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Pericolosità sociale: valutazione e carichi pendenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’applicazione della sorveglianza speciale a un soggetto. La decisione si fonda sulla valutazione della sua attuale pericolosità sociale, che non può essere esclusa dalla buona condotta in carcere se controbilanciata da elementi negativi concreti e recenti, come un’evasione, anche se oggetto di un procedimento penale ancora in corso.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione sul Bilanciamento tra Buona Condotta e Nuovi Reati

La valutazione della pericolosità sociale è uno degli snodi più delicati del nostro sistema penale, soprattutto quando si tratta di applicare misure di prevenzione come la sorveglianza speciale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20905/2025) offre un’importante chiave di lettura su come il giudice debba bilanciare gli elementi a favore e a sfavore di un soggetto, in particolare dopo un periodo di detenzione. Il caso analizzato riguarda la decisione di riattivare la sorveglianza speciale per un individuo, nonostante una condotta positiva tenuta in carcere, a fronte di nuovi e concreti elementi negativi emersi successivamente.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un decreto del Tribunale di Palermo che ordinava l’esecuzione di una misura di sorveglianza speciale, già disposta anni prima ma sospesa per permettere all’interessato di scontare una pena detentiva. Alla fine della detenzione, il Tribunale ha ritenuto che la pericolosità sociale del soggetto persistesse, giustificando la riattivazione della misura.

La Corte d’appello confermava questa decisione, ma la Corte di Cassazione, in una prima fase, annullava il provvedimento per un difetto di motivazione. Secondo i giudici di legittimità, la pericolosità era stata desunta da elementi troppo datati, senza una valutazione adeguata dei fattori positivi emersi nel frattempo, come la buona condotta carceraria.

A seguito dell’annullamento con rinvio, la Corte d’appello riesaminava il caso e confermava nuovamente il decreto, questa volta fornendo una motivazione più articolata. I giudici territoriali, pur riconoscendo gli elementi favorevoli (relazioni positive dal carcere, permessi premio), li hanno ritenuti controbilanciati da nuovi e gravi episodi negativi, tra cui un’evasione avvenuta dopo la scarcerazione, per la quale l’interessato era stato arrestato in flagranza.

La Decisione della Cassazione e la Valutazione della Pericolosità Sociale

L’individuo ha nuovamente proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione di legge e la mancanza di motivazione, poiché la decisione si basava ancora su carichi pendenti e non su condanne definitive. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Il punto centrale della sentenza è la distinzione tra una motivazione basata su meri sospetti e una fondata su fatti concreti, anche se oggetto di procedimenti ancora in corso. La Corte ha chiarito che, sebbene non si possa fondare un giudizio di pericolosità sociale su semplici denunce, è legittimo prendere in considerazione ‘fatti storicamente apprezzabili’ che, seppure non ancora definiti con sentenza, dimostrano una rinnovata tendenza a delinquere.

Nel caso specifico, l’episodio dell’evasione, avvenuto in un periodo recente e concretizzatosi con un arresto in flagranza, è stato considerato un elemento di tale peso da superare le indicazioni positive provenienti dal periodo detentivo.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’appello non fosse né inesistente né meramente apparente. Al contrario, i giudici di merito avevano seguito le indicazioni della precedente sentenza di annullamento, procedendo a un bilanciamento completo di tutti gli elementi a disposizione. La valutazione della pericolosità sociale deve essere attuale e complessiva. La buona condotta tenuta durante la detenzione è un fattore rilevante, ma non può, da sola, garantire la cessazione della pericolosità, specialmente di fronte a comportamenti successivi che indicano una persistente inclinazione a violare la legge. L’evasione è stata vista come un fatto concreto e serio, non una semplice accusa, che interrompeva il percorso positivo e dimostrava l’attualità del pericolo per la sicurezza pubblica. La motivazione, quindi, non era ‘apparente’ ma ‘non condivisa’ dalla difesa, una distinzione cruciale che la rende non censurabile in sede di legittimità, dove il giudizio è sulla corretta applicazione della legge e non sul merito della valutazione.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la valutazione della pericolosità sociale deve essere un giudizio dinamico e aggiornato. Non basta guardare al passato, sia esso criminale o riabilitativo. È necessario analizzare il comportamento attuale della persona, ponderando tutti gli elementi disponibili. I carichi pendenti non sono di per sé sufficienti, ma i fatti concreti che ne sono alla base, se gravi e recenti, possono essere decisivi per giustificare l’applicazione di una misura restrittiva. Questa pronuncia ribadisce che la finalità delle misure di prevenzione è proteggere la collettività da un pericolo attuale, e tale pericolo deve essere accertato attraverso una motivazione solida, basata su elementi concreti e non su mere presunzioni.

È possibile basare un giudizio di pericolosità sociale solo su carichi pendenti?
No, il giudice non può basare il suo accertamento su meri sospetti o sulla sola pendenza di procedimenti. Tuttavia, è tenuto a prendere in considerazione ‘fatti storicamente apprezzabili’, la cui efficacia dimostrativa deve essere valutata criticamente, anche se questi fatti sono oggetto di procedimenti non ancora definiti.

La buona condotta tenuta in carcere è sufficiente a far cessare la pericolosità sociale?
No, non automaticamente. La buona condotta durante la detenzione è un elemento positivo importante, ma non determina di per sé la cessazione della pericolosità sociale. Deve essere valutata nel quadro complessivo della personalità del soggetto, insieme a eventuali elementi negativi successivi alla scarcerazione.

Quando la motivazione di un provvedimento di prevenzione è considerata ‘apparente’ e quindi illegittima?
La motivazione è ‘apparente’ quando omette di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo, oppure si limita a formule generiche senza analizzare i fatti specifici del caso. In questa vicenda, la Corte ha ritenuto la motivazione non apparente perché fondata su un fatto concreto e recente (l’evasione), che bilanciava validamente gli elementi positivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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