Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20905 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20905 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
– Presidente –
COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 10862/2025
CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a PALERMO il 15/02/1987 avverso il decreto del 04/02/2025 della Corte d’appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 18/01/2024, il Tribunale di Palermo ha ordinato – nei confronti di NOME COGNOME – l’esecuzione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni due, già disposta con provvedimento del medesimo Tribunale in data 29/04/2015, sul presupposto che – all’esito della sospensione di detta misura per espiazione della pena – il soggetto fosse ancora portatore di una persistente pericolosità, atta a giustificare la ripresa della esecuzione della misura stessa.
1.1. Con decreto del 20/05/2024, la Corte di appello di Palermo ha confermato tale decisione, rilevando come la recidivanza criminale dell’interessato – desumibile dalla commissione di ulteriori attività delittuose per almeno un biennio, durante l’esecuzione della misura – non potesse esser considerata superata, grazie alla pur positiva condotta serbata dallo stesso, durante la carcerazione.
1.2. La Quinta Sezione di questa Corte, con sentenza del 22/10/2024, ha annullato la decisione della Corte territoriale, rilevando la sussistenza di un difetto di motivazione – in punto di ravvisata persistenza della pericolosità sociale dell’interessato – per esser stata questa desunta esclusivamente da elementi antecedenti, rispetto al periodo in espiazione e in assenza di valutazione, circa i fattori successivamente emersi.
1.3. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato il decreto del Tribunale di Palermo.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) e 627 comma 3 cod. proc. pen., anche sub specie di mancanza assoluta di motivazione, laddove la Corte ha confermato il decreto impugnato.
La Corte distrettuale ha dato atto della sussistenza di elementi di segno favorevole, ma li ha ritenuti controbilanciati da quelli di tenore negativo; nel far ciò, i Giudici di appello hanno anzitutto preso in considerazione – valutandoli alla stregua di precedenti – dei meri carichi pendenti. In sede di prevenzione, però, non Ł consentito procedere a una autonoma valutazione delle circostanze di fatto oggetto dei giudizi ordinari, dovendosi motivare sulla base delle decisioni assunte in tali sedi e non, invece, fondarsi esclusivamente su denunce o sulla pendenza di procedimenti. Il provvedimento impugnato, inoltre, così come fatto da quello annullato dalla Corte di cassazione, non ha adeguatamente valutato il lungo periodo di tempo intercorso, successivamente all’intervento dell’ordinanza mediante la quale il Tribunale di sorveglianza, nel 2022, aveva disatteso la richiesta di affidamento in prova.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
La Corte di appello di Palermo, recependo le indicazioni contenute nella sentenza rescindente, ha precisato le ragioni in base alle quali i pur favorevoli elementi, costituti dalla annotazione della Questura di Palermo, dalle relazioni della Direzione del carcere e dalla fruizione dei permessi premi, non potessero valere a far ritenere attenuata la pericolosità sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł da dichiarare inammissibile.
Come già sintetizzato in parte narrativa, viene in rilievo una misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di P.S, imposta per la durata di anni due; il precedente decreto della Corte di appello di Palermo Ł stato oggetto di annullamento con rinvio, disposto dalla Quinta Sezione di questa Corte, sul presupposto che tale decisione – pur contenendo un esatto richiamo ai principi espressi dalla sentenza della Corte costituzionale n. 219 del 2013 – li avesse in fatto sostanzialmente disattesi. La decisione annullata – in punto di perdurante sussistenza della pericolosità sociale del soggetto – si basava, infatti, sull’emersione di comportamenti temporalmente anteriori, rispetto al periodo trascorso dal ricorrente in stato di detenzione in espiazione della pena, nonchØ su elementi ulteriori, che sono stati valutati di carattere indefinito e generico.
L’unico elemento collocato in epoca temporalmente posteriore – rispetto alla espiazione della pena – cui la Corte di appello aveva dato risalto, dunque, era da rinvenire nel mancato svolgimento di una attività lavorativa, ad opera del ricorrente. La sentenza rescindente – in punto di valutazione del profilo di attualità della pericolosità sociale – aveva considerato carente il provvedimento annullato, inoltre, sotto il profilo dell’esame in ordine agli elementi successivi rispetto al periodo detentivo, che erano invece presenti nell’incarto processuale.
2.1. Attenendosi a tale insieme di rilievi, l’ordinanza impugnata ha evidenziato una lunga serie di fattori di segno positivo. Sono state ricordate, infatti, sia le risultanze dell’annotazione della Questura di Palermo del 05/01/2024 – quale elemento atto a provare la corretta condotta serbata dal condannato, durante la sottoposizione alla misura alternativa della detenzione domiciliare – sia l’assenza di rapporti dello stesso con la criminalità organizzata; non manca il riferimento, inoltre, al comportamento tenuto dal soggetto in costanza di carcerazione (un comportamento connotato dallo svolgimento di attività lavorativa, oltre che dall’adesione alle offerte in ambito penitenziario e, infine, dalla fruizione di permessi premio).
2.2. Per contro, il Tribunale di sorveglianza ha specificamente sottolineato la sussistenza di ben tre episodi, risultanti dal certificato dei carichi pendenti, che sono temporalmente posteriori rispetto alla scarcerazione e che, dunque, soddisfano pienamente l’indicazione contenuta nella sentenza rescindente; tali fatti sono stati collegati alla negativa valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza, in sede di istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione e sono stati considerati evocativi di una rinnovata proclività del soggetto alla delinquenza e, pertanto, indicativi della sua persistente pericolosità.
