Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35339 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35339 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/01/2024 del Tribunale di Lodi visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla sussistenza dell’esigenze cautelari nei confronti di NOME COGNOME e per l’inammissibilità nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 18 gennaio 2024, e depositata il 19 gennaio 2024, il Tribunale di Lodi, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha in parte respinto e in parte accolto la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Lodi ha disposto
il sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente sui suoi beni, confermando il vincolo fino all’importo di 537.455,40 euro, ed annullando per la parte eccedente.
Il sequestro per equivalente è stato ordinato con riferimento al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 2 d.lgs. n. 74 del 2000, ipotizzato in relazione alle dichiarazioni presentate dalle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, di cui NOME COGNOME è amministratore, per gli esercizi dal 2013 al 2020.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi, preceduti da una premessa sulle vicende del procedimento.
In particolare, nella premessa si precisa che il decreto di sequestro preventivo: a) è stato disposto nei confronti di NOME COGNOME per l’importo di 1.049.575,44 euro e nei confronti della “RAGIONE_SOCIALE” per un importo di 1.362.339,15 euro; b) è stato eseguito in via diretta su somme di denaro nei confronti di NOME COGNOME per 957.919,29 euro e nei confronti della “RAGIONE_SOCIALE” per 916.539,87 euro, nonché per equivalente su ulteriori beni di NOME COGNOME per un valore di 1.792.402,00 euro, poi ridotto dal Tribunale del riesame fino ad un importo non superiore a 537.455,40 euro.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del periculum in mora con riguardo a NOME COGNOME.
Si deduce che l’ordinanza impugnata, ai fini del giudizio in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, ha valorizzato elementi irrilevanti, non ha considerato elementi di chiaro segno contrario, e non si è confrontata con le osservazioni della difesa. In particolare, si osserva che sono stati valorizzati il disinvestimento in un fondo di investimento per un importo di 28.756,32 e la vendita di una Maserati Ghibli del valore di vendita di 27.521,00 euro. Si rappresenta che la difesa, in sede di riesame, aveva evidenziato che: a) i due atti “sospetti” sono anteriori di almeno tre anni rispetto al sequestro (il disinvestimento è del 5 ottobre 2020, la vendita dell’auto è del 22 marzo 2021); b) i proventi ottenuti con i due atti “sospetti” appena indicati sono confluiti sul conto corrente bancario intestato personalmente all’attuale ricorrente; c) gli importi di tali operazioni sono estremamente esigui se rapportati alle somme rinvenute sui conti nella disponibilità di NOME COGNOME, siccome complessivamente pari a 1.874.459,19 euro. Si aggiunge che la difesa aveva documentato in sede di riesame anche che l’attuale ricorrente: a) subito dopo il sequestro probatorio avvenuto nel 2020, aveva deciso di espungere dalla propria contabilità le fatture asseritamente false del 2019; b) ha concordato con l’Amministrazione finanziaria
di pagare i debiti fiscali e sta regolarmente adempiendo. Si sottolinea c Tribunale non ha fornito alcuna risposta alle deduzioni della difesa, sebbene stesse evidenziassero l’insussistenza del periculum in mora.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, avuto riguard alla ritenuta sussistenza del periculum in mora con riguardo alla società “RAGIONE_SOCIALE“.
Si deduce che l’ordinanza impugnata non indica alcun elemento utile per far rilevare la sussistenza delle esigenze cautelari nei confronti della so “RAGIONE_SOCIALE“.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia l’erronea quantificazione del valore quale può riferirsi il sequestro.
Si deduce che l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto che dall’importo complessivo di 2.411.914,59 euro complessivamente indicati nelle misure a carico di NOME COGNOME e della società “RAGIONE_SOCIALE” occorreva: a) detrarre la somma di 233.307,54 euro, siccome versata in esecuzione dell’accordo con l’Amministrazione finanziaria (precisamente, come risulta dai documenti nn. 6 e 7 allegati al ricorso, NOME COGNOME ha ver 119.573,19 euro, mentre la società “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” ha versato 113.734,35 euro); b) escludere la somma di 88.516,00 euro, siccome relativa all’annualità 2019, ma espunta dalla contabilità della “RAGIONE_SOCIALE“.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia la violazione dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, avendo riguardo alla inconfigurabilità del periculum in mora nel caso di impegno ad adempiere i debiti tributari.
Si deduce che la disposizione di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, riconoscendo priorità all’estinzione del tributo secondo le modalità proprie procedimento tributario rispetto alla confisca, implica l’inapplicabilità del seq nel caso di impegno ad adempiere concordato con l’Erario. Si rileva, in proposit che il sequestro rende impossibile adempiere e costituisce inoltre una duplicazio e che la permanenza della misura dopo l’accordo “complica” la procedura, perché rende necessario richiedere una riduzione del vincolo per ogni rata pagata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso fondato per le ragioni di seguito precisate.
