Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1262 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1262 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Monteprandone il 23/09/1960, in qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno del 01/06/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore general
Dr.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 01/06/2023 il Tribunale di Salerno, pronunciando in materia di misure cautelari reali, ha respinto l’istanza di riesame avverso il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania in d 19/03/2023 ha applicato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta della somma di euro 137.199,65 in danno della NOME RAGIONE_SOCIALE, nonché per equivalente nei confronti del I.r. dell società, COGNOME COGNOME, per i reati p. e p. dagli artt. 110-81-483 cod. pen., in relazion all’articolo 76, comma 1, d.P.R 445/2000, 10 -quater d. Igs. 74/2000, relativi a condotte di indebita compensazione legate a prestazioni – asseritamente inesistenti – di formazione professionale nel settore delle “Tecnologie 4.0”, con condotte complessivamente commesse dal 16/07/2021 al 16/09/2021 (Capo 125 della rubrica).
Avverso tale ordinanza l’imputato propone, con atto sottoscritto dall’avvocato NOME COGNOME del Foro di Ascoli Piceno, ricorso per cassazione con cui, in particolare:
2.1. Col primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge in relazione al combinato disposto degli artt. 324, commi 3 e 7, 309, commi 9 e 10, cod. proc. peri..
Evidenzia il ricorrente come il ricorrente avesse proposto riesame in data 28 aprile 2023 e in pari data il Tribunale del riesame aveva richiesto gli atti, che sarebbero pervenuti solo il maggio 2023. In data 1° giugno si sarebbe celebrata l’udienza camerale e la questione sarebbe stata decisa, con successivo deposito della motivazione in data 8 giugno 2023.
Il ricorrente ritiene che quella adottata dal Tribunale del riesame sia una fictio, in quanto gli atti erano già tutti nella sua disponibilità al momento del deposito del ricorso, in quanto gli erano già stati trasmessi dalla Procura per altre posizioni (la vicenda vede indagate centinaia di persone).
2.2 Con il secondo motivo lamenta mancanza assoluta di motivazione in ordine al fumus commissi delicti a carico del ricorrente stesso, non essendo presente, nel provvedimento genetico e nell’ordinanza impugnata, alcun riferimento alla Anna RAGIONE_SOCIALE e al COGNOME NOMECOGNOME
2.3. Col terzo motivo lamenta violazione di legge e carenza assoluta di motivazione; in particolare, il decreto genetico mancava totalmente di motivazione in ordine al periculum in mora. Il Tribunale ha ritenuto non di integrare la motivazione, che era inesistente sul punto, ma di crearla ex novo;
In data 3/11/2023, l’avv. NOME COGNOME – Foro di Ascoli Piceno, per l’imputato, depositava memoria di replica con cui contestava le conclusioni del P.G. e insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia come, a norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere – quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l’inesistenza o la mera apparenza (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 283916).
Ciò determina l’automatica inammissibilità del secondo profilo di censura, in cui, sotto l’ombrello della violazione di legge e della carenza di motivazione (che astrattamente
consentirebbero il ricorso per cassazione), in realtà si lamenta una «insufficienza» d motivazione.
A pagg. 37-38 dell’ordinanza impugnata si legge infatti che «deve evidenziarsi come la società NOME RAGIONE_SOCIALE, unitamente al suo legale rappresentante, fosse ben consapevole che l’erogazione della formazione dovesse rispettare le modalità prescritte affinché legittima l concessione del credito di imposta … … Ed invero, la società non compra beneficiare d un incentivo previsto dalla legge senza essere consapevole dei requisiti e delle modalità attraverso le quali tale beneficio può essere concesso … In definitiva, una socie ricorrente avrebbe dovuto acquisire, senza accontentarsi di limitarsi a visionare il sito Inter della Tax and Legal, in sede di stipula del contratto di informazione, tutta la documentazione da cui emergeva la legittimazione della concorrente alle operazioni dei corsi di formazione, tra cui in primis, la iscrizione agli albi dei soggetti accreditati presso la Regione Campania e la Regione Lazio (iscrizione mai conseguita dalla Tax and Legal). Orbene, la difesa nulla ha documentato in ordine alla legittimità corsi di formazione riferibili alla RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo di ricorso, pertanto, è di fatto rivolto a contestare la motivazione offerta Tribunale, con i cui contenuti, peraltro, neppure si confronta, risultando pertanto inammissibil anche per genericità.
