Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38617 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38617 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, dott.ssa NOME COGNOME, la quale ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 novembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Trapani del 12 luglio 2023, con il quale è stata disposta la proroga, per un anno, della misura di sicurezza della libertà vigilata, disposta nei suoi confronti, per il periodo di tre anni, con sentenza del 16 ottobre 2012 e resa esecutiva – previa declaratoria di attualità della pericolosità sociale – con ordinanza del Magistrato di sorveglianza del 3 aprile 2018.
Il Tribunale di sorveglianza ha, in proposito, condiviso il giudizio espresso dal primo giudice in ordine alla persistenza della pericolosità sociale di COGNOME COGNOME, imperniato, in primo luogo, sull’assenza di revisione critica in relazione ai gravi fatti di reato commessi e sull’omessa dissociazione dal contesto criminale di riferimento, tuttora vitale ed operativo.
Ha, ulteriormente, ricordato che, per conforme indirizzo giurisprudenziale, «il vincolo associativo tra il singolo e l’associazione si instaura nella prospettiva di una futura permanenza in essa tempo indeterminato, e si protrae fino allo scioglimento della consorteria, talché il legame viene meno per la morte del partecipe, per estromissione dello stesso o per recesso volontario», a nulla rilevando, per contro, «l’arresto o la morte di rappresentanti di spicco della relativa consorteria criminale».
NOME COGNOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale deduce violazione di legge, anche sub specie di carenza di motivazione, per avere il Tribunale di sorveglianza ancorato la decisione impugnata solo ai suoi remoti trascorsi criminali, oltre che alla persistente operatività della compagine mafiosa nella quale egli ha, in passato, militato, ed avere, invece, trascurato gli altri parametri a tal fine rilevanti, a partire dagli effetti risocializzanti prodo dalla lunga detenzione patita sino al comportamento tenuto una volta riacquistata la libertà, sintomatico del venir meno della pericolosità sociale.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
2. L’applicazione, a pena espiata, della libertà vigilata, così come di ogni altra misura di sicurezza personale, postula, ai sensi dell’art. 203 cod. pen., l’accertamento della pericolosità sociale del condannato, ovvero la formulazione di un giudizio prognostico in ordine al futuro contegno del soggetto, con specifico riferimento alla commissione di reati.
Detta verifica deve essere effettuata, secondo la previsione degli artt. 207 e 208 cod. pen. – nonché dell’art. 679 cod. proc. pen., che attribuisce la competenza al Magistrato di sorveglianza – anche nelle ipotesi in cui, disposta, con la sentenza di condanna, l’applicazione della misura di sicurezza, il decorso di un determinato di tempo tra la pronunzia e l’esecuzione della misura impone di attualizzare il giudizio di pericolosità sociale.
La discrezionalità spettante, in proposito, al Magistrato di sorveglianza – ed al Tribunale di sorveglianza investito dell’appello previsto dall’art. 680 cod. proc. pen. – trova il consueto limite nella coerenza con i dati istruttori e nell’assenza di sintomi di grave deficit razionale e deve essere esercitata, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, in considerazione non solo della gravità del fatto-reato ma anche di fatti successivi, come il comportamento tenuto durante l’espiazione della pena (quale risultante ad esempio dalle relazioni comportamentali e dall’eventuale concessione di benefici penitenziari o processuali), ovvero successivamente alla riacquistata libertà (Sez. 1, n. 8242 del 27/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274918; Sez. 1, n. 1027 del 31/10/2018, dep. 2019, Argento, Rv. 274790 – 01; Sez. 1, n. 24179 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247986).
Il positivo accertamento della persistenza, all’esito dell’espiazione della pena, della pericolosità sociale non esclude, nondimeno, la possibilità di interventi successivi volti ad adeguare la risposta giurisdizionale all’evoluzione della personalità del soggetto e, più generale, a sopravvenienze ed elementi in precedenza trascurati.
Pertinente si palesa, in proposito, il richiamo alla lezione ermeneutica proveniente dal massimo consesso nomofilattico, che ha avuto modo di chiarire come «Nel procedimento di sorveglianza in materia di misure di sicurezza, la preclusione del cosiddetto giudicato esecutivo opera “rebus sic stantibus” e, pertanto, non impedisce, una volta esauriti gli effetti della precedente decisione, la rivalutazione della pericolosità del soggetto e la conseguente individuazione di un’eventuale nuova misura da applicare sulla base di ulteriori elementi non valutati o perché emersi successivamente all’adozione del provvedimento
divenuto definitivo ovvero, se preesistenti, da questo non presi in considerazione» (Sez. U, n. 34091 del 28/04/2011, S., Rv. 250350).
Espressione del generale principio per cui il giudizio di pericolosità sociale può e deve essere ripetuto ed aggiornato in funzione di circostanze non oggetto di pregressa valutazione è il disposto dell’art. 207 cod. pen. che, sotto la rubrica «Revoca delle misure di sicurezza personali», prevede, al primo comma, che «Le misure di sicurezza non possono essere revocate se le persone ad esse sottoposte non hanno cessato di essere socialmente pericolose».
