Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26858 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26858 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 324/2025
UP – 06/05/2025
R.G.N. 6753/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 12/06/2024 della Corte d’assise d’appello di Napoli
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Secondo il ricorrente il Giudice di secondo grado avrebbe reso una motivazione apparente, limitandosi a fondare il diniego sull’assenza di elementi diversi da quelli che hanno determinato il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 416bis, terzo comma, cod. pen. e trascurando di considerare i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, ampiamente citata nel ricorso, secondo cui le circostanze attenuanti generiche possono convivere con le circostanze attenuanti comuni e certamente anche con quella della collaborazione, elementi invece esistenti e da ravvisarsi nella personalità del ricorrente, nella scelta di rescindere i legami con il proprio passato criminale.
2.4. Con il quarto motivo articola censure in merito all’applicazione della misura della sicurezza della liberà vigilata per la durata di tre anni, che il Giudice di appello avrebbe confermato, pur se disposta senza alcuna valutazione della attuale pericolosità dell’imputato e, anzi, trascurando di considerare indici della sua assenza, quali la prestata collaborazione e la conseguente frattura rispetto al proprio passato criminale.
In primo luogo, tutti i motivi di ricorso sono non consentiti, poichØ costituenti mera riproposizione di doglianze prospettate in sede di appello e adeguatamente confutate dalla Corte territoriale.
Non può essere sul punto opposto – come vorrebbe il ricorrente – il principio di diritto per il quale «la circostanza attenuante speciale per la dissociazione di cui all’art. 8 legge n. 203 del 1991 si fonda sul mero presupposto dell’utilità obiettiva della collaborazione prestata dal partecipe all’associazione di tipo mafioso e non può pertanto essere disconosciuta, o, se riconosciuta, la sua incidenza nel calcolo della pena non può essere ridimensionata, in ragione di valutazioni inerenti alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell’imputato, ovvero alle ragioni che hanno determinato l’imputato alla collaborazione» (Sez. 2, n. 34148 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264529; Sez. 2, n. 32645 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 256789).
Il Giudice di appello (p. 12 e 13) ha adeguatamente motivato le ragioni alla cui stregua ha ritenuto acclarata in concreto l’attuale pericolosità sociale del condannato, sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza alcun automatismo, in pieno ossequio al principio espresso da questa Corte – che qui si condivide e ribadisce secondo cui « In tema di misure di sicurezza, a seguito della modifica introdotta dall’art. 31, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 633, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione, ivi compresa quella prevista dall’art. 417 cod. pen., può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l’espresso positivo scrutinio dell’effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorchØ qualificata come semplice» (Sez. 1, n. 2875 del 12/12/2023, dep. 2024, Chianese, Rv. 285810 – 01).
P.Q.M
Il Consigliere estensore
EVA TOSCANI