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Pericolosità sociale: valutazione completa e misure

La Corte di Cassazione conferma la misura di sicurezza del ricovero in REMS per un soggetto prosciolto per vizio di mente. La sentenza chiarisce che la valutazione della pericolosità sociale non può limitarsi al singolo reato, ma deve considerare la personalità complessiva del soggetto, la sua storia criminale e la sua resistenza alle cure, basandosi su tutti i parametri dell’art. 133 cod. pen. Viene inoltre dichiarata inammissibile la doglianza su vizi procedurali del processo di cognizione, poiché esula dalla competenza del Tribunale di Sorveglianza.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Oltre la Perizia Psichiatrica, la Valutazione Globale del Giudice

La valutazione della pericolosità sociale di un individuo è uno dei compiti più delicati per un giudice, specialmente quando si tratta di applicare misure di sicurezza a soggetti non imputabili per vizio di mente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 27832/2025, offre un’importante lezione su questo tema, sottolineando che il giudizio non può basarsi solo sul singolo episodio criminoso o sulle sole perizie, ma deve scaturire da un’analisi completa e approfondita della personalità e della storia del soggetto. Questo approccio garantisce che la misura applicata sia proporzionata e realmente finalizzata al contenimento del rischio e alla cura.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una decisione del Tribunale di Ragusa, che aveva prosciolto un imputato dal reato di evasione per vizio totale di mente, applicandogli però la misura di sicurezza del ricovero in una REMS per due anni. La difesa aveva impugnato tale decisione davanti al Tribunale di Sorveglianza, lamentando una valutazione errata della pericolosità sociale. Secondo i legali, il giudice non aveva considerato la scarsa gravità del fatto (un’evasione da una comunità terapeutica durata poche ore) e non aveva applicato correttamente la normativa sull’unificazione delle misure di sicurezza concorrenti.

L’Analisi della Pericolosità Sociale secondo la Cassazione

Il cuore della pronuncia della Suprema Corte risiede nella conferma del ragionamento del Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva rigettato l’appello basando la propria decisione non sul singolo reato di evasione, ma su una valutazione complessiva dell’imputato. Erano emersi infatti numerosi e allarmanti precedenti: reati contro la persona come stalking e violenza sessuale, atti osceni in presenza di minori, e una lunga serie di evasioni.

La Corte ha ribadito che il giudizio sulla pericolosità sociale, ai sensi degli artt. 203 e 133 del codice penale, deve essere un esame globale che include:

* La gravità dei reati commessi: Nel caso di specie, si registrava una preoccupante escalation da reati contro il patrimonio a delitti contro la persona.
* La personalità del soggetto: Era stata evidenziata una totale inconsapevolezza della propria patologia e un costante rifiuto di sottoporsi a terapie farmacologiche e psicoterapiche.
* La condotta successiva al reato: Il soggetto aveva continuato a delinquere, dimostrando che la sua pericolosità era attuale e difficilmente contenibile.

Il giudice, pertanto, non è un mero ratificatore delle perizie psichiatriche, ma ha il dovere di condurre un’autonoma valutazione, integrando le risultanze scientifiche con tutti gli altri elementi a disposizione.

La Competenza del Tribunale di Sorveglianza

Un altro punto cruciale affrontato dalla sentenza riguarda i limiti della competenza del Tribunale di Sorveglianza. La difesa aveva sollevato in appello una questione procedurale relativa alla mancata sospensione del processo di primo grado per incapacità dell’imputato. La Cassazione ha dichiarato tale motivo inammissibile, specificando che la giurisdizione del Tribunale di Sorveglianza, secondo l’art. 680 c.p.p., è strettamente limitata alle disposizioni che riguardano le misure di sicurezza. Eventuali vizi che inficiano l’intera sentenza di primo grado devono essere fatti valere attraverso i mezzi di impugnazione ordinari (appello) davanti al giudice della cognizione, non in sede di sorveglianza.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione per rigettare il ricorso sono state nette e fondate su due pilastri. In primo luogo, la questione procedurale è stata ritenuta inammissibile perché proposta in una sede funzionalmente incompetente. In secondo luogo, nel merito, il ricorso è stato giudicato infondato. Il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente esercitato il proprio potere di valutazione autonoma della pericolosità sociale. Aveva considerato non solo le perizie, ma anche il percorso criminale del soggetto, la sua riluttanza alle cure e la progressione nella gravità dei reati commessi. La prognosi di pericolosità, quindi, non era affatto illogica, ma anzi ben ancorata a elementi concreti che dimostravano un alto rischio di recidiva. L’individuazione della REMS come unica misura idonea a contenere tale rischio e a favorire un percorso di cura è stata, di conseguenza, ritenuta congrua e legittima.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale del nostro ordinamento: la valutazione della pericolosità sociale è un’operazione complessa che non può essere ridotta a una formula matematica o a un singolo referto medico. Il giudice deve esaminare la persona nella sua interezza, bilanciando le esigenze di cura e riabilitazione con quelle di tutela della collettività. La decisione sottolinea inoltre la netta distinzione di competenze tra il giudice della cognizione e quello della sorveglianza, un baluardo a garanzia della corretta articolazione del processo penale. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito a inquadrare correttamente le doglianze nelle sedi appropriate e a costruire le proprie argomentazioni su un’analisi completa di tutti i fattori rilevanti, proprio come richiesto al giudice.

Come viene valutata la pericolosità sociale per applicare una misura di sicurezza?
La valutazione non si basa solo sul reato per cui si procede, ma richiede un esame globale di tutte le circostanze indicate dall’art. 133 del codice penale. Ciò include la gravità del reato, la personalità del soggetto, la sua storia criminale, la condotta di vita e la sua resistenza a percorsi di cura, al fine di formulare un giudizio sulla probabilità di commissione di nuovi reati.

Il Tribunale di Sorveglianza può annullare una sentenza per vizi del processo di primo grado?
No. La competenza del Tribunale di Sorveglianza è limitata, ai sensi dell’art. 680 cod. proc. pen., alle sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza. Le impugnazioni relative ad altri ‘capi’ o ‘punti’ della decisione, come i vizi procedurali del processo, devono essere proposte al giudice della cognizione (es. la Corte d’Appello).

Una misura di sicurezza come il ricovero in REMS può essere basata solo sulla perizia psichiatrica?
No, la prognosi sulla pericolosità sociale non può limitarsi alle sole emergenze medico-psichiatriche. Il giudice deve compiere una valutazione autonoma e complessiva, tenendo conto dei rilievi dei periti ma integrandoli con tutti gli altri parametri disponibili, come la gravità dei fatti, la personalità del soggetto e il suo percorso di vita e criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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