Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1261 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1261 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE corrente in Caltagirone, INDIRIZZO avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno del 25/05/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore general
Dr.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 25 maggio 2023 il Tribunale di Salerno, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha rigettato l’istanza di riesame avverso il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania ha applicat sequestro preventivo alla RAGIONE_SOCIALE per i reati p. e p. dagli artt. 110-81-48 cod. pen., in relazione all’articolo 76, comma 1, d.P.R. 445/2000, 10 -quater d. Igs. 74/2000, relativi a condotte di indebita compensazione legate a prestazioni – asseritamente inesistenti di formazione professionale nel settore delle “Tecnologie 4.0” (trattasi di indebita compensazione di crediti inesistenti per complessivi C 67.746,59, come da imputazione di cui al Capo 150).
In dettaglio, la RAGIONE_SOCIALE, dal 10.8.2021 al 16.11.2021, compensava, utilizzando il codice 6897, un credito d’imposta pari ad C 67.746,59; che, a tal fine, la RAGIONE_SOCIALE riceveva dalla RAGIONE_SOCIALE fatture per C 55.796.
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Avverso tale ordinanza l’imputato propone, con atto sottoscritto dall’avvocato NOME COGNOME del Foro di Caltagirone, nominata altresì procuratrice speciale ; ricorso per cassazione con cui, in particolare:
2.1. Col primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e omessa motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti. Evidenzia il ricorrente come il decreto genetico contenesse poche righe di motivazione in relazione alla condotta contestata alla Alisea, né il Tribunale del riesame ha colmato tale vulnus mediante il proprio potere integrativo.
2.2 Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione, ancora in ordine al fumus commissi delicti; evidenzia come la condotta di falsa attività di formazione si riferirebbe all’anno 2021 laddove la società RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto le autorizzazioni per svolgere servizi di formazione nell’anno 2020. Sul punto la motivazione è quindi contraddittoria e, com Lingue insufficiente.
2.3. Col terzo motivo lamenta violazione di legge in riferimento all’articolo 309, comma 9, del codice di rito; in particolare, era stato impugnato il decreto genetico per carenza motivazione in ordine al periculum in mora. Il Tribunale ha ritenuto non di integrare la motivazione, che era inesistente sul punto, ma di crearla ex novo;
2.4. Con il quarto motivo, lamenta violazione di legge in riferimento all’articolo 240 cod pen., in quanto la somma di 11.840,07 euro sequestrata alla società RAGIONE_SOCIALE sarebbe un sequestro per equivalente, inapplicabile all’ente secondo la normativa vigente;
In data 6/11/2023 l’Avv. COGNOME ha fatto pervenire note di trattazione scritte in c ribadisce i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia come, nella trattazione dei vari motivi di ricorso, affronteranno prima i motivi relativi al fumus commissi delicti e alla natura dei beni da confiscare (primo, secondo e quarto motivo) e, da ultimo, quello relativo al periculum in mora.
Quanto ai primi due motivi di ricorso il Collegio evidenzia come, a norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto pe violazione di legge, per questa dovendosi intendere GLYPH quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l’inesistenza o la mera apparenza (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 283916).
Ciò determina l’automatica inammissibilità del secondo profilo di censura, in cui invece si lamenta vizio di motivazione.
Del pari, è inammissibile il primo motivo di censura, in cui, sotto l’ombrello della violazi di legge e della carenza di motivazione (che astrattamente consentirebbero il ricorso per cassazione), in realtà si lamenta una «insufficienza» di motivazione, come evidenziato dalla stessa narrativa del ricorso (v. pag. 2: «con riguardo invece alla posizione della società RAGIONE_SOCIALE l’ordinanza gravata dedica poche succinte righe … le emergenze fattuali richiamate, non costituiscono elementi sufficienti a integrare il fumus.; commissi delicti da parte della società RAGIONE_SOCIALE … andava esplicitato da quali emergenze investigative specifiche … si ricava il dato» corsivo è del Collegio).
I primi due motivi sono pertanto inammissibili in quanto proposti per motivi non consentiti.
3. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, Sentenza n. 42415 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 282037 – 01) hanno infatti ribadito che «la confisca del denaro costituente profitto o prezzo de reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma d denaro oggetto di apprensione», in tal modo ulteriormente consolidando il conforme orientamento della Corte nella sua massima composizione (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 258647; Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264434 – 01).
In nessun caso, pertanto, il sequestro poteva essere definito come sequestro per equivalente, avendo per oggetto una somma di danaro.
Il motivo di censura, che non si confronta con la sedimentata giurisprudenza della Corte, è manifestamente infondato.