Infondate sono le censure esposte nel quarto motivo, da esaminare in via preliminare perché potenzialmente assorbenti, le quali contestano in radice configurabilità del periculum in mora nel caso di impegno del contribuente ad
adempiere i debiti tributari mediante concordato con l’Amministrazione finanziaria, impegno assunto nel caso di specie.
Come già osservato in giurisprudenza, la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, introdotta dal d.lgs. n. 158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prezzo del reato «non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro», deve essere intesa nel senso che il sequestro preventivo preordinato alla confisca, così come quest’ultima, possono essere adottati anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito. (così Sez. 3, n. 28488 del 10/09/2020, COGNOME, Rv. 280014 – 01, la quale ha precisato che il sequestro e la conseguente confisca devono essere conservati fino all’integrale effettivo pagamento della somma evasa, potendo le rate già versate essere considerate solo ai fini della riquantificazione della misura).
Né la situazione sembra essere radicalmente mutata a seguito della riforma recata dal d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 28 giugno 2024.
Invero, il nuovo testo dell’art. 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato dal d.lgs. n. 87 del 2024, prevede sì che il sequestro preventivo a fini di confisca non è disposto se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione, e il contribuente risulti in regola con i pagamenti, ma sempre che non «sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale, desumibile dalle condizioni reddituali, patrimoniali o finanziarie del reo, tenuto altresì conto della gravità del reato».
In altri termini, questa disposizione conferma esplicitamente che, anche in caso di impegno ad adempiere i debiti tributari mediante procedure conciliative o di accertamento con adesione e di regolarità del pagamento delle rate maturate, il sequestro preventivo a fini di confisca può comunque essere disposto se sussiste il periculum in mora.
Fondate sono le censure formulate nel primo motivo, che contestano l’affermazione della sussistenza del periculum in mora, deducendo che la motivazione dell’ordinanza impugnata è meramente apparente, in quanto non si è confrontata con i circostanziati rilievi formulati dalla difesa in ordine alla irrilevan degli elementi valorizzati nel provvedimento genetico.
Secondo un principio giurisprudenziale ampiamente consolidato, enunciato anche dalle Sezioni Unite, il provvedimento di sequestro preventivo deve necessariamente contenere anche la motivazione della sussistenza del periculum
in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio (cfr., p tutte, Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01, e Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022, dep. 2023, Beni, Rv. 284313 – 01).
E costituisce motivazione apparente, tale da integrare vizio di violazione di legge, deducibile per cassazione in materia di provvedimenti cautelari reali, l’omessa risposta, da parte del tribunale del riesame, a specifiche censure mosse dal ricorrente in ordine ad elementi del provvedimento genetico necessari per l’applicazione della misura (cfr., in proposito, ad esempio, Sez. 2, n. 37100 del 07/07/2023, COGNOME Laurentiis, Rv. 285189 – 01).
L’attuale ricorrente, in sede di riesame, aveva innanzitutto evidenziato che i due atti ritenuti indicativi del periculum in mora dal G.i.p. – il disinvestimento in un fondo di investimento per l’importo di 28.756,32 euro e la vendita di una Maserati Ghibli per l’importo di 27.521,00 euro – dovevano essere apprezzati alla luce di una pluralità di circostanze che ne escludevano ogni rilevanza sotto il profilo indicato. In particolare, si era rimarcato che: a) i due atti ritenuti indicativi periculum in mora sono anteriori di tre anni rispetto al sequestro preventivo (il disinvestimento è del 5 ottobre 2020 e la vendita dell’auto è del 22 marzo 2021, mentre il decreto di sequestro preventivo è stato emesso il 26 ottobre 2023); b) i proventi ottenuti mediante gli stessi sono tutti confluiti sul conto corrente bancario intestato personalmente all’attuale ricorrente; c) gli importi di tali operazioni sono estremamente esigui in rapporto alle somme rinvenute sui conti nella disponibilità di esso indagato, siccome complessivamente pari a 1.874.459,19 euro (precisamente, 957.919,29 euro sui conti intestati al medesimo e 916.539,87 euro sui conti intestati alla “RAGIONE_SOCIALE“).
L’attuale ricorrente, inoltre, sempre in sede di riesame, aveva sottolineato che: a) subito dopo il sequestro probatorio avvenuto nel 2020, ha espunto dalla propria contabilità le fatture asseritamente false del 2019; b) ha concordato con l’Amministrazione finanziaria di pagare i debiti fiscali, sta regolarmente adempiendo, e, a tale titolo, ha già versato la somma di 233.307,54 euro, la quale anzi andrebbe detratta in ogni caso dall’importo calcolato a base del sequestro.
