Pericolosità Sociale: Quando un Ricorso è Inammissibile?
La valutazione della pericolosità sociale è un tema centrale nel diritto delle misure di prevenzione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti di ammissibilità di un ricorso avverso un provvedimento che conferma tale pericolosità, sottolineando l’importanza di contestare in modo specifico e non generico le motivazioni del giudice.
I Fatti del Caso
Un soggetto, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, presentava istanza per la revoca della stessa, sostenendo di aver intrapreso un percorso rieducativo e di essersi reinserito nel mondo del lavoro. La Corte d’appello, tuttavia, respingeva la sua richiesta. La decisione si fondava su due elementi principali: un rapporto disciplinare ricevuto durante una precedente detenzione e, soprattutto, una recente denuncia per un grave reato (incendio, ai sensi dell’art. 423 c.p.) commesso mentre il soggetto era già sottoposto a restrizioni.
A giudizio della Corte territoriale, questi elementi erano sufficienti a dimostrare l’attualità e la persistenza della pericolosità sociale dell’individuo, rendendo irrilevante il suo parziale reinserimento lavorativo.
L’Appello e le Doglianze del Ricorrente
L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la sua difesa, la Corte d’appello aveva errato nel non tenere adeguatamente conto del percorso rieducativo compiuto. Inoltre, sosteneva che la valutazione sulla persistente pericolosità sociale fosse stata dedotta unicamente da una denuncia penale che, a suo dire, non aveva ancora portato a un procedimento penale né a un aggravamento della misura, a causa di dubbi sulla sua effettiva responsabilità.
In sostanza, il ricorrente riteneva che la Corte avesse fondato la sua decisione su un elemento ‘labile’ e incerto, trascurando gli aspetti positivi della sua condotta recente.
La Valutazione della Pericolosità Sociale da Parte della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno evidenziato come il ricorrente non si fosse confrontato in modo efficace con le argomentazioni della Corte d’appello. Invece di indicare quali specifici elementi del suo percorso rieducativo fossero stati ingiustamente ignorati, si era limitato a una critica generica.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito era stata logica, approfondita e non contraddittoria. La sopravvenuta denuncia per un reato grave e recente era stata considerata un elemento negativo concreto e decisivo, idoneo a far ritenere persistente la pericolosità sociale. Il fatto che la vicenda dovesse ancora essere approfondita in sede istruttoria non eliminava il fumus commissi delicti, ovvero il fondato sospetto, che il giudice poteva legittimamente porre a fondamento della sua valutazione.
Il ricorso è stato quindi giudicato inammissibile perché, di fatto, si limitava a offrire una personale e diversa valutazione degli elementi (‘labile’) senza evidenziare un reale vizio logico o giuridico nella sentenza impugnata. L’inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del processo di Cassazione: non è sufficiente lamentare un’errata valutazione dei fatti per ottenere l’annullamento di una decisione. È necessario che il ricorso individui un vizio specifico, come una motivazione palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Nel caso di valutazione della pericolosità sociale, un singolo elemento negativo, se grave e recente, può essere legittimamente ritenuto prevalente dal giudice rispetto agli elementi positivi, come l’inserimento lavorativo, per confermare la necessità di una misura di prevenzione.
Una nuova denuncia penale è sufficiente per confermare la pericolosità sociale di un soggetto?
Sì, secondo questa ordinanza, una denuncia per un reato grave commesso in epoca recente costituisce un elemento negativo che il giudice può logicamente e adeguatamente valutare come prova della persistenza e attualità della pericolosità sociale, anche a fronte di un percorso di reinserimento lavorativo.
Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile per genericità?
Un ricorso è considerato generico, e quindi inammissibile, quando si limita a criticare la valutazione del giudice di merito senza specificare quali elementi di prova siano stati trascurati o mal interpretati, e senza confrontarsi puntualmente con la logica argomentativa della decisione impugnata. Definire un elemento di prova come ‘labile’ senza spiegare il perché costituisce una valutazione personale e non un motivo di ricorso.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova di aver agito senza colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9063 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9063 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LOCRI il 18/11/1964
avverso il decreto del 17/09/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro il decreto emesso in data 17 settembre 2024 con cui la Corte di appello di Reggio Calabria, sezione misure di prevenzione, ha respinto l’appello da lui proposto avverso il rigetto dell’istanza di revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale a lui applicata in data 16/11/2022, per la durata di un anno e sei mesi, poi ridotta ad un anno, ritenendo provata l’attualità della sua pericolosità sociale dall’avere ricevuto un rapporto disciplinare in data 07/09/2021, durante la sua detenzione nella casa circondariale “INDIRIZZO” di Reggio Calabria e, soprattutto, dall’essere stato denunciato per il reato di cui all’ad 423 cod. pen. commesso il 09/09/2023;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e la carenza e illogicità della motivazione del decreto impugnato, per non avere la Corte di appello, nel valutare la sua attuale pericolosità sociale, tenuto conto del percorso rieducativo compiuto, limitandosi a citare il suo inserimento nel circuito lavorativo, e deducendo invece tale pericolosità dall’unico elemento della denuncia per un reato di danneggiamento, verificatosi nel periodo in cui egli era ristretto presso la sua abitazione, che peraltro non ha dato luogo all’aggravamento della misura di prevenzione, né ad un procedimento penale, per i dubbi sussistenti in merito alla sua responsabilità;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, in quanto deduce l’omessa valutazione del percorso rieducativo intrapreso, senza indicare quali elementi la Corte di appello abbia pretermesso, dal momento che ha tenuto conto dello svolgimento di attività lavorativa da parte del ricorrente, e lamenta un vizio di motivazione palesemente insussistente, avendo la Corte di appello valutato in modo approfondito, logico e non contraddittorio l’elemento negativo costituito dalla sopravvenuta denuncia per un grave delitto commesso in epoca recente, respingendo le ragioni addotte dal ricorrente per sostenere l’infondatezza di tale denuncia, e peraltro ricordando che la vicenda dovrà essere verificata con i dovuti approfondimenti istruttori;
ritenuto, inoltre, che il ricorso sia inammissibile perché, di fatto, non si confronta con il contenuto del decreto, quanto alla sussistenza di un fumus di concorso del ricorrente nella commissione di detto reato, idoneo per ribadire la valutazione di persistenza ed attualità della pericolosità sociale del medesimo,
ma continua a descrivere l’elemento negativo costituito dalla denuncia come “labile”, senza neppure precisare le ragioni di tale sua personale valutazione;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, per la sua aspecificità e per non avere evidenziato alcun effettivo vizio motivazionale del decreto impugnato, e che pertanto il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente