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Pericolosità sociale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale. Il ricorrente sosteneva la cessazione della sua pericolosità sociale, ma la Corte ha ritenuto che la valutazione dei giudici di merito fosse ben motivata, basata su legami pregressi con la criminalità organizzata e sulla mancanza di prove concrete di un cambiamento di vita, rendendo il ricorso un mero tentativo di riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Non Basta la Buona Condotta per Annullare la Sorveglianza Speciale

Il concetto di pericolosità sociale è un pilastro del nostro sistema di misure di prevenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce con forza i criteri per la sua valutazione e i limiti del sindacato di legittimità. Il caso analizzato riguarda un soggetto che, nonostante un periodo di apparente buona condotta dopo la scarcerazione, si è visto confermare la misura della sorveglianza speciale. Vediamo perché.

I Fatti del Caso

Un individuo, dopo un lungo periodo di detenzione, veniva sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno. Contro tale provvedimento, confermato dalla Corte d’Appello, proponeva ricorso per cassazione. La sua difesa si basava su un punto cruciale: la sua pericolosità sociale non era più attuale. A sostegno di questa tesi, evidenziava il comportamento apparentemente irreprensibile tenuto dal momento della scarcerazione e sosteneva che le valutazioni dei giudici si fondassero su reati ormai lontani nel tempo e su mere congetture, come la mancanza di un’attività lavorativa, attribuita alla difficoltà di trovarne una proprio a causa della misura in atto.

I Limiti del Ricorso in Materia di Prevenzione

La Corte di Cassazione ha innanzitutto chiarito un principio fondamentale del procedimento di prevenzione: il ricorso è ammesso solo per violazione di legge. Questo significa che la Corte non può riesaminare i fatti o valutare la logicità della motivazione, a meno che questa non sia totalmente assente o meramente “apparente”. Una motivazione è apparente quando utilizza formule di stile o argomentazioni talmente generiche da non spiegare il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse, al contrario, approfondita e articolata.

La Valutazione della Pericolosità Sociale Attuale

Il cuore della decisione risiede nel modo in cui è stata valutata l’attualità della pericolosità sociale. I giudici hanno sottolineato che il semplice decorso del tempo o l’assenza di recenti violazioni non sono sufficienti a cancellare un giudizio di pericolosità radicato in un organico e consolidato inserimento in un’associazione di stampo mafioso.

La Corte ha valorizzato diversi elementi:
1. Comportamento in detenzione: Anche in prossimità della scarcerazione, il soggetto si era reso responsabile di comportamenti oltraggiosi e intemperanti, sintomo di una mancata revisione critica del proprio passato.
2. Mancanza di segni di rottura: Dopo la scarcerazione, pur rispettando formalmente le prescrizioni, non aveva compiuto alcun atto concreto per dimostrare un reale allontanamento dal contesto criminale di appartenenza.
3. Inerzia sociale e lavorativa: Non si era iscritto a un centro per l’impiego, non aveva cercato un lavoro né si era dedicato ad attività di volontariato. Questa inerzia è stata interpretata non come una sfortunata conseguenza della misura, ma come un’assenza di volontà di intraprendere un percorso di vita alternativo.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello non era né mancante né apparente. I giudici di merito avevano puntualmente disatteso le argomentazioni difensive, spiegando perché il comportamento del soggetto non fosse sufficiente a dimostrare un affievolimento della pericolosità sociale. Il rispetto delle regole della sorveglianza speciale è un obbligo di legge, un dato “neutro” che non può, da solo, indicare un cambiamento interiore. La persistenza dei legami con l’ambiente criminale, desunta dall’assenza di qualsiasi tentativo di reinserimento sociale e lavorativo, è stata considerata un indicatore decisivo. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato un tentativo di proporre una lettura alternativa dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: per vincere un giudizio di pericolosità sociale, soprattutto se fondato su pregressi legami con la criminalità organizzata, non è sufficiente una condotta passivamente conforme alle norme. È necessario dimostrare, con azioni concrete e positive, un’effettiva e inequivocabile volontà di interrompere ogni legame con il passato criminale e di intraprendere un serio percorso di reinserimento nella società civile. L’inerzia viene interpretata come un segnale di continuità con il precedente stile di vita, giustificando così il mantenimento della misura di prevenzione.

Quando un ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione è ammissibile?
Il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge. Ciò include i vizi di mancanza di motivazione o di motivazione meramente apparente, ma esclude la possibilità di contestare l’illogicità della motivazione o di richiedere una nuova valutazione dei fatti.

Il rispetto delle prescrizioni della sorveglianza speciale è sufficiente a dimostrare la cessata pericolosità sociale?
No. Secondo la Corte, il rispetto delle prescrizioni è un comportamento obbligatorio per legge e rappresenta un dato neutro. Non è, da solo, sufficiente a dimostrare un reale cambiamento di vita o l’interruzione dei legami con l’ambiente criminale di provenienza.

Come viene valutata l’attualità della pericolosità sociale di un soggetto con legami mafiosi?
La valutazione non si basa solo sul decorso del tempo o sull’assenza di recenti reati. Si considerano la solidità dei legami passati, il comportamento tenuto anche durante la detenzione e, soprattutto, l’assenza di concreti elementi positivi che dimostrino un effettivo allontanamento dal contesto criminale e un serio tentativo di reinserimento sociale e lavorativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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