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Pericolosità sociale: valutazione attuale e concreta

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che prorogava una misura di sicurezza, stabilendo che la valutazione della pericolosità sociale deve essere attuale, concreta e non basata su presunzioni o elementi del passato. Il giudizio del Tribunale di Sorveglianza è stato ritenuto illogico per aver ignorato i progressi del condannato e aver fondato la decisione su una condanna per fatti molto risalenti nel tempo.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione richiede una valutazione attuale e non presuntiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 23950/2024) ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure di sicurezza: la valutazione della pericolosità sociale di un condannato non può basarsi su presunzioni o su fatti ormai lontani nel tempo, ma deve fondarsi su un’analisi concreta e attuale della sua condizione. La Corte ha annullato la decisione del Tribunale di Sorveglianza che aveva prorogato la libertà vigilata a un uomo, giudicando il ragionamento del tribunale manifestamente illogico e contraddittorio.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo, condannato in passato per associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) per fatti risalenti al 2006, al quale era stata applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata. Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli aveva deciso di prorogare tale misura per un altro anno, nonostante l’interessato avesse nel frattempo conseguito un titolo di studio e svolto un’attività lavorativa.

Secondo il Tribunale, questi elementi positivi erano solo “formalmente” indicativi di un cambiamento. La vera prova della rottura con il passato criminale, a detta dei giudici di merito, sarebbe potuta derivare unicamente da una condotta di collaborazione con la giustizia. In assenza di ciò, e basandosi su una precedente condanna per un reato analogo, il Tribunale ha concluso per la persistenza della sua pericolosità sociale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla pericolosità sociale

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’uomo, annullando l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici supremi hanno censurato duramente l’approccio del Tribunale, definendolo viziato da “passaggi argomentativi manifestamente illogici” e “un assurdo logico”.

La Corte ha sottolineato che il giudizio sulla pericolosità sociale deve essere un’analisi complessiva basata su tutte le circostanze indicate dall’art. 133 del codice penale e deve accertare l’effettiva e attuale pericolosità del soggetto, senza poter ricorrere ad alcuna forma di presunzione.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella critica alla logica argomentativa del Tribunale di Sorveglianza. La Corte ha evidenziato due principali vizi:

1. L’illogicità temporale: Il Tribunale ha tentato di dimostrare la persistenza della pericolosità successiva al 2006 utilizzando come prova una condanna per fatti addirittura antecedenti a quella data. La Cassazione ha definito questo passaggio “un assurdo logico”, poiché non si può provare il presente o il futuro con eventi del passato remoto, specialmente in un contesto di valutazione che deve essere attuale.

2. La contraddittorietà e l’assertività: Il Tribunale ha liquidato elementi positivi e concreti – come il conseguimento di un titolo di studio e lo svolgimento di un lavoro – come “atteggiamento solo formalmente indicativo di una svolta”. Anzi, li ha paradossalmente usati per sostenere la permanenza dei legami associativi. La Cassazione ha bollato questa affermazione come contraddittoria e assertiva, in quanto manca un qualsiasi collegamento logico che spieghi come il progresso sociale e lavorativo possa essere sintomo di un persistente legame criminale. È un’affermazione priva di fondamento probatorio.

In sostanza, i giudici di merito hanno ignorato i fatti positivi attuali e si sono basati su presunzioni (la mancata collaborazione) e su un passato remoto (la vecchia condanna) per giustificare la proroga della misura di sicurezza.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza che la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio che guarda al presente. Non può trasformarsi in una condanna a vita basata su etichette o su un passato che il condannato sta cercando di superare con comportamenti concreti e positivi. Il giudice deve analizzare tutti gli elementi disponibili – positivi e negativi – senza pregiudizi e senza ricorrere a scorciatoie logiche o a presunzioni che non trovano riscontro nella legge. L’annullamento con rinvio impone al Tribunale di Sorveglianza di riesaminare il caso, questa volta attenendosi rigorosamente ai criteri normativi e logici, e di fornire una motivazione coerente che spieghi, sulla base di fatti attuali, se e perché l’individuo possa essere ancora considerato un pericolo per la società.

Come deve essere valutata la pericolosità sociale per applicare o prorogare una misura di sicurezza?
La valutazione deve essere basata su un giudizio concreto ed effettivo sull’attualità della pericolosità del condannato. Deve tenere conto di tutte le circostanze indicate dall’art. 133 del codice penale e non può basarsi su alcuna forma di presunzione giuridica.

La mancanza di collaborazione con la giustizia può essere l’unico motivo per ritenere una persona ancora socialmente pericolosa?
No, la sentenza chiarisce che la valutazione non può fondarsi su presunzioni. Sebbene la collaborazione possa essere un elemento, la sua assenza non può, da sola e in modo automatico, portare a un giudizio di persistente pericolosità, specialmente a fronte di altri elementi positivi.

Elementi positivi come lo studio e il lavoro possono essere ignorati nella valutazione della pericolosità sociale?
Assolutamente no. La sentenza critica aspramente il Tribunale per aver considerato tali elementi come “solo formalmente indicativi”. Questi indicatori devono essere apprezzati positivamente e non possono essere svalutati senza una solida e logica motivazione che li colleghi a una persistente pericolosità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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