4. Il primo motivo è, invece, manifestamente infondato.
L’articolo 309, comma 10, cod. proc. pen., stabilisce che «se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell’ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti , l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia».
Tale disposizione è espressamente richiamata dall’art. 324, comma 7, cod. proc. pen. in tema di misure cautelari reali.
Sez. 3, n. 41778 ‘del 01/10/2021, COGNOME ha stabilito che in tema di riesame di misure cautelari reali, l’inosservanza del termine perentorio di dieci giorni per la decisione, decorre dalla data della ricezione degli atti, cui consegue l’inefficacia della misura, è deducibile con rico per cassazione ex art. 324 cod. proc. pen., in quanto integra un «error in procedendo» del giudizio di impugnazione.
Tale termine, che decorre dal momento di ricezione degli atti processuali, è perentorio e non prorogabile, con conseguente inefficacia della misura in caso di inosservanza (Sez. 2, n. 53674 del 10/12/2014, COGNOME, Rv. 261856; Sez. 3, n. 26593 del 19/05/2009, COGNOME, Rv. 244331; Sez. 3, n. 42963 del 04/10/2007, COGNOME, Rv. 238099).
Il rispetto del suddetto termine – stabilito come perentorio sin dall’originaria formulazion ante 1995, dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., richiamato con rinvio recettizio dal successivo art. 324, comma 7, cod. proc. pen. (cfr. Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266790) – impone nei dieci giorni quantomeno il deposito del «dispositivo» della decisione,
altrimenti non valendo ad impedire l’inefficacia della misura il deposito della sola ordinanz successivamente alla decorrenza del termine.
Esso, tuttavia, decorre dal giorno della ricezione degli atti processuali e non dalla ricezio dell’istanza di riesame (Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, COGNOME, Rv. 267593).
A pagina 1 dell’ordinanza impugnata si dà atto di come gli atti, richiesti in data 28 apri 2023, fossero pervenuti in data 25 maggio 2023.
Il dispositivo risulta depositato in data 1/06/2023 e la motivazione in data 8/06/2023.
Il Collegio evidenzia che a nulla rileva che il Tribunale del riesame potesse essere in possesso di analoga documentazione relativa a posizioni differenti dello stesso filone investigativo, stant l’autonomia di ogni singola impugnazione (il presente procedimento aveva il numero di ruolo 201/2023 del T.R., relativo al solo odierno ricorrente).
In proposito, Sez. 2, n. 38566 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 277516 – 01, ha precisato che «la trasmissione parziale al tribunale del riesame degli atti già trasmessi a l giudice per le indagini preliminari non vale a configurare inottemperanza al disposto di cui all’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. – alla quale l’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. ricollega la perdita di efficacia d misura cautelare – qualora il medesimo tribunale sia già in possesso degli atti del procedimento per la ragione, nota alla difesa, che essi siano stati già trasmessi dal pubblico ministero a seguit della proposizione di altro ricorso relativo al medesimo procedimento».
La doglianza, che non si confronta con la costante giurisprudenza della Corte se non in modo meramente contestativo, è pertanto manifestamente infondata.
5. Il terzo motivo di ricorso è, al contrario, fondato.
5.1. Le Sezioni Unite della Corte, come noto, hanno statuito (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01) che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., de contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, port detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege.
Tale pronuncia ha sottolineato come tale motivazione sia necessaria anche nell’ottica del «rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con r ferimento proprio a misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, questa Corte ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata».
