3.L’argomento, nella sua assolutezza, è errato.
4.4.Sez. U, Ellade, come visto, non ha mai sostenuto l’identità dei presupposti tra il sequestro conservativo e quello preventivo finalizzato alla confisca. Nella trama argomentativa della sentenza, il “parallelismo” tra i due sequestri è stato introdotto a sostegno dell’argomento relativo alla comune esigenza «rapportata appunto alla ratio della misura cautelare, volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo», esigenza che, affermano le Sezioni Unite, accomuna ai due tipi di sequestro anche quello preventivo innpeditivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., senza però legittimare la “traslazione” dei presupposti dell’una misura all’altra. Peraltro, come già affermato da Sez. 3, n. 31025 del 06/04/2023, Benzoni, Rv. 285042 – 01, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, è illegittimo il provvedimento di applicazione della misura che non contenga una, sia pur concisa, motivazione circa la ritenuta sussistenza del “periculum in mora”, anche nel caso in cui il patrimonio del soggetto passibile di ablazione sia di consistenza inferiore alla somma sino alla cui concorrenza questa dovrebbe operare, non coincidendo il suo presupposto applicativo con quello della mancanza/insufficienza della garanzia patrimoniale, previsto per il sequestro conservativo.
4.5.Non si può ritenere, afferma la Corte «che, a fronte della titolarità di un patrimonio inferiore a quello suscettibile di confísca, il periculum in mora sia per ciò solo esistente sì da esonerare il giudice della cautela dall’obbligo di rendere la
necessaria motivazione. Affermare questa conclusione significherebbe equiparare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una somma di denaro – e, in particolare, alla confisca per equivalente del profitto del reato – al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc, pen., che, in alternativa al pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale esistente al momento dell’adozione della misura, considera anche quello fondato sulla mera mancanza/insufficienza di detta garanzia, in tal caso non occorrendo, secondo la communis opinio, giustificata dalla lettera della legge (cfr. Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 261118; Sez. 2, n. 51576 del 04/12/2019, COGNOME, Rv. 277813), che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore. Il sequestro conservativo, tuttavia, va disposto sulla base di un giudizio prognostico negativo in ordine alla conservazione delle garanzie patrimoniali del debitore, essendo irrilevante che le stesse possano essere disperse per effetto dell’attività di quest’ultimo o per ragioni indipendenti dalla sua condotta e dovendo essere valutate in senso negativo anche le operazioni che rendano semplicemente più difficile il recupero del credito (così, Sez. 4, n. 39524 del 21/06/2016, Tassielli, Rv. 268873). La particolare disciplina del sequestro conservativo è infatti finalizzata alla salvaguardia della generica garanzia patrimoniale che grava sul debitore per l’adempimento delle sue obbligazioni (art. 2740 cod. cív.) ed il suo campo di applicazione è delineato con riguardo agli obblighi concernenti le “sanzioni civili” indicate negli artt. 185 ss. cod. pen. Per questo l’istituto è caratterizzato da previsioni tipiche del sistema civile, dai limiti previsti con riguardo alla pignorabilità dei beni (art. 316, comma 1, cod. proc. pen.) all’indicazione della natura privilegiata che i crediti per cui interviene il sequestro acquistano rispetto ad altri crediti (art. 316, comma 4, cod. proc. pen.), dalla possibilità per il debitore di offrire cauzione per sottrarsi al vincolo cautelare (art. 319 cod. proc. pen.) alla conversione del sequestro in pignoramento (art. 320 cod. proc. pen.). Essendo ben diversa la disciplina – e la ratio – del sequestro preventivo, nell’ambito della quale ha trovato collocazione anche la cautela reale finalizzata alla confisca di valore, non appare dunque consentito fondare il presupposto di quest’ultima sulla mera mancanza/ insufficienza della garanzia patrimoniale. Il giudice chiamato ad applicare l’art. 321, comma 2, o comma 2-bis, cod. proc. pen. dovrà invece fondare il periculum, dandone adeguata motivazione, sulla valutazione prognostica concernente gli eventi suscettibili di verificarsi medio tempore e tali da poter pregiudicare l’esecuzione della confisca sul patrimonio di cui l’autore del reato dispone, quale che esso sia». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.6.Tale principio è stato successivamente ribadito da Sez. 3, n. 47914 del 18/10/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 47912 del 18/10/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 43552 del 04/10/2023, COGNOME, non mass..
4.7.Né possono supplire i precedenti penali del ricorrente, non potendo l’esigenza cautelare reale essere desunta dall’attitudine al delitto posto che l’esigenza anticipatoria non riguarda il pericolo di recidiva, bensì quello di impedire la dispersione del bene da confiscare.
4.8.Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen. per nuovo giudizio sulla sussistenza delle esigenze cautelari.
4.9.Non può essere accolta la richiesta di annullamento senza rinvio formulata dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione perché il ricorrente non ha specificamente dedotto in questa sede la violazione dell’art. 309, comma 9, ultimo paragrafo, cod. proc. pen., non essendosi cioè lamentato del fatto che il provvedimento genetico avrebbe dovuto essere annullato tout court dal tribunale del riesame perché radicalmente mancante della motivazione sul punto.
4.10.Ed invero, premesso che non è certamente consentito al tribunale del riesame integrare la motivazione del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca in punto di “periculum in mora”, nel caso in cui essa sia del tutto mancante, in quanto tale carenza è causa di radicale nullità del provvedimento ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789 – 01; Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, dep. 2024, Emme Ci Tre X, Rv. 285747 – 01; Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, dep. 2018, Liccardo, Rv. 272596 – 01), la violazione di tale limite (e, dunque, dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen.) deve essere oggetto di specifica devoluzione in sede di legittimità (se del caso anche di allegazione del provvedimento genetico che non necessariamente deve essere trasmesso dal giudice a quo) posto che la mancanza di motivazione del decreto di sequestro preventivo sulla sussistenza delle esigenze cautelari non è rilevabile d’ufficio, diversamente da quanto prescrive, per le ordinanze che dispongono misure cautelari personali, l’art. 292, comma 2, cod. proc. pen.
4.11.Poiché il ricorrente si è doluto esclusivamente del malgoverno, da parte del Tribunale del riesame, del concetto di periculum in mora e del principio di diritto affermato da Sez. U, Ellade, cit., la questione relativa alla possibilità di integrare la motivazione del provvedimento genetico non è più in discussione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 14/02/2024.