La giurisprudenza di legittimità è da tempo orientata nel senso che «Il magistrato di sorveglianza, nel disporre la libertà vigilata nei confronti di persona condannata alla quale sia stata comminata tale misura di sicurezza, è tenuto ad accertare la persistenza della pericolosità sociale riferita al momento dell’applicazione della misura. In tale, situazione, la revoca anticipata di detta misura rimane esclusa, a norma dell’art. 207 cod. pen., “se la persona ad essa sottoposta non ha cessato di essere socialmente pericolosa”: la puntuale osservanza di tale regola postula una sicura e positiva valutazione della cessazione della pericolosità per fatti sopravvenuti e concludenti, non consentendo il mero dubbio al riguardo il superamento – anche dopo l’intervento della Corte costituzionale – della prognosi già effettuata e l’anticipazione del riesame della pericolosità da effettuarsi a norma del successivo art. 208» (Sez. 1, n. 2095 del 07/05/1993, Padovano, Rv. 195415; negli stessi termini cfr., di recente, Sez. 1, n. 4021 del 13/07/2020, dep. 2021, Renna, n.m.).
Resta, quindi, confermato che, in assenza di significativi mutamenti della situazione di fatto, non è possibile contraddire il giudizio di pericolosità sociale espresso nella fase di cognizione e ribadito al momento dell’esecuzione della misura di sicurezza.
D’altro canto, per quanto opportunamente lata possa essere la declinazione della nozione di «sopravvenienza», dilatabile sino a ricomprendere circostanze preesistenti alle precedenti decisioni ma in quelle sedi ignorate, non vi è dubbio che la prognosi positiva in ordine al futuro comportamento del destinatario della misura di sicurezza debba essere formulata in termini di certezza, condizione necessaria per vincere la forza del giudicato formatosi sulla decisione di segno opposto.
A fronte, allora, dell’accertamento, tendenzialmente irrevocabile, della pericolosità sociale del soggetto, la revoca ex art. 207 cod. pen. postula un contrario, negativo apprezzamento del venir meno della propensione criminale, tale da imporre, in itinere, la caducazione della misura di sicurezza.
Allo stesso modo, la proroga, al di là del lasso temporale originariamente stabilito, della misura di sicurezza postula l’accertamento – guidato dai
medesimi parametri considerati all’atto dell’esecuzione (in proposito, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 51660 del 16/10/2018, Mainardi, Rv. 274379 – 01) – della attuale persistenza delle condizioni che avevano supportato il giudizio di pericolosità sociale e, per converso, l’insussistenza di elementi sopravvenuti tali da convincere del venir meno della propensione criminale del soggetto interessato.
Anche in questo caso, dunque, il giudice è tenuto alla valutazione congiunta di tutte le circostanze indicate dall’art. 133 cod. pen., come prescritto dall’art. 203, comma secondo, cod. pen. (così, con indicazione di carattere generale, riferibile, dunque, anche alla proroga, Sez. 3, n. 6596 del 23/01/2023, M., Rv. 284141 – 01, nonché Sez. 1, n. 50164 del 16/05/2017, Carrara, Rv. 271404 01).
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza non si è attenuto alle coordinate interpretative testé delineate.
Se, da un canto, ha correttamente inserito, a base del giudizio prognostico in ordine al futuro contegno di NOME COGNOME, tanto il suo pregresso inserimento nella compagine mafiosa capeggiata dal fratello NOME, che gli è valso la condanna alla pena di diciassette anni di reclusione, quanto la vitalità del gruppo di appartenenza, incompleta si palesa, per contro, la considerazione degli effetti risocializzanti della pena espiata (degli esiti, cioè, del trattamento penitenziario) e, soprattutto, del comportamento da lui tenuto nel lasso temporale, superiore al quinquennio, durante il quale egli è stato sottoposto alla libertà vigilata.
Al riguardo, il Tribunale di sorveglianza ha posto l’accento sulla tendenziale perpetuità della militanza mafiosa e sull’assenza, nel ricorrente, di segni tangibili di ripudio del contesto criminale che vi ha fatto da sfondo, ovvero su elementi di valutazione che, senz’altro rilevanti nella prospettiva considerata, concorrono, nondimeno, con quelli, introdotti con l’appello e riproposti con il ricorso per cassazione, afferenti alle scelte personali e familiari compiute, in epoca posteriore alla scarcerazione, da NOME COGNOME.
A prescindere, invero, dall’omessa dissociazione dal sodalizio criminale, il giudizio prognostico demandato alla magistratura di sorveglianza, tendente alla verifica dell’attualità della pericolosità sociale, è giocoforza influenzato anche dalle più recenti contingenze, che il Tribunale di sorveglianza, nel provvedimento impugnato, non risulta avere adeguatamente analizzato.
Il riferimento attiene, per un verso, allo sviluppo delle vicende della compagine mafiosa, apprezzate in relazione, oltre che, in termini generali, alla
capacità di esercitare il predominio sul territorio, alla pluridecennale protrazione della latitanza del suo leader ed alla rete di supporto che ha a tal fine operato.
Concerne, per altro verso, la posizione assunta – nel delineato contesto e ad avuto riguardo soprattutto al periodo successivo all’espiazione della pena irrogatagli per il delitto di associazione mafiosa – da NOME COGNOME, con riferimento alla quale sarebbe stato, in specie, necessario, a fronte delle articolate obiezioni sollevate dall’interessato, un vaglio più approfondito rispetto a quello compiuto dando genericamente atto, sulla scia delle informazioni trasmesse dall’UEPE di Trapani il 22 giugno 2023, dell’avere egli serbato «regolare condotta», e volto, in particolare, ad enucleare le circostanze che, in positivo, attestano l’attuale prossimità del ricorrente agli ambienti che hanno costituito fertile humus per le sue pregresse manifestazioni antisociali.
I rilievi sin qui svolti impongono, in conclusione, l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Palermo per un nuovo giudizio che, libero nell’esito, sia esente dai vizi riscontrati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Palermo.
Così deciso il 11/06/2024.