5.2. Nel caso in esame, l’ordinanza genetica si occupa dei presupposti per operare il sequestro preventivo a pagina 616-618. A pagina 617 si legge che «si è in presenza di una confisca diretta del profitto del reato e non di una confisca per equivalente e detta confisca
possibile ai sensi dell’art. 240 c.p. ed imposta dall’art. 322-ter c.p.p., “prima di procedere confisca per equivalente del profitto del reato”; inoltre la confisca diretta del profitto del “è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per i reati commessi dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica, quando il profitto sia rimasto nella disponibilità della persona giuridica”».
Come appare evidente, il provvedimento impugnato è privo di motivazione in riferimento alla sussistenza del periculum in mora.
L’ordinanza impugnata, a sua volta, a pagina 31 ritiene di esercitare il proprio potere integrativo, affermando che «il primo giudice, per quanto succintamente ed implicitamente, attraverso il richiamo alla natura afflittiva della confisca, aderiva alla precedente teoria ravvisava la pericolosità nella confiscabilità, incorrendo in un errore diritto rispetto al questo tribunale può avvalersi del proprio potere integrativo».
Potere integrativo consistente, secondo i giudici del Riesame, nel ritenere che «l’anticipazione degli effetti della confisca obbligatoria si renda necessaria in quanto la lib disponibilità delle somme in sequestro ne renderebbe possibile ed estremamente facile la dispersione, tenuto conto della entità non trascurabile del profitto confiscabile, della incapien del conto corrente sociale, della natura dei beni in sequestro, trattandosi di somme di denaro, come tali, non solo facilmente occultabili in maniera tale da renderle irrintracciabili e non recuperabili ai fini della confisca, ma anche utilizzabili in operazioni di investimento nell’acqu di beni non attingibili dalla futura confisca (essendo preclusa la confisca per equivalente ne confronti della persona giuridica), nonché in considerazione della condotta già assunta dal legale rappresentante a vantaggio della società, per effetto della quale venivano fraudolentemente sottratti alle ano somme di denaro di entità non trascurabile, circostanze che complessivamente considerate rendono altamente probabile che, qualora i beni in sequestro rientrassero nella sua libera disponibilità, verrebbero sottratti alla futura confisca».
5.3. La motivazione dell’ordinanza impugnata ripercorre pressoché in maniera pedissequa quella resa da questa stessa Sezione con la sentenza n. 39846 del 13/05/2022 (Rv. 283831), che, tuttavia, si era occupata di un caso diverso da quello oggetto di esame nell’attuale vicenda processuale, atteso che, nel caso esaminato, l’ordinanza genetica era stata emessa in un momento antecedente al formarsi del diritto vivente di cui alle richiamate Sezioni Unite “Ellade”, ed il tribunale del riesame era intervenuto successivamente a tale arresto giurisprudenziale, ritenendo possibile l’esercizio del potere integrativo.
La fattispecie era, infatti, relativa a decreto di sequestro emesso in relazione al delitto di all’art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che il Tribunale del riesame aveva confermato, integrandone la motivazione, con l’indicazione delle esigenze cautelari giustificative dell’adozione del vincolo, conformemente al principio di diritto enunciato dalla sentenza «Ellade». Il principi di diritto affermato, in particolare, era nel senso che in tema di riesame avverso provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, è legittima l’ordinanza con cui il tribunale, facendo uso
dei propri poteri integrativi, ponga rimedio all’errore di diritto del giudice per le in preliminari che, nel decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, abb omesso, ritenendola non dovuta, la motivazione in punto di «periculum in mora» con provvedimento adottato prima della pronuncia delle Sez. U, n. 36959 del 2021.
