Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15928 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15928 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME COGNOME nato a Cerignola il 09/04/1990
avverso il decreto del 21/11/2024 della Corte di appello di Bari letti gli atti, il ricorso e il decreto impugnato; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ricorre per l’annullamento del decreto in epigrafe con il quale la Corte di appello di Bari ha respinto l’appello proposto avverso il decreto emesso il 10 aprile 2024 dal locale Tribunale che aveva applicato al COGNOME la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di un anno e sei mesi oltre alla cauzione di mille euro e l’imposizione di prescrizioni.
Con un unico, articolato motivo deduce la violazione degli artt. 1,4,6,10 d. Igs. n.159/2011 e il vizio di motivazione in relazione alla valutazione del
presupposto applicativo della misura, della durata della stessa e dell’impo fissato.
Evidenzia che, a fronte di una proposta generica e risultata in gran par fondata su elementi privi di riscontro, il Tribunale si era limitato a riconosc parziale insussistenza degli elementi offerti, ma anche la Corte di appello respinto l’impugnazione, nonostante l’esito delle integrazioni richieste confermavano gli errori su cui era fondato il giudizio di pericolosità del Cirul sensi dell’art. 1 lett. b) d.lgs. 159/11.
Nonostante il ridimensionamento del numero di condanne e di procedimenti a carico del COGNOME e il mancato coinvolgimento in procedimenti per reati gra come rapine, assalti a furgoni portavalori e reati in materia di armi, il de impugnato non spiega perché gli elementi residui siano idonei a supportare i giudizio di pericolosità. Residuano, infatti, condotte occasionali e sporadiche, indicative di dedizione ad attività delittuose, atteso che si tratta di fatt giugno 2016, seguiti da episodi illeciti del 2019, di un fatto dell’aprile 2021 aggiungono i mancati pagamenti di pedaggi autostradali del 2019.
Risulta violato anche il canone di attualità della pericolosità social quanto la Corte di appello lo ha ancorato alla custodia cautelare subita dal Cir nel procedimento per episodi di riciclaggio dell’aprile 2021, senza considera che la misura fu attenuata dopo soli 20 giorni e revocata il 21 novembre 2023 rispettivamente per il rilievo attribuito all’incensuratezza ed alla mancanz violazioni e di elementi indicativi di una personalità allarmante o pericolosa.
Mancano, quindi, indici rivelatori di immanente pericolosità sociale e d probabile reiterazione; manca, altresì, la prova che il ricorrente abbia vis anche in parte con i proventi dell’attività delittuosa alla luce documentazione offerta dalla difesa sulla attività commerciale della moglie e su redditi da lui percepiti, della mancata intestazione di beni immobili o di un te di vita sproporzionato.
Il provvedimento è viziato anche in relazione alla durata e all’importo del cauzione, sproporzionati rispetto alla pericolosità sociale delineata nel decr nonostante il radicale ridimensionamento degli elementi inizialmente prospettati tanto da integrare la violazione del divieto di reformatio in peius.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti, quanto solo formalmente diretti a dedurre violazioni di legge(irire -iltà, diretti a contestare il giudizio di pericolosità in forza di una lettura riduttiva e parcel degli elementi valorizzati nel decreto impugnato.
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È innegabile che. rispetto ai procedimenti indicati nella proposta ed a quelli considerati dal Tribunale, all’esito dell’attività integrativa disposta in appello a seguito dei rilievi difensivi, il quadro indiziario sia risultato ridimensionato, non essendo emerso il coinvolgimento del ricorrente nel procedimento per associazione per delinquere, rapina, ricettazione e armi nonché in tutti i reati oggetto dei procedimenti indicati a pag. 4 del decreto impugnato, ma ciò non conduce al risultato atteso dal ricorrente.
La Corte di appello ha, infatti, precisato che a carico del COGNOME risultano: 1) una condanna in primo grado alla pena di 10 anni di reclusione e 3 mila euro di multa per reati di rilevante gravità -quali ricettazioni, detenzione e porto illegale di armi, anche da guerra, rapine aggravate-, commessi il 30 settembre 2016; 2) un procedimento pendente per mancato pagamento di pedaggi autostradali dall’8 febbraio al 27 marzo 2019; 3) una condanna definitiva per i reati di tentato riciclaggio di un’autovettura e ricettazione di un furgone, accertati il 29 marzo 2019; 4) una pendenza per ricettazione di tre veicoli, accertata il 29 settembre 2019; 5) una pendenza per tentato riciclaggio di ben 32 veicoli, accertato in epoca antecedente e prossima al 7 aprile 2021.
Su tale sequenza e specificità dell’attività criminosa del ricorrente è stato fondato il giudizio di pericolosità e l’inquadramento nella categoria dei soggetti dediti alla commissione di reati contro il patrimonio, che almeno parzialmente ha tratto da detta attività illecita i mezzi di sussistenza.
