Pericolosità Sociale: Quando il Passato Recente Pesa più della Buona Condotta
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un’importante lezione sulla valutazione della pericolosità sociale di un condannato. Il caso dimostra come elementi recenti e negativi possano prevalere su un percorso di riabilitazione intrapreso durante la detenzione, specialmente se il ricorso presentato è generico e non affronta i punti cruciali della decisione del giudice di merito.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato per associazione a delinquere per fatti commessi tra il 2006 e il 2011, si è visto respingere la richiesta di revoca della valutazione di pericolosità da parte del Tribunale di Sorveglianza. L’uomo ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basando le sue argomentazioni su elementi positivi maturati durante la carcerazione: la buona condotta, il lavoro svolto, il diploma conseguito e gli studi universitari in corso.
Tuttavia, il quadro presentato al giudice era più complesso. L’ordinanza impugnata aveva evidenziato che, poco prima di iniziare a scontare la pena per l’associazione a delinquere, nel 2016, l’individuo era stato arrestato in flagranza per un reato di spaccio di stupefacenti e, nello stesso periodo, era stato visto in compagnia di soggetti con precedenti penali.
La Valutazione della Pericolosità Sociale da parte della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero aspecifici, in quanto non si confrontavano adeguatamente con la motivazione del Tribunale di Sorveglianza. Il ricorrente si era concentrato sulla sua vecchia condanna, sostenendo la mancanza di prove sull’attuale esistenza della ‘cosca’ di appartenenza, ma aveva ignorato completamente i fatti più recenti e gravi del 2016.
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la prognosi sulla pericolosità sociale non si limita a un singolo reato, ma valuta il rischio complessivo di recidiva per qualsiasi tipo di reato. Pertanto, l’arresto per spaccio e la frequentazione di pregiudicati erano elementi centrali e indicativi di una mancata rottura con gli ambienti criminali.
Gli Elementi Positivi non Bastano
Il percorso riabilitativo intrapreso in carcere (buona condotta, studio, lavoro) è stato considerato dal Tribunale di Sorveglianza, ma giudicato, in modo non illogico, insufficiente a fondare un giudizio di cessata pericolosità. Questi elementi positivi sono stati ritenuti subvalenti rispetto all’evidenza di una continuità con il mondo criminale, manifestatasi fino a poco prima dell’inizio della detenzione. In sostanza, il ricorso chiedeva alla Cassazione una rivalutazione dei fatti, compito che non le spetta, invece di evidenziare un errore di diritto nella decisione del Tribunale.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Cassazione si fondano su tre pilastri:
1. Censure Generiche: Il ricorso riproponeva argomenti già vagliati e respinti, senza contestare specificamente le ragioni del Tribunale di Sorveglianza basate sui fatti del 2016.
2. Visione Ampia della Pericolosità: La valutazione non può essere legata solo al reato di associazione, ma deve considerare ogni altro comportamento che segnali un pericolo di commettere nuovi reati.
3. Logicità della Decisione Impugnata: Il Tribunale di Sorveglianza aveva compiuto una valutazione logica e completa, bilanciando gli elementi positivi (condotta carceraria) e quelli negativi (fatti del 2016), dando a questi ultimi un peso preponderante.
Le Conclusioni
La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso e attuale, che non può ignorare le condotte più recenti del soggetto. La buona condotta in carcere è un elemento fondamentale per il reinserimento, ma non può cancellare, da sola, prove concrete di una persistente inclinazione a delinquere manifestatasi fino a poco prima dell’inizio della pena.
La buona condotta in carcere è sufficiente a dimostrare la cessata pericolosità sociale?
No, non necessariamente. Secondo questa ordinanza, la buona condotta, lo studio e il lavoro durante la detenzione sono elementi positivi, ma possono essere considerati insufficienti se esistono prove concrete e recenti, come un arresto per un altro reato, che dimostrano la persistenza di legami con ambienti criminali.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto aspecifico. Non si confrontava con la motivazione centrale dell’ordinanza impugnata, ovvero l’arresto e le frequentazioni del 2016, limitandosi a riproporre censure già respinte e chiedendo una rivalutazione dei fatti, che non è consentita in sede di legittimità.
La valutazione della pericolosità sociale riguarda solo il reato per cui si è stati condannati?
No. La Corte ha chiarito che la prognosi di pericolosità ha un carattere generale e non si riferisce al pericolo di commettere uno specifico reato, bensì al rischio di recidiva in relazione a qualsiasi fatto previsto dalla legge come reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10520 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10520 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CHIARAVALLE CENTRALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che il ricorso è presentato per motivi non consentiti in sede di legittimità in qu
in parte essi riproducono censure già adeguatamente vagliate e disattese dal giudice del merito, in particolare l’argomento proposto in ricorso circa la mancanza di accertamenti sul attuale esistenza della cosca cui il ricorrente è stato giudizialmente riconosciuto esser associato, su cui la ordinanza impugnata ha risposto a pag. 3 della motivazione che l formulazione della prognosi di pericolosità non ha riguardo ad uno specifico reato ma al perico di recidiva in relazione a qualunque fatto previsto dalla legge come reato, osservazione no adeguatamente contrastata in ricorso;
in parte essi sono affetti dal vizio di aspecificità dei motivi di impugnazione, p deducono che il ricorrente è stato condannato per un reato (art. 416-bis cod. pen.) contestat come commesso tra il 2006 ed il 2011, ma non si confrontano con la motivazione della ordinanza impugnata che evidenzia che il ricorrente è stato successivamente arrestato in flagranza per i reato di cui all’art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso nel 2016, quindi appena pri dell’inizio della carcerazione per espiare la pena per la condanna per associazione a delinquer e che sempre nel 2016 era stato controllato con soggetti pregiudicati;
in parte sono volti a prefigurare una rivalutazione degli elementi a disposizione Tribunale di sorveglianza per formulare il giudizio di attuale pericolosità del condannato, at che il ricorso evidenzia a sostegno del giudizio di non pericolosità elementi (la corretta con carceraria, il lavoro in istituto, il diploma conseguito, gli studi ancora in corso, la conc della liberazione anticipata) che il Tribunale ha ritenuto in modo non illogico insuffic fondare un giudizio di avvenuto distacco dagli ambienti criminali, e subvalenti rispe all’accertamento della commissione di un reato, e dell’esistenza di rapporti con ambien criminali, non solo per il lungo periodo tra il 2006 ed il 2011 in cui il ricorrente è stato responsabile di partecipazione all’associazione a delinquere, ma anche pochi mesi prima dell’inizio della espiazione della pena, la cui cessazione ha comportato l’apertura procedimento per l’accertamento della attuale pericolosità ex art. 208 cod. pen.;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.