Periculum in mora: quando la motivazione non basta per il sequestro
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7432 del 2024, torna a pronunciarsi sui requisiti necessari per disporre un sequestro preventivo, focalizzandosi in particolare sul concetto di periculum in mora. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: una motivazione generica o di mero stile non è sufficiente a giustificare una misura così incisiva sul patrimonio di un individuo. L’analisi del caso offre spunti cruciali per comprendere i limiti del potere cautelare del giudice e le garanzie per l’indagato.
I Fatti del Caso
La vicenda riguarda un consulente ambientale indagato per il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, insieme all’amministratore della società per cui lavorava e a un intermediario. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva disposto il sequestro preventivo dei beni del consulente. Tale misura era stata successivamente confermata dal Tribunale del riesame.
La ragione principale alla base del sequestro era l’individuazione di un presunto periculum in mora, ovvero il pericolo che l’indagato potesse disperdere i propri beni nelle more del procedimento. Questo rischio era stato desunto dal ritrovamento, sul computer del consulente, di una cartella denominata “Vendita” contenente un business plan e altre informazioni relative a trattative per la cessione dell’azienda a un fondo estero. Secondo i giudici di merito, ciò costituiva prova sufficiente del rischio di dispersione del patrimonio.
L’indagato ha proposto ricorso in Cassazione, contestando proprio la carenza e l’illogicità della motivazione sul periculum in mora.
La Valutazione del Periculum in Mora e la Decisione della Cassazione
Il cuore del ricorso si è concentrato sulla validità della motivazione addotta dal Tribunale del riesame. La difesa ha sostenuto che il ragionamento del Tribunale fosse puramente formale e non ancorato a elementi concreti che collegassero la condotta dell’indagato a un effettivo pericolo di dispersione dei beni. L’indagato, infatti, aveva giustificato il possesso di quei documenti con la necessità di fornire un parere professionale sul valore dell’azienda, una spiegazione che il Tribunale aveva completamente ignorato.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha annullato l’ordinanza del Tribunale del riesame e ha rinviato il caso per un nuovo giudizio, imponendo una valutazione più rigorosa e concreta dei fatti.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha censurato la decisione del Tribunale del riesame definendo la sua motivazione “di mero stile”. I giudici di legittimità hanno evidenziato una totale assenza di correlazione tra la condotta contestata al ricorrente e il presunto pericolo. Il semplice fatto di possedere informazioni su una potenziale vendita aziendale non dimostra, di per sé, l’intenzione di disperdere il proprio patrimonio.
La Corte ha specificato che il giudice del riesame avrebbe dovuto:
1.  Verificare il ruolo effettivo del ricorrente all’interno della società e nel contesto delle trattative di vendita.
2.  Accertare l’esistenza di un pericolo concreto e attuale di dispersione dei beni, basato su elementi fattuali e non su mere congetture.
3.  Considerare le giustificazioni fornite dalla difesa, anziché ignorarle del tutto.
Richiamando un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza Ellade n. 36959/2021), la Cassazione ha ribadito che il giudizio sul periculum in mora non può basarsi su presunzioni astratte, ma deve fondarsi su un’analisi puntuale e personalizzata della situazione dell’indagato.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa sentenza riafferma un principio di garanzia cruciale nel sistema processuale penale: le misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, non possono essere adottate con leggerezza. Il periculum in mora deve essere provato in modo concreto e la motivazione del giudice deve essere specifica, logica e completa.
Per i professionisti e gli imprenditori, la decisione offre una tutela contro provvedimenti cautelari basati su semplici supposizioni. Dimostra che il possesso di documenti aziendali, anche sensibili come quelli relativi a una vendita, non può automaticamente tradursi in un sequestro dei beni personali se non è supportato da prove concrete che dimostrino un effettivo rischio di illecito. Il Tribunale del riesame, nel nuovo giudizio, dovrà quindi attenersi a questi rigorosi criteri per valutare se sussista o meno un reale pericolo che giustifichi il mantenimento del sequestro.
 
Quando un sequestro preventivo basato sul periculum in mora può essere considerato illegittimo?
Un sequestro preventivo è illegittimo se la motivazione sul periculum in mora è generica e di mero stile, senza una correlazione specifica e concreta tra la condotta contestata all’indagato e il reale pericolo di dispersione dei suoi beni.
È sufficiente trovare documenti relativi alla vendita di un’azienda per giustificare il sequestro dei beni di un consulente?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, la semplice disponibilità di informazioni sulla vendita non prova automaticamente un pericolo concreto di dispersione dei beni. È necessario che il giudice verifichi il ruolo effettivo dell’indagato e colleghi la sua condotta a un rischio reale e attuale, non solo ipotetico.
Cosa succede quando la Cassazione annulla un’ordinanza con rinvio?
L’ordinanza impugnata perde efficacia. Il caso viene trasmesso nuovamente al Tribunale del riesame, il quale dovrà emettere una nuova decisione attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento.
 
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7432 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 7432  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/09/2023
SENTENZA
sul ricorso di NOME COGNOME, nato a Casale Monferrato il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 27/03/2023 del Tribunale di Torino, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta per l’indagato la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso 
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 27 marzo 2023 il Tribunale del riesame di Torino ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME avverso il decreto in data 16 febbraio 2023 del GIP del Tribunale di Torino che aveva disposto il sequestro preventivo dei suoi beni per il reato degli art. 110, 81 cpv e 452quaterdecies cod. pen.
 Il ricorrente articola un’unica censura per violazione di legge e vizio di motivazione in merito al periculum in mora. Nella memoria ribadisce le sue difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.  Il ricorso è fondato.
Il ricorrente è stato indagato del reato dell’art. 452-quaterdecies cod. pen., in qualità di consulente ambientale della RAGIONE_SOCIALE, unitamente all’amministratore unico, NOME COGNOME, e all’amministratore della società intermediaria RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME. Il GIP ha individuato il periculum in mora nell’esistenza di trattative per la vendita a un fondo estero della società RAGIONE_SOCIALE, con conseguente rischio di dispersione dei beni e del denaro. Il Tribunale del riesame ha confermato tale motivazione, precisando che nel pc del ricorrente era stata trovata la cartella “Vendita” con il business plan e le notizie relative alle trattative condotte dal commercialista. La motivazione è però di mero stile, perché non vi è correlazione con la condotta contestata al ricorrente, il quale ha giustificato la disponibilità delle informazioni con l’esigenza di formulare un parere sul valore dell’azienda, circostanza ignorata dal Tribunale.
S’impone, pertanto, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, affinché il Tribunale del riesame verifichi il ruolo del ricorrente nella società e rispetto alla vendita dell’azienda nonché il pericolo concreto che egli disperda i suoi beni, secondo i criteri delle Sezioni Unite Ellade (n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848-01).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Torino competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p.
Così deciso, il 21 settembre 2023
Il Consigliere estensore