In proposito, il Collegio evidenzia come (v. Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 – 01; Sez. 2, n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916 – 01,; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062 – 01) la «manifesta infondatezza» consiste, tra l’altro, nella «proposizione di censure caratterizzate da evidenti errori di diritto nell’interpretazione de norma posta a sostegno del ricorso, il più delle volte contrastata da una giurisprudenza costante e senza addurre motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi, ovvero invocando una norma inesistente nell’ordinamento (solo per indicare le più frequenti ipotesi di applicazione dell’a 606, comma 3, secondo periodo).
4. Il terzo motivo di ricorso è, invece, fondato.
4.1. Le Sezioni Unite della Corte, come noto, hanno statuito (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01) che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., de contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione
giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, port detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege.
Tale pronuncia ha sottolineato come tale motivazione sia necessaria anche nell’ottica del «rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con riferimento proprio misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, questa Corte ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata».
Questa Corte, nella sua massima composizione, ha anche affermato (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789-01) che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dal legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma 9 dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale, nel senso che il tribunale del riesame deve annullare il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa.
In sede di riesame avverso misure cautelari reali, il tribunale, dunque, non può integrare motivazioni assenti, essendo necessario che il provvedimento genetico di applicazione della misura o di convalida della stessa presenti una motivazione che, anche eventualmente attraverso la tecnica della redazione per relationem, dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l’esercizio della funzio controllo a cui il tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278509 – 01; Sez. 5, n. 51900 del 20/10/2017, COGNOME, Rv. 271413 – 01).
4.2. Questa Corte (Sez. 6, n. 31380 del 26/04/2022, COGNOME, n.m.) ha, d’altro canto, affermato che il Tribunale del riesame esercita legittimamente il potere di integrazione dell motivazione accordatogli dal codice di rito laddove la motivazione del giudice per le indagini preliminari in tema di periculum in mora, sia pure insufficiente ai fini del principio espresso dalla citata sentenza Ellade, non sia del tutto assente (conforme, ex plurimis, Sez. 5, n. 643 del 06/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271925 – 01, secondo cui «il potere-dovere del tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nelle ipotesi di motivazione mancante sotto il profilo grafico, apparente o inesistente pe inadeguatezza normativa»).
4.3. Nel caso in esame, l’ordinanza genetica si occupa dei presupposti per operare il sequestro preventivo a pagina 616-618. A pagina 617 si legge che «si è in presenza di una confisca diretta del profitto del reato e non di una confisca per equivalente e detta confisca possibile ai sensi dell’art. 240 c.p. ed imposta dall’art. 322-ter c.p.p., “prima di procedere alla
confisca per equivalente del profitto del reato”; inoltre la confisca diretta del profitto del “è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per i reati commessi dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica, quando il profitto sia rimasto nella disponibilità della persona giuridica”».
Come appare evidente, il provvedimento impugnato è privo di motivazione in riferimento alla sussistenza del periculum in mora.
L’ordinanza impugnata, a sua volta, a pagina 31 ritiene di esercitare il proprio potere integrativo, affermando che «il primo giudice, per quanto succintamente ed implicitamente, attraverso il richiamo alla natura afflittiva della confisca, aderiva alla precedente teoria ravvisava la pericolosità nella confiscabilità, incorrendo in un errore ciritto rispetto al questo tribunale può avvalersi del proprio potere integrativo».
Potere integrativo consistente nel ritenere che «l’anticipazione degli effetti della confis obbligatoria si renda necessaria in quanto la libera disponibilità delle somme in sequestro ne renderebbe possibile ed estremamente facile la dispersione, tenuto conto della entità non trascurabile del profitto confiscabile, della incapienza del conto corrente sociale, della natura beni in sequestro, pertanto dosi di somme di denaro, come tali, non solo facilmente occultabili in maniera tale da renderle irrintracciabili e non più recuperabili ai fini della confisca, ma an utilizzabili in operazioni di investimento nell’acquisto di beni non attingibili dalla futura co (essendo preclusa la confisca per equivalente nei confronti della persona giuridica), nonché in considerazione della condotta già assunta dal legale rappresentante a vantaggio della società, per effetto della quale venivano fraudolentemente sottratti alle ano somme di denaro di entità non trascurabile, circostanze che complessivamente considerate rendono altamente probabile che, qualora i beni in sequestro rientrassero nella sua libera disponibilità, verrebbero sottra alla futura confisca».
4.4. La motivazione dell’ordinanza impugnata ripercorre pressoché in maniera pedissequa quella resa da questa stessa Sezione con la sentenza n. 39846 del 13/05/2022 (Rv. 283831), che, tuttavia, si era occupata di un caso diverso da quello oggetto di esame nell’attuale vicenda processuale, atteso che, nel caso esaminato, l’ordinanza genetica era stata emessa in un momento antecedente al formarsi del diritto vivente di cui alle richiamate Sezioni Unite “Ellade”, ed il tribunale del riesame era intervenuto successivamente a tale arresto giurisprudenziale, ritenendo possibile l’esercizio del potere integrativo.
