Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22907 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22907 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME nato a Sassuolo il 24/07/1971 RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Modena in dat 13/12/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricors letta la memoria difensiva con allegati (atto di costituzione in giudizio della s stato patrimoniale, provvedimento del giudice fallimentare).
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Modena, in funzione cautelare ai sensi dell’art. 309 cod.proc.pen., ha respinto l’istanza di riesame propo COGNOME avverso il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari d Tribunale di Modena di sequestro preventivo, a seguito di convalida di seques eseguito in via di urgenza, della somma di € 120.295,00, in funzione della confi del profitto diretto dei reati di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, negli anni 2017- 2020, quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE nel contesto di frodi iva nel settore della commercializzazione di prodotti petro
(capi 1-4).
Avverso l’ordinanza l’avv. NOME COGNOME ha presentato ricorsi per cassazione nell’interesse di COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE nei cui confronti si procede per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25 quinquiesdecies del d.Lvo n. 231 del 2001, in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo con un unico motivo di ricorso il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del periculum in mora.
Il provvedimento impugnato non avrebbe indicato le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio Contrariamente a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il pericolo di dispersione, utilizzazione o alienazione del bene non deve essere collegato esclusivamente al riferimento alla natura fungibile del denaro, ignorando le altre circostanze di fatto documentata dalla difesa. Anche se il sequestro ha attinto somme di denaro occorrerebbe, infatti, indicare le ragioni per le quali il bene potrebbe nelle more del giudizio essere modificato, disperso, deteriorato. Non solo nell’emettere il provvedimento cautelare occorrerebbe valutare anche il giusto equilibrio fra gli interessi in gioco per evitare che il sequestro comporti restrizio e danni irreparabili ai diritti fondamentali più incisivi rispetto a quelli strettame funzionali a tutelare le esigenze cautelari da soddisfare il caso concreto.
Nel caso in esame, il sequestro della somma pregiudicherebbe Io svolgimento dell’attività imprenditoriale con tutte le conseguenze economiche che comporta, da cui anche la violazione del principio di proporzionalità della misura. Il tribunale avrebbe contraddittoriamente affermato che le circostanze addotte della difesa non erano peregrine, ma dall’altro avrebbe ritenuto il pericolo di dispersione dalla fungibilità del denaro e delle modalità di custodia senza valorizzare il fatto che parte della somma, per € 98.680,28 costituente cassa della società, era stata resa nota agli organi della procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa dal momento che i consulenti della società stessa ne avevano attestato l’esistenza. Né sarebbe congrua la motivazione sul rilievo della presunta reiterazione del reato, elemento idoneo a fondare altro tipo di esigenza cautelare. Al contrario la difesa aveva rilevato precisi elementi atti a dimostrare l’insussistenza del pericolo che sono stati ignorati dal tribunale.
Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono entrambi inammissibili.
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’avv. COGNOME difensore della società nell’interesse della stessa, non avendo, la società RAGIONE_SOCIALE
proposto istanza di riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo che era stato emesso in relazione al reato tributario contestato al COGNOME quale persona sottoposta ad indagini, commesso nella qualità di legale rappresentante della società, in funzione della confisca diretta del profitto del reato.
La società RAGIONE_SOCIALE, indagata dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25 quinquiesdecies del d.Lvo n. 231 del 2001, in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, non era stata parte del giudizio di riesame e, di conseguenza, non può proporre ricorso per cassazione avverso la decisione assunta solo nei confronti di COGNOME nella qualità di indagato dei reati presupposto dell’illecito amministrativo.
L’istanza di riesame, proposta dall’avv. COGNOME infatti, era avanzata nel solo interesse di COGNOME quale persona indagata del reato tributario.
Secondo questa Corte di legittimità soltanto chi è parte del procedimento di riesame può avere titolo ad impugnare il provvedimento decisorio, fatta eccezione per l’ipotesi in cui il sequestro sia stato disposto, per la prima volta, dal tribunale a seguito di appello cautelare interposto dal pubblico ministero (Sez. 3 n. 42527 del 04/07/2019, Festa, Rv. 277985 – 01; Sez. 3, n. 9796 del 16/01/2015, COGNOME, Rv. 262752 – 01).
5. Il ricorso di COGNOME è, parimenti, inammissibile perché propone motivi non consentiti nel giudizio di legittimità avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali.
Va premesso che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di appello contro i provvedimenti di sequestro preventivo è proponibile – ai sensi del combinato disposto degli artt. 322 bis e 325 cod.proc.pen. – solo per violazione di legge, e che costituisce di “violazione di legge”, legittimante il ricors per cassazione a norma dell’art. 325, comma primo, cod. proc. pen. sia l’omissione assoluta di motivazione sia la motivazione meramente apparente (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, P.M. in proc. COGNOME e altro, Rv. 264011; Sez 1, n. 6821 del 31/01/2012 Chiesi, Rv. 252430; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. COGNOME in proc. COGNOME, Rv. 226710).
Contrariamente all’assunto difensivo, l’ordinanza impugnata è sorretta da congrua e adeguata motivazione, per nulla apparente, laddove, a pag. 10, dà rilievo, ai fini della anticipazione dell’ablazione, alle modalità di occultamento deposito del denaro sequestrato.
L’ordinanza impugnata ha desunto il periculum in mora dalla circostanza fattuale delle modalità dell’occultamento significative appunto del menzionato periculum, non essendo ragionevolmente spiegabile l’occultamento nell’autovettura RAGIONE_SOCIALE, intestata alla società di n. 50 mazzette di banconote di vario taglio per un ammontare pari a C 120.295,00 e ritenendo la
giustificazione addotta dal COGNOME di proteggersi dal rischio di furti del tut incongrua.
Contrariamente all’assunto difensivo l’ordinanza impugnata non ha dedotto il pericolo di dispersione dal mero dato che si trattava di denaro contante e cioè di bene fungibile, ma ha tratto la ricorrente del pericolo di disperzione dalle menzionate modalità di detenzione e occultamento.
Né rileva la circostanza che nella contabilità fosse indicata la somma di C 98.680,28 quale cassa della società, posto che, come risulta dall’ordinanza impugnata, il sequestro della somma di denaro è stato disposto in funzione della confisca diretta del profitto del reato tributario commesso dal COGNOME nell’interesse della società.
La motivazione non è apparente e si pone in linea con gli enunciati ermeneutici alla luce delle Sezioni Unite Ellade.
Nella citata pronuncia le Sezioni Unite di Questa Corte hanno affermato la necessità che il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca dia motivatamente conto della sussistenza, oltre che del fumus commissi delicti, anche del requisito del periculum in mora, da intendersi, tuttavia, in una accezione strettamente collegata alla finalità “confiscatoria” del mezzo, evidentemente diversa da quella “impeditiva” dello strumento del comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen., e alla natura fisiologicamente anticipatoria che il sequestro deve necessariamente assumere, nel corso del processo, rispetto alla stessa confisca (S.U. n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
Secondo la citata pronuncia “se, infatti, il decreto di sequestro deve spiegare, in linea con la ratio della misura cautelare reale in oggetto, per quali ragioni si ritenga di anticipare gli effetti della confisca che, diversamente nascerebbero solo a giudizio concluso, la valutazione del periculum non potrà non riguardare esattamente un tale profilo, dando cioè atto degli elementi indicativi del fatto che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile. criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro in oggetto va rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, deve ritenersi corretto, con riferimento, come nel caso di specie, al sequestro che abbia ad oggetto cose profitto del reato, l’indirizzo che afferma la necessità, sia pure facendola impropriamente rientrare nell’alveo dell’esigenza di evitare la protrazione degli effetti del reato (in realtà già insita nel sequestro impeditivo) che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato” (S.U. Ellade cit.).
Si tratta, conclude la Corte di legittimità, di un’esigenza rapportata appunto alla ratio della misura cautelare volta a preservare, anticipandone i tempi,
effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo.
Quanto all’onere di motivazione, è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il
contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o
di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle
caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di
elementi di plausibile indicazione del periculurn, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio.
Tali requisiti risultano sussistenti, come evidenzia l’ordinanza impugnata.
6. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 07/05/2025