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Periculum in mora: Cassazione annulla sequestro

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio un’ordinanza di sequestro preventivo emessa nei confronti del legale rappresentante di un consorzio per reati tributari. Sebbene la Corte abbia ritenuto sussistente il ‘fumus commissi delicti’, ha censurato la motivazione del Tribunale sul ‘periculum in mora’, giudicandola tautologica e non in linea con i principi delle Sezioni Unite. La decisione sottolinea che il pericolo di dispersione dei beni non può essere presunto solo dalla natura fungibile del denaro, ma richiede una motivazione specifica.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in mora: la Cassazione annulla sequestro per motivazione insufficiente

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso cruciale in materia di sequestro preventivo per reati tributari, fornendo chiarimenti fondamentali sul requisito del periculum in mora. La decisione annulla parzialmente un’ordinanza, stabilendo che il pericolo di dispersione dei beni non può essere motivato in modo tautologico o basandosi unicamente sulla natura fungibile del denaro. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Palmi nei confronti del legale rappresentante di un Consorzio di Bonifica. L’accusa era relativa a reati tributari, specificamente l’omesso versamento di ritenute certificate, per un importo considerevole. Il sequestro colpiva sia le disponibilità finanziarie del consorzio, considerate profitto del reato, sia i beni personali del legale rappresentante a titolo di sequestro per equivalente.

Il Tribunale di Reggio Calabria, in sede di riesame, aveva confermato il provvedimento, rigettando le argomentazioni della difesa. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando sia la sussistenza del fumus commissi delicti (la parvenza di reato) sia quella del periculum in mora (il pericolo nel ritardo).

L’Impugnazione in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su diversi punti, sostenendo:
1. L’erronea individuazione del soggetto responsabile, che a suo dire doveva essere il Direttore Generale e non il Presidente del Consorzio.
2. La mancata considerazione delle gravi difficoltà economiche del Consorzio, che avrebbero reso impossibile l’adempimento degli obblighi tributari.
3. La violazione del principio del beneficium excussionis, ovvero la necessità di aggredire prima il patrimonio del Consorzio prima di quello personale del legale rappresentante.
4. L’assenza di una motivazione concreta sul periculum in mora, ossia sul rischio effettivo che l’imputato potesse disperdere i propri beni nelle more del procedimento.

L’analisi della Cassazione sul periculum in mora

La Suprema Corte ha ritenuto infondate le censure relative al fumus commissi delicti. Ha evidenziato che i modelli 770 riportavano il codice fiscale dell’imputato come rappresentante firmatario e che lo statuto gli attribuiva funzioni di sovrintendenza sull’amministrazione. Inoltre, ha respinto l’argomento del beneficium excussionis, chiarendo che la confisca per equivalente nei reati tributari non presuppone la preventiva ed infruttuosa escussione del patrimonio dell’ente, ma solo l’impossibilità di apprendere il profitto diretto.

Il punto di svolta della sentenza risiede, invece, nell’analisi del periculum in mora. Il Tribunale aveva giustificato il sequestro affermando semplicemente che l’imputato ‘potrebbe nelle more occultare o disperdere i beni’. La Cassazione ha bollato questa motivazione come ‘tautologica’ e non conforme ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite nella celebre sentenza ‘Ellade’ (n. 36959/2021).

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per giustificare un sequestro preventivo, non è sufficiente affermare un pericolo generico e astratto. È necessaria una motivazione specifica che spieghi le ragioni concrete per cui si ritiene probabile che l’imputato possa compiere atti di dispersione del proprio patrimonio. La motivazione non può basarsi su automatismi, come la mera natura fungibile del denaro o il carattere obbligatorio della confisca finale.

Il Tribunale, secondo la Cassazione, non ha svolto questa analisi, limitandosi a una formula di stile priva di contenuto effettivo. Non ha indicato alcun elemento specifico (come la condotta dell’imputato, la sua situazione patrimoniale, o altri indicatori) da cui desumere la reale esigenza di anticipare l’effetto ablativo della confisca. Questa carenza motivazionale costituisce una violazione di legge, rendendo l’ordinanza illegittima su questo specifico punto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente alla questione del periculum in mora. Ha rinviato il caso al Tribunale di Reggio Calabria per un nuovo giudizio, che dovrà fornire una motivazione rafforzata e concreta sul pericolo di dispersione dei beni. Il ricorso è stato invece rigettato per tutte le altre questioni. Questa sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito a non trattare il periculum in mora come un requisito formale, ma come un elemento sostanziale che richiede un’attenta e specifica valutazione caso per caso.

Nei reati tributari commessi dal legale rappresentante di un ente, è necessario aggredire prima il patrimonio dell’ente prima di procedere al sequestro per equivalente sui beni personali?
No. La Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza consolidata, ha chiarito che la confisca (e il sequestro preventivo) per equivalente sui beni del legale rappresentante non presuppone la preventiva ed inutile escussione del patrimonio della società. È sufficiente la mancata possibilità di apprendere in via diretta il profitto del reato presso l’ente.

La natura fungibile del denaro è di per sé sufficiente a dimostrare il ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo?
No. La sentenza afferma chiaramente che la motivazione sul ‘periculum in mora’ non può essere imperniata sulla mera natura fungibile del denaro. Deve essere esclusa ogni forma di automatismo e il giudice deve fornire una motivazione specifica sulle ragioni concrete che fanno temere un’attività di dispersione dei beni da parte dell’indagato.

Come viene individuato il soggetto responsabile per l’omesso versamento di tributi in un’organizzazione complessa come un consorzio?
In questo caso, la Corte ha ritenuto sufficienti, in sede cautelare, due elementi: il fatto che i modelli fiscali (Mod. 770) riportassero il codice fiscale dell’imputato quale rappresentante firmatario e che lo statuto del consorzio attribuisse al Presidente la funzione di sovrintendere all’amministrazione, e non meri compiti di indirizzo politico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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