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Pericolosità sociale straniero: Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la misura di sicurezza dell’espulsione per un cittadino straniero, valutando la sua attuale pericolosità sociale. Nonostante la buona condotta in carcere, la mancanza di un progetto di reinserimento lavorativo e di una rete familiare è stata ritenuta un indice concreto del rischio di recidiva, giustificando la decisione del Tribunale di Sorveglianza.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale Straniero: Quando la Mancanza di Lavoro Giustifica l’Espulsione

La valutazione della pericolosità sociale straniero è un tema complesso che bilancia la sicurezza pubblica con il percorso di rieducazione del condannato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la buona condotta durante la detenzione, da sola, non basta a escludere il rischio di recidiva se manca un concreto progetto di reinserimento sociale e lavorativo. La Corte ha confermato la misura di sicurezza dell’espulsione per un individuo, ritenendo che l’assenza di mezzi leciti di sostentamento e di una rete di supporto familiare costituisca un indice predittivo di futuri reati.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino straniero condannato per reati commessi tra il 2005 e il 2008. Al termine della pena, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna aveva confermato l’eseguibilità della misura di sicurezza dell’espulsione dallo Stato, applicata con una sentenza del 2015. La decisione si basava sulla mancanza di un progetto di reinserimento: l’uomo non aveva un lavoro, né altre fonti lecite di mantenimento, non aveva legami familiari in Italia e, nonostante i permessi-premio goduti, non era riuscito a trovare un’occupazione.

L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici non avessero valutato correttamente la sua attuale pericolosità. A suo dire, la sua condotta carceraria era stata corretta, aveva lavorato all’interno del carcere e aveva ammesso le sue responsabilità. Lamentava, quindi, che la decisione si fondasse su una mera possibilità di commettere nuovi reati e non su una probabilità concreta, ignorando il percorso rieducativo svolto.

L’Analisi della Corte sulla Pericolosità Sociale Straniero

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici supremi hanno chiarito che la valutazione sull’eseguibilità di una misura di sicurezza richiede un accertamento sull’attualità della pericolosità del soggetto. Questo esame deve basarsi sugli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale, con particolare attenzione al comportamento tenuto durante e dopo l’espiazione della pena.

Il Tribunale di Sorveglianza, secondo la Cassazione, ha eseguito correttamente questa valutazione. Se da un lato ha riconosciuto la condotta positiva tenuta in carcere, dall’altro ha evidenziato un fattore cruciale per l’esito negativo dell’accertamento: l’assenza totale di un progetto di reinserimento sociale. La mancanza di un’opportunità lavorativa e di una rete familiare o amicale in grado di sostenere l’individuo una volta libero è stata considerata determinante.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su un ragionamento logico e concreto. La mancanza di mezzi leciti di sostentamento non è un’ipotesi astratta, ma un ‘rilevante indice predittivo’ negativo. Questa condizione, aggravata dall’assenza di riferimenti parentali, rende altamente probabile che un soggetto, trovandosi in stato di indigenza, sia indotto a delinquere nuovamente per procurarsi il necessario per vivere.

La Cassazione ha sottolineato che non si tratta di una mera possibilità, ma di una valutazione basata su elementi concreti e notoriamente idonei a spingere una persona verso la commissione di reati. Inoltre, la Corte ha evidenziato come il mancato reperimento di un lavoro non fosse dovuto a cause esterne, ma a un disinteresse del ricorrente, che non aveva sfruttato i periodi di libertà concessi con i permessi-premio per avviare un percorso concreto di reinserimento.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce che il percorso rieducativo del condannato non può prescindere da un progetto di vita futuro che sia sostenibile e lecito. La buona condotta carceraria è un presupposto importante, ma per superare un giudizio di pericolosità sociale è necessario dimostrare di aver costruito, o almeno avviato, le basi per un reinserimento effettivo nella società. In assenza di un lavoro e di una rete di supporto, il rischio che il soggetto torni a delinquere viene considerato attuale e concreto, giustificando l’applicazione di misure di sicurezza come l’espulsione dal territorio dello Stato.

La buona condotta in carcere è sufficiente a escludere la pericolosità sociale di un condannato?
No. Secondo la sentenza, la buona condotta durante l’espiazione della pena è un elemento positivo ma non è, da sola, sufficiente. Deve essere accompagnata da un concreto progetto di reinserimento sociale, essenzialmente basato sulla capacità di procurarsi lecitamente mezzi di sostentamento.

In che modo la mancanza di lavoro influenza la valutazione della pericolosità sociale straniero?
La mancanza di un’occupazione lecita e di una rete di supporto (familiare o amicale) è considerata un ‘rilevante indice predittivo’ negativo. La Corte ritiene che questa condizione renda concretamente probabile che l’individuo, una volta libero, sia indotto a commettere nuovi reati per mantenersi, confermando così la sua attuale pericolosità sociale.

La valutazione del rischio di recidiva si basa su una mera possibilità o su una probabilità concreta?
La valutazione deve fondarsi su una probabilità concreta. In questo caso, la Corte di Cassazione ha stabilito che la combinazione tra assenza di mezzi di sostentamento e mancanza di riferimenti parentali trasforma il rischio da una mera possibilità a una probabilità concreta e attuale, motivando adeguatamente l’affermazione della pericolosità sociale del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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