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Pericolosità sociale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per associazione mafiosa, confermando la sua pericolosità sociale e la misura della libertà vigilata. La decisione si basa sui gravi precedenti, sui legami persistenti con il clan e sull’assenza di un’attività lavorativa, ritenendo l’appello una mera richiesta di riesame del merito.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Quando il Passato Criminale Giustifica la Libertà Vigilata

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un tema centrale nel diritto penale: la valutazione della pericolosità sociale di un individuo già condannato e le condizioni per l’applicazione di una misura di sicurezza come la libertà vigilata. Il caso riguarda un soggetto con gravi precedenti per associazione di tipo mafioso, il cui ricorso contro la misura è stato dichiarato inammissibile. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i criteri con cui i giudici valutano la persistenza del rischio di recidiva.

I Fatti del Caso

Il ricorrente si era opposto a un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che confermava la sua pericolosità sociale e, di conseguenza, la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno. La decisione del Tribunale si basava su una precedente valutazione del Magistrato di Sorveglianza. L’individuo, condannato in passato per il grave reato di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), contestava la valutazione dei giudici, ritenendola ingiusta e immotivata.

Il ricorso presentato in Cassazione lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che il Tribunale di Sorveglianza non avesse correttamente ponderato gli elementi a sua disposizione.

La Valutazione della pericolosità sociale in Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Secondo gli Ermellini, il provvedimento impugnato era sorretto da una motivazione adeguata e priva di vizi logici. Il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente respinto l’appello, confermando la valutazione di persistente pericolosità sociale.

La Corte ha sottolineato che il ricorso del condannato non mirava a far emergere reali vizi di legittimità, ma si risolveva in una richiesta di una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione. Il giudizio di merito, se logicamente motivato, non può essere rimesso in discussione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha validato il ragionamento del Tribunale di Sorveglianza, che aveva basato il suo giudizio su una serie di elementi concreti e convergenti. La valutazione della pericolosità sociale non può limitarsi alla sola gravità dei reati commessi in passato, ma deve considerare anche la condotta tenuta durante e dopo l’espiazione della pena.

Nel caso specifico, i fattori decisivi sono stati:

1. Gravi precedenti penali: La condanna per partecipazione a un’associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.) è un indice di particolare rilievo.
2. Intraneità all’associazione: La persistenza dei legami con l’ambiente criminale di appartenenza è stata considerata un fattore di rischio attuale.
3. Assenza di attività lavorativa: La mancanza di un percorso di reinserimento sociale e lavorativo è stata interpretata come un elemento negativo.
4. Rientro nel territorio del clan: La scelta di tornare a vivere nel medesimo contesto territoriale del clan di appartenenza è stata vista come un indicatore della continuità del vincolo associativo.

Il Tribunale di Sorveglianza ha svolto un ragionamento coerente, e il tentativo del ricorrente di sollecitarne una revisione nel merito è stato giudicato inammissibile. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato: la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso che spetta al giudice di merito, il quale deve tenere conto di una pluralità di fattori, sia passati che attuali. La Corte di Cassazione interviene solo per verificare la correttezza logica e giuridica del ragionamento, senza poter sostituire la propria valutazione a quella del giudice inferiore. Per chi è sottoposto a misure di sicurezza, ciò significa che la prova di un effettivo e radicale cambiamento di vita, supportato da elementi concreti come un lavoro stabile e un allontanamento dagli ambienti criminali, è fondamentale per ottenere la revoca della misura.

Quali criteri vengono usati per valutare la persistenza della pericolosità sociale?
La valutazione non si basa solo sulla gravità dei reati commessi, ma anche su elementi successivi come il comportamento tenuto durante e dopo l’espiazione della pena, la presenza di un’attività lavorativa, i legami attuali con ambienti criminali e il contesto territoriale in cui il soggetto vive.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti logici della motivazione), mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti di merito, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Cosa comporta la conferma della pericolosità sociale nel caso specifico?
La conferma della pericolosità sociale ha comportato il mantenimento della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno, oltre alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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