A fronte di questi rilievi, l’ordinanza impugnata si limita a rappresentare che l’accordo con l’Erario per l’adempimento dei debiti fiscali non è circostanza dirimente per escludere il periculum in mora, e a richiamare i due atti ritenuti indicativi dal G.i.p., ma nulla risponde con riguardo alle osservazioni della difesa.
Ciò posto deve concludersi che la motivazione dell’ordinanza impugnata è meramente apparente perché non si confronta in alcun modo con le circostanze evidenziate dalla difesa, nonostante la precisione ed idoneità delle stesse a
contrastare l’affermazione della necessità di anticipare l’effetto ablativo confisca rispetto alla definizione del giudizio.
Invero, le circostanze segnalate dalla difesa, per come esposte, appaiono t da eliminare ogni carattere “sospetto” alle due operazioni ritenute indicative G.i.p., perché ne escludono il carattere fraudolento o comunque rischioso per stabilità della garanzia patrimoniale che può essere richiesta all’attuale rico Né, sotto altro profilo, l’ordinanza impugnata evidenzia condizioni redditu patrimoniali o finanziarie dell’attuale ricorrente tali da indurre a rite sussistenza di un pericolo di inadempimento da parte dello stesso. In proposi anzi, può aggiungersi che l’ordinanza impugnata segnala incidentalmente un ulteriore elemento indicativo della consistente solvibilità dell’attuale rico allorché espone che lo stesso è titolare di immobili, terreni, quote societarie mobili per un valore sicuramente superiore alle somme dovute all’Erario.
Assorbite sono le censure enunciate nel terzo motivo, che contestan l’erronea quantificazione dell’importo dei debiti fiscali da garantire con il seq preventivo, deducendo che occorre detrarre sia la somma di 233.307,54 euro, siccome versata in esecuzione dell’accordo con l’Amministrazione finanziaria, s la somma di 88.516,00 euro, siccome relativa all’annualità 2019, ma espunta dall contabilità della “RAGIONE_SOCIALE“.
Invero, la necessità di una verifica circa la sussistenza del periculum in mora è preliminare e potenzialmente risolutiva, perché il mancato accertamento de requisito indicato esclude la possibilità di disporre il sequestro preventivo nel interezza.
In ogni caso, costituisce principio consolidato quello secondo cui, in tema reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equiv qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazi finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mante sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per eff della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibil duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablaz definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 20 15/0472015, Aumenta, Rv. 263409 – 01, e Sez. 3, n. 6635 del 08/01/2014, Cavatorta, Rv. 258903 – 01).
La richiesta di detrazione dell’ulteriore somma di 88.516,00 euro dall’impor da garantire con il sequestro preventivo, poi, per come risulta esposta nel ric è condizionata alla verifica dell’esistenza del fumus commissi delicti in ordine all/ e
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condotte commesse nell’anno 2020, e, quindi, se formulata in sede di riesame, avrebbe dovuto essere esaminata in questa prospettiva, alla luce degli atti disponibili, ivi compresi quelli prodotti dalla difesa.
Inammissibili, infine, per difetto di legittimazione e di interesse giuridicamente rilevante, sono le censure proposte con il quarto motivo, che contestano l’assenza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari nei confronti della società “RAGIONE_SOCIALE“.
Invero, il ricorso in esame è stato proposto da NOME COGNOME in proprio, senza alcuna spendita della propria qualità di amministratore della società “RAGIONE_SOCIALE” (per il difetto di interesse del legale rappresentante di una società di persone che abbia presentato il ricorso in proprio, vds. Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Ruan, Rv. 271231 – 01).
L’ordinanza impugnata, quindi, deve essere annullata con rinvio nella parte in cui ha confermato il sequestro sui beni appartenenti personalmente a NOME COGNOME, per l’assenza di una effettiva motivazione in ordine al periculum in mora.
Il Giudice del rinvio valuterà se sussiste il periculum in mora con riguardo ai beni appartenenti a NOME COGNOME, dando una compiuta risposta alle osservazioni formulate dalla difesa in sede di riesame, e sopra sintetizzate al § 3.
Inoltre, nel caso in cui ritenga la sussistenza del periculum in mora, determinerà l’importo da garantire con il sequestro tenendo conto dei ratei versati per effetto della convenzione stipulata dall’attuale ricorrente con l’Erario per l’adempimento dei debiti fiscali, nonché della eventuale proposizione in sede di riesame della questione concernente il fumus commissi delicti in ordine alle condotte commesse nell’anno 2020, e, in caso affermativo, della eventuale fondatezza della stessa.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente a COGNOME NOME e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Lodi competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 20/06/2024.