Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27377 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27377 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Scilla (RC) il DATA_NASCITA avverso il decreto della Corte di Appello di Reggio Calabria del 12/12/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con decreto in data 14/9/2022, il Tribunale di Reggio Calabria disponeva nei confronti di COGNOME NOME, l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di anni due, sul presupposto della comprovata pericolosità sociale del predetto, appartenente alla categoria di pericolosi generici di cui all’art. 4 lett. c) D.Igs.159/2011, in relazione all’art. 1 lett. b) e lett. c) del medesimo decreto riconducendolo al novero dei soggetti stabilmente dediti alla commissione di delitti produttivi di proventi
illeciti, quanto a quello dei soggetti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica.
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva appello COGNOME NOME, contestando il giudizio di pericolosità sociale e la sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti dalla legge per l’adozione della misura della sorveglianza speciale.
1.2. La Corte di Appello di Caltanissetta rigettava l’appello proposto confermando il decreto impugnato.
GLYPH Ricorre per cassazione COGNOME NOME per mezzo del difensore deducendo nullità del decreto per non avere il Tribunale effettuato una disamina della pericolosità sociale del proposto, all’attualità, non essendo sufficiente il richiamo ai precedenti penali;
2.1. GLYPH nullità del provvedimento per l’omessa GLYPH motivazione sulla inammissibilità della richiesta alla luce dello stato di detenzione del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente va evidenziato che, in tema procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente.
Con riferimento al primo motivo di ricorso concernente l’eccepita omessa motivazione sulla qualità soggettiva di soggetto pericoloso generico del ricorrente, la Corte di appello nel richiamare i molteplici delitti da lui commessi quasi ininterrottamente dal 2013 a 2019, ha evidenziato la natura degli stessi: reati contro il patrimonio ( furto aggravato, ricettazione, rapina ed estorsione) e cioè reati che avevano generato profitti e che, in assenza di altre fonti di reddito, doveva ritenersi costituissero la fonte di sostentamento del ricorrente. A corroborare tale conclusione la Corte di appello, ha significativamente aggiunto le intercettazioni e la vicenda del furto dei cavi della RAGIONE_SOCIALE ( commesso nel
2019) che consentivano di collocare il prevenuto nella categoria dei pericolosi generici ai sensi dell’art. 1 lett. b) D.Ivo 159/2011.
La Corte di appello ha poi valorizzato la commissione, ad opera di COGNOME, di una serie di rapine commesse nell’arco temporale di due anni, ai danni di cacciatori per sottrarre loro fucili e altri beni esplodendo in alcuni casi colpi di arma da fuoco anche al cospetto di minori, il che consentiva di collocare il ricorrente nell’alveo dei pericolosi generici di cui alla lett. c) dell’art. 1 D.Igs. 159/2011.
Emerge quindi dalla semplice lettura del provvedimento impugnato che la Corte di appello ha svolto un attento giudizio sulla pericolosità sociale del prevenuto valorizzando i suoi precedenti penali, unitamente ad altri elementi acquisiti nel procedimento di prevenzione e rappresentati dalle intercettazioni, valutandoli congiuntamente in una prospettiva diversa rispetto a quella a cui è rivolto il processo penale e pervenendo, all’esito, alla formulazione del giudizio di pericolosità sociale.
Le conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici, in primo e secondo grado, risultano pienamente conformi all’orientamento costante di questa Corte, condiviso dal Collegio, che ha teorizzato l’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale; in tal senso il giudice della prevenzione è tenuto ad utilizzare gli elementi costituiti dai precedenti o dalle pendenze giudiziarie del proposto, con il preciso onere di sottoporre i relativi fatti, ivi compresi quelli che hanno dato luogo a pronunce assolutorie, a nuova ed autonoma valutazione, dando atto delle ragioni in virtù delle quali da tali fatti si ritiene di dovere desumere elementi sintomatici per un giudizio di pericolosità sociale (Sez. 6, n. 4668 del 08/01/2013, Rv. 254417; Sez. 5, n. 48090 del 08/10/2019, Rv. 277908; Sez. 2, n. 15704 del 25/01/2023, Rv. 284488).
3.La Corte di appello ha anche vagliato il requisito della attualità della pericolosità sociale posto che in tema di misure di prevenzione personali, la valutazione del requisito di attualità della pericolosità sociale deve essere effettuata per tutte le categorie dei soggetti indicati nell’art. 4 D.Lgs. 159 del 2011, che possono essere assoggettati a misure di prevenzione personali, con la conseguenza che, non essendo ammissibile una presunzione di pericolosità derivante esclusivamente dall’esito di un procedimento penale, è onere del giudice verificare in concreto la persistenza della pericolosità del proposto, specie nel caso in cui sia decorso un apprezzabile periodo di tempo tra l’epoca dell’accertamento in
sede penale e il momento della formulazione del giudizio sulla prevenzione. (Sez. 6, n. 50128 del 11/11/2016, Rv. 268215).
A tali coordinate si è attenuta la Corte di appello che ha ritenuto con motivazione adeguata e aderente ai dati processuali che il decorso del tempo (4 anni) dall’ultimo delitto, fosse un lasso di tempo non congruo a sedare la pericolosità de ricorrente, tenuto conto dell’episodio della rissa avvenuta in carcere dopo il suo arresto a nulla rilevando l’intervenuto stato detentivo e la protrazione della detenzione, in prospettiva, sino al 2031, circostanza che diversamente da quanto sostenuto del ricorrente non rende inammissibile l’applicazione della misura.Questa Corte ha affermato il principio che la misura di prevenzione della “sorveglianza speciale della pubblica sicurezza”, prevista dall’art. 3 legge 27 dicembre 1956 n. 1423, è applicabile anche nei confronti di persona detenuta in espiazione di pena, in quanto, premesso che occorre distinguere tra momento deliberativo e momento esecutivo della misura di prevenzione in questione, l’incompatibilità di questa con lo stato di detenzione del proposto attiene unicamente alla esecuzione della misura, che potrà avere inizio solo quando tale stato venga a cessare, sempre salva la possibilità per il soggetto di chiedere la revoca della misura, ai sensi dell’art. 7 della succitata legge, per l’eventuale venire meno della sua pericolosità in virtù dell’espiazione e dell’incidenza positiva sulla sua personalità della funzione risocializzante della pena (Sez. 6, Sentenza n. 40270 del 27/06/2018, Rv. 273845).
Alla luce di quanto complessivamente esposto deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara Xinammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/4/2024