Orbene, il «fatto» esaminato in tale vicenda, era quindi diverso da quello in esame, ove l’ordinanza genetica è stata emessa dal GIP del tribunale di Vallo della Lucania in un momento storico nel quale, già da quasi due anni, si era formato il diritto vivente con la richiamata senten delle Sezioni Unite che, come è noto, impone che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. deve contenere la concisa motivazione anche del «periculum in mora», da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizio del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, us porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege (principio che è stato pacificamente ritenuto applicabile anche alla confisca «tributaria»: da ultimo, Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022 dep. 2023, Rv. 284313 – 01).
Ed allora, ne discende all’evidenza l’impossibilità per il tribunale del riesame di sostituirs giudice di primo grado nel porre rimedio ad un’omissione motivazionale su un requisito essenziale richiesto all’ordinanza genetica, qual è la motivazione, seppure concisa, come richiedono le Sezioni Unite “Ellade”, circa la configurabilità di tale periculum, onere di motivazione che può ritenersi assolto, come le stesse Sezioni Unite insegnano, solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
Ragioni che, come visto, non sono contenute nell’ordinanza impugnata, limitandosi il giudice unicamente ad illustrare i motivi per i quali, in base alla giurisprudenza di questa Cort trattandosi di confisca di denaro, ne era ben possibile la confisca diretta. Nulla viene tuttav detto invece con riferimento alle ragioni che rendevano necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, con conseguente assenza motivazionale assoluta non integrabile da parte del giudice del riesame.
Se è vero che il Tribunale del riesame, nell’ambito dei poteri di integrazione e di rettif attribuitigli dall’art. 309 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 324, cod. proc. pen., ben può rimedio alla parziale inosservanza dei canoni contenutistici cui deve obbedire la motivazione dell’ordinanza che dispone la misura cautelare, tuttavia, allorché si verifichi l’omissione assolu delle prescritte indicazioni (come evidenzia il co. 9 dell’art. 309, richiamato dal co. 7 dell 324, cod. proc. pen., dovendosi ritenere che la mancanza di motivazione sul periculum in mora sia equiparabile in sede di cautela reale a quella relativa alle esigenze cautelari in sede di caute personale) è configurabile, per l’accertata mancanza di motivazione – alla quale può essere equiparata la mera apparenza della medesima – la radicale nullità prevista dalla citata norma.
Consegue, dunque, che il tribunale non può avvalersi del menzionato potere integrativo- confermativo, bensì deve provvedere esclusivamente all’annullamento del provvedimento
coercitivo, non essendo consentito un potere sostitutivo quanto all’emissione di un valido atto, che potrà eventualmente essere adottato dal medesimo organo la cui decisione è stata annullata.
Pacifica, sul punto, è infatti la giurisprudenza di questa Corte in tema di divieto di eserciz del potere integrativo da parte del tribunale del riesame in caso assenza motivazionale (tra le
tante, sin da Sez. 1, n. 5122 del 19/09/1997, Rv. 208586 – 01, si v. da ultimo, Sez. 3, n. 49175
del 27/10/2015, Rv. 265365 – 01), come del resto sottolineato dalle Sezioni Unite “COGNOME“, le quali ritennero che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le
disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdol:te dalla legge 8 apri
2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinv operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura
e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la
motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa (Sez. U, n. 18954 del
31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789 – 01).
Del resto, alle medesime conclusioni questa Corte è pervenuta in procedimenti scaturiti dall’impugnazione della medesima ordinanza genetica (Sez. 3, n. 50506 del 05/12/2023, RAGIONE_SOCIALE; Sez. 3, n. 50501 del 05/12/2023, Leone; Sez. 3, n. 50502 del 05/12/2023, COGNOME).
Si impone quindi l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Vallo della Lucania emessa in data 14/03/2023, per mancanza di motivazione in riferimento alla sussistenza del periculum in mora, con conseguente restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio nei confronti di NOME COGNOME in qualità di legale rappresentante di NOME RAGIONE_SOCIALE l’ordinanza impugnata nonché l’ordinanza del GIP di Vallo della Lucania in data 14/03/2023 e ordina la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen..
Così deciso il 16/11/2023.