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Pericolosità sociale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato avverso il diniego di misure alternative alla detenzione. La decisione si fonda sulla corretta valutazione della sua pericolosità sociale da parte del Tribunale di Sorveglianza, basata su precedenti penali e recenti denunce, e sul fatto che il ricorso sollevava questioni di merito non ammissibili in sede di legittimità.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione Conferma il ‘No’ alle Misure Alternative

La valutazione della pericolosità sociale di un condannato è un elemento cruciale nel decidere sulla concessione di misure alternative alla detenzione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità su tale valutazione, dichiarando inammissibile un ricorso che tentava di rimettere in discussione il merito delle prove. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato a una pena residua di otto mesi di reclusione per un reato previsto dal codice antimafia, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere una misura alternativa alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare o la semilibertà.

Il Tribunale di Sorveglianza rigettava la richiesta. La decisione si basava su un quadro indiziario che delineava una spiccata pericolosità sociale del soggetto. Nello specifico, i giudici avevano considerato non solo i numerosi pregiudizi penali, ma anche recenti condanne, una nuova ordinanza di custodia cautelare e le informative di polizia che lo segnalavano come persona socialmente pericolosa. Secondo il Tribunale, questi elementi impedivano di formulare un giudizio prognostico favorevole circa il suo reinserimento sociale attraverso una misura alternativa.

Il Ricorso in Cassazione e la Valutazione della Pericolosità Sociale

Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, il condannato proponeva ricorso per cassazione tramite il suo difensore. La tesi difensiva sosteneva che il provvedimento impugnato non fosse fondato su “fatti e prove certe, sufficienti per poter ritenere il soggetto portatore di pericolosità sociale“. In sostanza, si contestava la valutazione di merito compiuta dal giudice di sorveglianza.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Corte non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione dell’inammissibilità si articola su due punti principali.

In primo luogo, la censura mossa dal ricorrente era una mera “doglianza in fatto”. Criticare la sufficienza delle prove per affermare la pericolosità sociale significa chiedere alla Cassazione un nuovo giudizio sul materiale probatorio, un compito che esula dalle sue funzioni.

In secondo luogo, la Corte ha osservato che il ricorso si limitava a riproporre, in modo pedissequo, argomenti già esaminati e motivatamente respinti dal Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo, con un percorso logico-giuridico corretto e privo di contraddizioni, aveva ampiamente giustificato il proprio convincimento, sottolineando i numerosi precedenti penali e le recenti denunce a carico del condannato. A fronte di questo solido apparato motivazionale, le argomentazioni del ricorrente sono state giudicate assertive e apodittiche, incapaci di scalfire la coerenza logica della decisione impugnata.

Conclusioni

La decisione ribadisce che la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio di merito, demandato al Tribunale di Sorveglianza, che deve essere supportato da una motivazione congrua e logica basata su elementi concreti. Un ricorso in Cassazione che non denunci vizi di legittimità (come violazioni di legge o manifesta illogicità della motivazione), ma che si limiti a contestare l’apprezzamento delle prove, è destinato all’inammissibilità. La conseguenza, come in questo caso, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando la definitività del provvedimento che nega l’accesso alle misure alternative.

Per quale motivo è stata negata la misura alternativa in primo grado?
La richiesta è stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza perché il soggetto è stato ritenuto socialmente pericoloso, sulla base di numerosi pregiudizi penali, recenti condanne, un’ordinanza di custodia cautelare e informative di polizia.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché la contestazione del ricorrente riguardava il merito della valutazione delle prove sulla sua pericolosità sociale, una questione di fatto non riesaminabile in sede di legittimità, dove si giudicano solo le violazioni di legge.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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