Il tentativo difensivo di ridimensionare e diluire nel tempo le condotte, qualificandole come occasionali e sporadiche, cede a fronte della specifica natura dei reati ed all’intensificazione degli stessi nel periodo dal 2019 al 2021, indicativi di una marcata dedizione e specializzazione nel settore del riciclaggio dei veicoli e della ricettazione, specie se si ha riguardo alla circostanza che reati della stessa specie si abbinavano alle rapine del 2016, oggettivamente attestanté. la risalente propensione del COGNOME a commettere reati contro il patrimonio anche di notevole gravità.
Considerato che, ai fini del giudizio di pericolosità, il giudice può valutare non solo gli elementi di fatto accertati con sentenza di condanna, ma anche quelli emergenti da procedimenti penali pendenti per reati a tal fine significativi, nell’ambito dei quali siano stati formulati giudizi non escludenti la responsabilità del proposto (Sez. 2, n. 37849 del 30/05/2024, COGNOME, Rv. 287063), risulta, pertanto, giustificata e coerente la valutazione dei giudici di merito, che hanno escluso l’episodicità dei fatti e ravvisato una continuità nel percorso criminale del ricorrente, idonea a fondare il giudizio di pericolosità, anche in ragione dell’accertata situazione reddituale del proposto e dei suo nucleo familiare, riepilogata nel decreto impugnato (pag. 5), dimostrativa della estrema modestia dei redditi percepiti negli anni in cui si è manifestata la pericolosità sociale (dal
2016 al 2019, anno a partire dal quale non risulta percepire alcun reddito) e del tutto insufficienti, anche considerati i redditi dell’attività della moglie, mantenimento del nucleo familiare. Va ricordato che le misure di prevenzione disposte nei confronti dei soggetti c.d. pericolosi generici, che rientrano nella categoria di cui alla lett. b) dell’art. 1 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, richiedono che il giudice della misura abbia accertato, sulla base di specifiche circostanze di fatto, che il proposto si sia reso autore di delitti commessi abitualmente in un significativo arco temporale, da cui abbia tratto un profitto che costituisca ovvero abbia costituito in una determinata epoca – il suo unico reddito o, quanto meno, una componente significativa del medesimo (Sez. 2, n. 41157 del 28/09/2023, Rabita, n.m.; Sez.2, n. 12001 del 15/01/2020, COGNOME, Rv. 278681).
Anche relativamente al requisito dell’attualità della pericolosità sociale, insussistente nella prospettazione difensiva, il ricorso si sottrae a censura, risultando valorizzata la sottoposizione a misura cautelare per le numerose condotte di riciclaggio accertate sino all’aprile 2021, attenuata progressivamente e revocata solo nel novembre 2023. Trattasi di valutazione giustificata dall’affidamento riposto nello standard probatorio più elevato richiesto per l’adozione e il mantenimento di una misura cautelare sia con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza che all’attualità e concretezza delle esigenze cautelari; inoltre, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, non si è in presenza di un automatico recepimento del giudizio prognostico effettuato in sede cautelare, ma di una valutazione prognostica ancorata all’evoluzione del percorso criminale del proposto ed alla inevitabile stasi correlata alla sottoposizione a misura cautelare.
Analoga valutazione va espressa in relazione agli ulteriori profili censurati, avendo la Corte di appello ritenuto adeguata alla intensità della pericolosità sociale del ricorrente la durata della misura disposta dal Tribunale e non eccessiva la misura della cauzione, tenuto conto della dichiarata disponibilità di introiti leciti.
Altrettanto correttamente esclusa è la dedotta violazione del divieto di reformatio in peius, che il ricorrente correla alla mancata riduzione della durata della misura proporzionalmente al ridimensionamento del quadro indiziario.
Ferma l’operatività anche nel giudizio di prevenzione del divieto di reformatio in peius, la violazione non è ravvisabile nel caso di specie, essendo rimasto inalterato l’esito del giudizio di secondo grado, nonostante la valutazione più rigorosa degli elementi esaminati, benché ridimensionati rispetto a quelli valutati dal Tribunale.
Sul punto la Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, secondo i quali il divieto risulta violato nel caso in cui
il contenuto precettivo della decisione di appello comporti, in assenza di impugnazione della pubblica accusa, un trattamento deteriore rispetto a quello
inflitto in primo grado in termini di maggior durata temporale della misura di prevenzione, di inflizione di una misura più restrittiva o di applicazione alla
medesima misura di modalità di esecuzione più stringenti, dovendosi, invece, escludere l’operatività del principio allorché il contenuto precettivo sia identico a
quello di primo grado ed il giudice di appello si limiti ad una valutazione più
sfavorevole di elementi di fatto non direttamente incidenti sul contenuto finale della decisione(Sez. 6, n. 21964 del 12/05/2016, COGNOME, Rv. 267068; Sez.
1, n. 25907 del 15/01/2021, Gaeta Rv. 281447).
4. All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di
una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 20 marzo 2025