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Pericolosità sociale: valutazione e misura di sicurezza

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza che prorogava la libertà vigilata a un uomo condannato per associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale deve essere attuale e completa, considerando non solo i reati passati, ma anche il comportamento post-detenzione e gli effetti risocializzanti della pena. Un’analisi fondata solo sul passato criminale è ritenuta incompleta.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione richiede una valutazione attuale e completa

La valutazione della pericolosità sociale è un pilastro del nostro sistema penale, soprattutto quando si tratta di applicare o prorogare una misura di sicurezza come la libertà vigilata. Con la sentenza n. 38617 del 2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema delicato, annullando una decisione che aveva prorogato tale misura basandosi in modo quasi esclusivo sul passato criminale di un individuo. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dalla Corte.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo che, dopo aver scontato una lunga pena detentiva per associazione di tipo mafioso, era stato sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata. Alla scadenza del periodo inizialmente previsto, il Tribunale di Sorveglianza ne aveva disposto la proroga per un altro anno, motivando la decisione con la persistente pericolosità sociale del soggetto. Tale giudizio si fondava principalmente su due elementi: l’assenza di una revisione critica dei gravi reati commessi in passato e la mancata dissociazione dal contesto criminale di riferimento, ritenuto ancora operativo.

L’uomo ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente ancorato la propria decisione solo ai suoi trascorsi criminali, trascurando elementi più recenti e positivi, come gli effetti risocializzanti della lunga detenzione e il comportamento tenuto una volta riacquistata la libertà.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Secondo la Cassazione, la valutazione compiuta dal giudice di merito è stata incompleta e non ha rispettato i principi che governano la materia.

Le Motivazioni della Corte

La sentenza si articola attorno a un principio fondamentale: il giudizio sulla pericolosità sociale deve essere attuale e basato su una prognosi del comportamento futuro della persona, non su una semplice rievocazione del suo passato. Vediamo i punti chiave delle motivazioni.

La necessità di una valutazione complessiva e attuale della pericolosità sociale

La Corte ribadisce che, ai sensi degli articoli 203 e 133 del codice penale, la pericolosità sociale deve essere accertata attraverso una valutazione congiunta di tutte le circostanze rilevanti. Se da un lato il passato criminale e il legame con una potente organizzazione mafiosa sono elementi di indubbio peso, dall’altro non possono essere gli unici fattori considerati. Il giudice deve bilanciarli con tutti gli elementi successivi che possono indicare un’evoluzione positiva della personalità del soggetto.

Gli elementi trascurati nel giudizio di merito

La Cassazione ha evidenziato come il Tribunale di Sorveglianza abbia omesso di analizzare adeguatamente alcuni aspetti cruciali:

1. Gli effetti della pena espiata: Non è stata data la giusta considerazione agli esiti del trattamento penitenziario e agli effetti risocializzanti che una lunga detenzione può aver prodotto.
2. Il comportamento post-detentivo: L’uomo era stato sottoposto a libertà vigilata per un periodo superiore a cinque anni. Il suo comportamento durante questo lungo lasso di tempo non è stato approfondito, liquidandolo con un generico riferimento a una “regolare condotta”.
3. Le scelte di vita personali: Il ricorso faceva riferimento a scelte personali e familiari compiute dopo la scarcerazione che avrebbero potuto indicare un allontanamento dal precedente contesto criminale. Anche questi aspetti non sono stati vagliati.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione riafferma con forza che il giudizio sulla persistenza della pericolosità sociale non può trasformarsi in un’etichetta indelebile basata sul passato. La decisione di prorogare una misura di sicurezza richiede un’analisi dinamica e attuale, che tenga conto di ogni elemento sopravvenuto capace di modificare la prognosi sul futuro comportamento dell’individuo. Il giudice di sorveglianza ha il dovere di condurre un’istruttoria completa, analizzando in modo approfondito e non generico tutti i fattori, sia negativi che positivi, per formulare un giudizio che sia veramente aderente alla realtà attuale della persona e non un mero riflesso della sua storia criminale.

Per prorogare una misura di sicurezza come la libertà vigilata, è sufficiente basarsi sui reati passati di una persona?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale deve essere attuale e basata su un giudizio prognostico sul comportamento futuro. Non può fondarsi esclusivamente sui reati commessi in passato, ma deve considerare tutti gli elementi successivi.

Quali elementi deve considerare un giudice per valutare l’attuale pericolosità sociale di un individuo?
Il giudice deve effettuare una valutazione complessiva che include la gravità dei reati passati, ma anche il comportamento tenuto durante e dopo l’espiazione della pena, gli eventuali benefici ottenuti, le scelte di vita personali e familiari successive alla scarcerazione e ogni altro elemento utile a comprendere l’evoluzione della personalità del soggetto.

La mancata dissociazione formale da un’organizzazione criminale dimostra automaticamente la persistenza della pericolosità sociale?
No. Sebbene la mancata dissociazione sia un elemento rilevante, non è di per sé sufficiente. La Corte ha chiarito che il giudizio deve essere influenzato anche dalle contingenze più recenti e da un’analisi approfondita del comportamento concreto della persona, che potrebbe indicare un effettivo allontanamento dal contesto criminale anche in assenza di una dichiarazione formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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