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Pericolosità sociale: valutazione attuale obbligatoria

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che applicava la libertà vigilata a un condannato per associazione di tipo mafioso. La Corte ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale non può essere automatica o basata solo sulla condanna passata, ma richiede un’analisi concreta e attuale della situazione del soggetto, considerando tutti i nuovi elementi emersi, come la buona condotta e l’esito di altri procedimenti.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: La Cassazione Ribadisce la Necessità di una Valutazione Attuale e Concreta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, Prima Sezione Penale, riafferma un principio fondamentale in materia di misure di sicurezza: la valutazione della pericolosità sociale di un condannato non può mai essere automatica o basata su presunzioni, ma deve fondarsi su un accertamento rigoroso, concreto e, soprattutto, attuale. Il caso in esame riguarda l’applicazione della libertà vigilata a una persona condannata per reati di stampo mafioso, la cui pericolosità era stata data per scontata dal Tribunale di sorveglianza.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Un uomo, condannato in via definitiva dalla Corte di assise di appello di Palermo a una pena di oltre sette anni per associazione di tipo mafioso e altri reati, si è visto applicare dal Magistrato di sorveglianza la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno, una volta espiata la pena. La decisione si basava sulla ritenuta persistenza della sua pericolosità sociale.

Contro questa decisione, l’uomo ha proposto appello al Tribunale di sorveglianza, il quale ha però confermato il provvedimento. Il condannato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici di merito non avessero condotto una reale e attuale valutazione della sua pericolosità, ignorando elementi sopravvenuti di notevole importanza. Tra questi, la pendenza di un processo di revisione della sua condanna e, soprattutto, l’assoluzione definitiva dei vertici dell’associazione criminale a cui era stato accusato di appartenere, fatto che minava le fondamenta stesse della sua condanna.

La Valutazione della Pericolosità Sociale e le Misure di Sicurezza

Le misure di sicurezza, a differenza della pena, non hanno una funzione retributiva (punire il colpevole per il male commesso), ma una funzione preventiva: impedire che una persona, ritenuta socialmente pericolosa, commetta nuovi reati in futuro. Proprio per questo, la loro applicazione è subordinata a un giudizio prognostico sulla probabilità di recidiva.

Con la storica “legge Gozzini” del 1986, il nostro ordinamento ha abbandonato il concetto di pericolosità sociale presunta, che legava automaticamente l’applicazione di una misura di sicurezza a determinati tipi di reato o di autori. Oggi, ogni misura di sicurezza personale deve essere ordinata solo “previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa”.

L’Analisi della Cassazione sulla Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha censurato duramente l’operato del Tribunale di sorveglianza. I giudici di legittimità hanno ricordato che l’applicazione di una misura di sicurezza, specialmente a pena espiata, richiede un’indagine approfondita e individualizzata.

Il Tribunale si era limitato a constatare la gravità del titolo di reato, l’assenza di prova di una revisione della condanna e generiche informazioni di polizia negative, senza però analizzare nel dettaglio gli elementi forniti dalla difesa. In particolare, non aveva considerato:

1. La condotta intramuraria: Il percorso del condannato durante la detenzione, caratterizzato dal rispetto delle regole e dall’adesione ai percorsi trattamentali.
2. Elementi sopravvenuti: L’assoluzione di altri membri del sodalizio, che poteva incidere sulla stessa esistenza del gruppo criminale.
3. Decisioni in altre sedi: La revoca di una misura di prevenzione nei suoi confronti, motivata proprio dalla cessazione della sua pericolosità.

La Corte ha sottolineato come il decorso del tempo tra la sentenza di condanna e l’esecuzione della misura di sicurezza imponga di “attualizzare” il giudizio di pericolosità. Non è sufficiente affermare che i sodalizi mafiosi abbiano una lunga capacità di sopravvivenza; è necessario dimostrare, con elementi concreti, che quel singolo individuo sia ancora legato a tali dinamiche e rappresenti un pericolo attuale per la società.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sul principio inderogabile dell’accertamento in concreto e attuale della pericolosità sociale. L’automatismo applicativo, specialmente in un ambito che incide sulla libertà personale, è incostituzionale. Il giudice della sorveglianza non può limitarsi a recepire acriticamente il giudizio di pericolosità contenuto nella sentenza di condanna, ma deve svolgere una propria autonoma valutazione, tenendo conto di tutti i fatti successivi, sia positivi che negativi.

Il Tribunale, nel caso di specie, non ha affrontato in modo specifico il tema della compatibilità tra la revoca della misura di prevenzione (che presupponeva la cessata pericolosità) e la contestuale applicazione della misura di sicurezza (che presupponeva una pericolosità persistente). Questa contraddizione, non motivata, rappresenta un vizio logico che ha portato all’annullamento dell’ordinanza. La Corte ha quindi rinviato il caso al Tribunale di sorveglianza per un nuovo esame, che dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un importante monito per i giudici della sorveglianza. La valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso che non ammette scorciatoie o presunzioni. Ogni decisione deve essere “individualizzata”, basata su un’istruttoria completa e una motivazione rigorosa che dia conto di tutti gli elementi a disposizione. La gravità del reato commesso è solo il punto di partenza, non il punto di arrivo. Il percorso di una persona, i cambiamenti avvenuti nel tempo e le nuove circostanze fattuali e giuridiche devono essere attentamente ponderati per garantire che le misure limitative della libertà personale siano applicate solo quando strettamente necessario e giustificato da un pericolo concreto e attuale.

L’applicazione di una misura di sicurezza, come la libertà vigilata, può essere automatica dopo una condanna per un reato grave come l’associazione mafiosa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non può esserci alcun automatismo. È sempre necessario un accertamento in concreto della persistente pericolosità sociale del soggetto al momento dell’applicazione della misura, basato su elementi attuali e non su presunzioni legate al tipo di reato.

Cosa significa che la valutazione della pericolosità sociale deve essere “attuale”?
Significa che il giudice non può basarsi solo sulla gravità del reato commesso in passato, ma deve esaminare il comportamento del condannato durante e dopo l’espiazione della pena, e considerare tutti i fatti nuovi (come l’assoluzione di altri coimputati o la revoca di altre misure) per formulare un giudizio sulla probabilità che commetta nuovi reati nel futuro.

Una decisione presa in un procedimento di prevenzione (come la revoca della sorveglianza speciale) ha influenza sul procedimento per l’applicazione di una misura di sicurezza?
Sì. Sebbene i due procedimenti siano autonomi, il giudice che applica la misura di sicurezza non può ignorare gli elementi e le conclusioni raggiunte nell’altro procedimento. Deve valutare tali elementi e spiegare in modo motivato perché, eventualmente, giunge a una conclusione diversa sulla pericolosità sociale della persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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