Sotto tale aspetto, allora, non vi Ł chi non rilevi come la motivazione dell’ordinanza avversata soddisfi a pieno titolo le direttive valutative impartite dalla Corte di cassazione, in sede di annullamento con rinvio.
2.3. La difesa si duole, poi, del fatto che il crisma della pericolosità venga tratto – ad opera della Corte di appello – dall’esistenza di carichi pendenti, piuttosto che da accertamenti definitivi gravanti sul condannato.
Giova effettivamente precisare come la motivazione di Corte cost., sentenza n. 291 del 2013 non legittimi la lettura fatta dalla Corte di appello, quanto all’art. 14, comma 2-ter d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 (nella veste che tale disposizione normativa ha assunto, grazie all’intervento di Corte cost., sentenza n. 162 del 2024); la verifica in punto di persistenza della pericolosità sociale dell’interessato, dunque, non significa – in linea generale – che il criterio di giudizio sia quello della necessaria emersione di circostanze significative della attenuazione, o addirittura della cessazione, della pericolosità sociale stessa (estremamente significativo risulta, in particolare, il passaggio della motivazione di tale decisione nel quale può leggersi quanto segue: ‘Se Ł vero, in effetti, che non può darsi per scontato a priori l’esito positivo di detto trattamento, per quanto lungo esso sia, meno ancora può giustificarsi, sul fronte opposto, una presunzione – sia pure solo iuris tantum – di persistenza della pericolosità malgrado il trattamento, che equivale alla negazione della sua stessa funzione: presunzione che risulta, per converso, sostanzialmente insita in un assetto che attribuisca alla verifica della pericolosità operata in fase applicativa una efficacia sine die, salvo che non intervenga una sua vittoriosa contestazione da parte dell’interessato. Ciò, quantunque la pericolosità sociale debba risultare attuale nel momento in cui la misura viene eseguita, giacchØ, in caso contrario, le limitazioni della libertà personale nelle quali la misura stessa si sostanzia rimarrebbero carenti di ogni giustificazione’).
Ferma la possibilità di utilizzare regole d’esperienza in sede di valutazione, pertanto, il giudice Ł tenuto ad accertare, in positivo, l’emersione della attuale pericolosità sociale del soggetto, sulla base di una ponderazione complessiva che tenga conto anche – e soprattutto – dei dati successivi, rispetto all’esperienza penitenziaria dello stesso. Questa Corte, del resto, ha chiarito che: ‹‹Il giudice della prevenzione può ritenere la riconducibilità del proposto ad una delle categorie di pericolosità di cui agli artt. 1 e 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, anche indipendentemente dall’esistenza di sentenze di condanna che abbiano accertato la pregressa commissione di reati, a condizione che la valutazione incidentale a tal fine compiuta non sia smentita da esiti assolutori di eventuali procedimenti penali, eccezion fatta per il caso in cui tali esiti siano dipesi dal riconoscimento di cause estintive; nondimeno detto giudice non può basare il suo accertamento su meri sospetti, ma Ł tenuto a prendere in considerazione fatti storicamente apprezzabili, l’efficacia dimostrativa dei quali deve essere piø elevata in relazione alla pericolosità cd. generica, con la conseguenza che la riconduzione del proposto ad una delle categorie di questa non può essere fondata su semplici informazioni contenute nelle banche dati in uso alle forze di polizia non accompagnate da aggiornamenti in ordine ai relativi sviluppi procedimentali›› (Sez. 1, n. 36080 del 11/09/2020, COGNOME, Rv. 280207 – 01).
In definitiva, non si discute della necessità di sentenze di condanna, bensì dell’esistenza di fatti obiettivamente basati su risultanze concretamente apprezzabili e che siano criticamente valutate, massimamente quando – come correttamente ricorda lo stesso provvedimento impugnato – esse
vadano a controbilanciare una serie di indicazioni di marcato tenore positivo.
2.4. Fondata – e di valenza assorbente, rispetto alle residue valutazioni – Ł poi l’osservazione svolta dal Procuratore generale in sede di requisitoria, laddove viene posto il tema della inammissibilità del ricorso ex art. 10 comma 3 d.lgs. n. 159 del 2011, atteso che, in materia, Ł come noto consentita la deduzione in sede di legittimità del solo vizio di violazione di legge. Questo Collegio, infatti, conosce e sposa il principio di diritto elaborato – sul punto specifico – dalla giurisprudenza di legittimità, laddove viene stabilita una sostanziale equipollenza, in punto di deducibilità, fra la violazione di legge e l’apparenza argomentativa del provvedimento (fra tante, si veda Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, MulŁ, Rv. 279284 – 01, che ha così statuito: ‹‹In tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Ł ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio››).
Tra gli accadimenti fenomenici successivi alla carcerazione, presi in considerazione nel provvedimento impugnato, figura però anche un episodio di evasione; tale fatto Ł strettamente agganciato a un dato fattuale, atteso che la Corte di appello sottolinea trattarsi di fatto commesso nel novembre 2024 e in relazione al quale Ł intervenuto l’arresto in flagranza dell’interessato. Il riferimento all’evasione, dunque, Ł particolarmente serio e concreto, caratteristica che determina l’assenza di qualsivoglia violazione di legge; la motivazione dell’avversata ordinanza, quindi, non può reputarsi apparente, per cui non trasmoda nel vizio di violazione di legge. La natura della motivazione Ł quindi non apparente, nØ inesistente, ma semplicemente non condivisa dalla difesa, che tenta allora di ammantare quale violazione di legge ciò che Ł, in realtà, una deduzione inerente alla struttura motivazionale.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma – che si stima equo fissare in euro tremila – in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 16/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME