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Periculum in mora: Cassazione su sequestro e Fisco

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo per reati tributari, sottolineando la necessità di una motivazione concreta sul periculum in mora. La Corte ha stabilito che i giudici non possono ignorare le argomentazioni della difesa che dimostrano l’assenza di un rischio attuale di dispersione del patrimonio, specialmente in presenza di un piano di rateizzazione del debito fiscale. La decisione è stata annullata per ‘motivazione apparente’, in quanto il tribunale del riesame non ha adeguatamente valutato gli elementi forniti dall’imputato.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in Mora: La Cassazione Annulla un Sequestro Preventivo per Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35339 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nell’ambito dei reati tributari: il sequestro preventivo e la valutazione del periculum in mora. Questa pronuncia stabilisce un principio fondamentale: un accordo di rateizzazione con il Fisco non esclude automaticamente il sequestro, ma obbliga il giudice a motivare in modo concreto e non generico il reale pericolo di dispersione dei beni, confrontandosi puntualmente con le argomentazioni difensive. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’indagine per reati tributari a carico di un imprenditore e della sua società. Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto un ingente sequestro preventivo, sia in forma diretta che per equivalente, sui beni dell’imprenditore e della società. L’imprenditore, tramite il suo legale, si opponeva alla misura davanti al Tribunale del Riesame, presentando una serie di argomentazioni volte a dimostrare l’insussistenza del cosiddetto periculum in mora.

La difesa sosteneva in particolare che:
1. Gli atti considerati ‘sospetti’ (un disinvestimento e la vendita di un’auto) erano molto datati (risalenti a tre anni prima del sequestro) e i proventi erano regolarmente confluiti sul suo conto corrente personale.
2. Gli importi di tali operazioni erano irrisori rispetto al suo patrimonio complessivo.
3. Aveva stipulato un accordo con l’Amministrazione Finanziaria per la rateizzazione del debito tributario e stava adempiendo regolarmente ai pagamenti.

Nonostante queste specifiche deduzioni, il Tribunale del Riesame confermava parzialmente il sequestro, limitandosi a richiamare gli atti ‘sospetti’ senza però confutare le obiezioni della difesa. Contro questa decisione, l’imprenditore proponeva ricorso per Cassazione.

L’Analisi del Periculum in Mora secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’imprenditore, annullando l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Il punto centrale della decisione risiede nella ‘motivazione meramente apparente’ fornita dal giudice del riesame. Secondo la Suprema Corte, il provvedimento di sequestro preventivo deve contenere una motivazione non solo sull’esistenza di indizi di reato (fumus commissi delicti), ma anche e soprattutto sul periculum in mora, ovvero il pericolo concreto che l’indagato possa disperdere il proprio patrimonio nelle more del giudizio.

Il Tribunale, nel caso di specie, si era limitato a menzionare gli elementi già valorizzati dal G.i.p. (il disinvestimento e la vendita dell’auto) senza però confrontarsi con i rilievi difensivi che ne contestavano la rilevanza. La difesa aveva infatti dimostrato come tali operazioni fossero datate, tracciabili e di importo esiguo, elementi che, se considerati, avrebbero potuto eliminare ogni carattere ‘sospetto’ e far venir meno il presupposto del pericolo.

L’Accordo con il Fisco non esclude il Sequestro ma impone un onere di motivazione rafforzato

Un altro aspetto fondamentale chiarito dalla Corte riguarda il rapporto tra sequestro e accordi di pagamento con l’Erario. La sentenza ribadisce un principio consolidato, anche alla luce delle recenti riforme normative: l’impegno a pagare i debiti tributari, anche se regolarmente onorato, non impedisce di per sé il sequestro preventivo. Tuttavia, in una simile circostanza, il giudice deve motivare in modo ancora più rigoroso la sussistenza di un ‘concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale’, tenendo conto delle condizioni reddituali, patrimoniali e finanziarie del reo.

In questo caso, l’ordinanza impugnata non solo non aveva considerato questo aspetto, ma aveva addirittura evidenziato incidentalmente la notevole solvibilità dell’imprenditore, titolare di un patrimonio immobiliare e mobiliare ben superiore al debito erariale. Questa contraddizione ha ulteriormente rafforzato la tesi della motivazione apparente.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha censurato l’ordinanza del Tribunale del Riesame per non aver fornito una risposta concreta e specifica alle argomentazioni difensive. Secondo gli Ermellini, costituisce ‘motivazione apparente’, e quindi un vizio di violazione di legge, l’omessa risposta a censure specifiche mosse dal ricorrente. Il giudice del rinvio dovrà quindi procedere a una nuova e più approfondita valutazione, verificando se, alla luce di tutti gli elementi (compresi quelli forniti dalla difesa), sussista un effettivo e attuale periculum in mora. Inoltre, qualora ritenesse ancora necessaria la misura, dovrà calcolare l’importo da vincolare tenendo conto delle rate già versate all’Erario, poiché un sequestro non può mai portare a una duplicazione sanzionatoria.

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per l’autorità giudiziaria: il sequestro preventivo non può essere una misura automatica. La sua applicazione richiede una valutazione rigorosa e individualizzata del periculum in mora, specialmente quando l’indagato dimostra comportamenti collaborativi come la stipula di un piano di rientro del debito. La motivazione del giudice deve essere reale, non apparente, e deve dare conto di un effettivo bilanciamento tra le esigenze di cautela dello Stato e i diritti patrimoniali del cittadino. Per la difesa, ciò significa che argomentazioni precise, documentate e pertinenti non possono essere ignorate e, se lo sono, il provvedimento è illegittimo e deve essere annullato.

Un accordo di rateizzazione con il Fisco impedisce automaticamente il sequestro preventivo?
No, l’accordo non impedisce automaticamente il sequestro. Tuttavia, la legge richiede che, in presenza di un piano di pagamento in corso, il giudice dimostri l’esistenza di un ‘concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale’ per poter disporre o mantenere la misura cautelare. L’onere di motivazione per il giudice è quindi più stringente.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in un’ordinanza di sequestro?
Si ha una ‘motivazione apparente’ quando il giudice non risponde in modo specifico alle argomentazioni pertinenti sollevate dalla difesa, ma si limita a ripetere formule generiche o a richiamare gli elementi dell’accusa senza confrontarli con le prove a discarico. Tale vizio rende il provvedimento illegittimo e ne causa l’annullamento.

Le somme già pagate al Fisco in base a un accordo devono essere detratte dall’importo del sequestro?
Sì. La Corte di Cassazione ribadisce il principio consolidato secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in presenza di un accordo di rateizzazione, deve essere ridotto in misura corrispondente alle rate già versate. In caso contrario, si verificherebbe un’inammissibile duplicazione sanzionatoria, poiché l’ablazione definitiva non può mai superare il vantaggio economico conseguito con il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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