La fattispecie era, infatti, relativa a decreto di sequestro emesso in relazione al delitto di all’art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che il tribunale del riesame aveva confermato integrandone la motivazione, con l’indicazione delle esigenze cautelari giustificative dell’adozione del vincolo, conformemente al principio di diritto enunciato dalla sentenza “Ellade”. Il princip di diritto affermato, in particolare, era nel senso che in tema di riesame avverso provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, è legittima l’ordinanza con cui il tribunale, facendo uso dei propri poteri integrativi, ponga rimedio all’errore di diritto del giudice per le in preliminari che, nel decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, abb
omesso, ritenendola non dovuta, la motivazione in punto di «periculum in mora» con provvedimento adottato prima della pronuncia delle Sez. U, n. 36959 del 2021.
Orbene, il «fatto» esaminato in tale vicenda, era quindi diverso da quello in esame, ove l’ordinanza genetica è stata emessa dal GIP del tribunale di Vallo della Lucania in un momento storico nel quale, già da quasi due anni, si era formato il diritto vivente cor la richiamata senten delle Sezioni Unite che, come è noto, impone che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. p deve contenere la concisa motivazione anche del «periculum in mora», da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizio del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, us porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege (principio che è stato pacificamente ritenuto applicabile anche alla confisca «tributaria»: da ultimo, Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022 dep. 2023, Rv. 284313 – 01).
Ed allora, ne discende all’evidenza l’impossibilità per il tribunale del riesame di sostituirs giudice di primo grado nel porre rimedio ad un’omissione motivazionale su un requisito essenziale richiesto all’ordinanza genetica, qual è la motivazione, seppure concisa, come richiedono le Sezioni Unite “Ellade”, circa la configurabilità di tale periculum, onere di motivazione che può ritenersi assolto, come le stesse Sezioni Unite insegnano, solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
Ragioni che, come visto, non sono contenute nell’ordinanza impugnata, limitandosi il giudice unicamente ad illustrare i motivi per i quali, in base alla giurisprudenza di questa Cort trattandosi di confisca di denaro, ben ne era possibile la confisca diretta. Nulla viene tuttav detto invece con riferimento alle ragioni che rendevano necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, con conseguente assenza motivazionale assoluta non integrabile da parte del giudice del riesame.
Se è ben vero che il tribunale del riesame, nell’ambito dei poteri di integrazione e di rettif attribuitigli dall’art. 309 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 324, cod. proc. pen., ben può rimedio alla parziale inosservanza dei canoni contenutistici cui deve obbedire la motivazione dell’ordinanza che dispone la misura cautelare, tuttavia’ allorché si verifichi l’omissione assolu delle prescritte indicazioni (come evidenzia il co. 9 dell’art. 309, richiamato dal co. 7 dell 324, cod. proc. pen., dovendosi ritenere che la mancanza di motivazione sul periculum in mora sia equiparabile in sede di cautela reale a quella relativa alle esigenze cautelari in sede di caute personale) è configurabile, per l’accertata mancanza di motivazione – alla quale può essere equiparata la mera apparenza della medesima – la radicale nullità prevista dalla citata norma.
Consegue, dunque, che il tribunale non può avvalersi del menzionato potere integrativoconfermativo, bensì deve provvedere esclusivamente all’annullamento del provvedimento
coercitivo, non essendo consentito un potere sostitutivo quanto all’emissione di un valido atto, che potrà eventualmente essere adottato dal medesimo organo la cui decsione è stata annullata.
Pacifica, sul punto, è infatti la giurisprudenza di questa Corte in tema di divieto di eserci del potere integrativo da parte del tribunale del riesame in caso assenza motivazionale (tra le tante, sin da Sez. 1, n. 5122 del 19/09/1997, Rv. 208586 – 01, si v. da ultimo, Sez. 3, n. 49175 del 27/10/2015, Rv. 265365 – 01), come del resto sottolineato dalle Sezioni Unite “COGNOME“, le quali ritennero che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 apri 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinv operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789 – 01).
Del resto, alle medesime conclusioni questa Corte è pervenuta in procedimenti scaturiti dall’impugnazione della medesima ordinanza genetica (Sez. 3, n. 50506 del 05/12/2023, RAGIONE_SOCIALE; Sez. 3, n. 50501 del 05/12/2023, Leone; Sez. 3, n. 50502 del 05/12/2023, COGNOME).
Si impone quindi l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Vallo della Lucania emessa in data 14/03/2023, per mancanza di motivazione in riferimento alla sussistenza del periculum in mora, con conseguente restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE l’ordinanza impugnata nonché l’ordinanza del GIP di Vallo della Lucania in data 14/03/2023 e ordina la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen..
Così deciso il 16/11/2023.