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Pericolosità sociale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato contro la valutazione della sua pericolosità sociale. La Corte sottolinea che la buona condotta in carcere non è sufficiente se il ricorso ignora fatti cruciali più recenti, come un arresto per un altro reato avvenuto poco prima dell’inizio della detenzione, che dimostrano la persistenza di legami con ambienti criminali.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Quando il Passato Recente Pesa più della Buona Condotta

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un’importante lezione sulla valutazione della pericolosità sociale di un condannato. Il caso dimostra come elementi recenti e negativi possano prevalere su un percorso di riabilitazione intrapreso durante la detenzione, specialmente se il ricorso presentato è generico e non affronta i punti cruciali della decisione del giudice di merito.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato per associazione a delinquere per fatti commessi tra il 2006 e il 2011, si è visto respingere la richiesta di revoca della valutazione di pericolosità da parte del Tribunale di Sorveglianza. L’uomo ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basando le sue argomentazioni su elementi positivi maturati durante la carcerazione: la buona condotta, il lavoro svolto, il diploma conseguito e gli studi universitari in corso.

Tuttavia, il quadro presentato al giudice era più complesso. L’ordinanza impugnata aveva evidenziato che, poco prima di iniziare a scontare la pena per l’associazione a delinquere, nel 2016, l’individuo era stato arrestato in flagranza per un reato di spaccio di stupefacenti e, nello stesso periodo, era stato visto in compagnia di soggetti con precedenti penali.

La Valutazione della Pericolosità Sociale da parte della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero aspecifici, in quanto non si confrontavano adeguatamente con la motivazione del Tribunale di Sorveglianza. Il ricorrente si era concentrato sulla sua vecchia condanna, sostenendo la mancanza di prove sull’attuale esistenza della ‘cosca’ di appartenenza, ma aveva ignorato completamente i fatti più recenti e gravi del 2016.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la prognosi sulla pericolosità sociale non si limita a un singolo reato, ma valuta il rischio complessivo di recidiva per qualsiasi tipo di reato. Pertanto, l’arresto per spaccio e la frequentazione di pregiudicati erano elementi centrali e indicativi di una mancata rottura con gli ambienti criminali.

Gli Elementi Positivi non Bastano

Il percorso riabilitativo intrapreso in carcere (buona condotta, studio, lavoro) è stato considerato dal Tribunale di Sorveglianza, ma giudicato, in modo non illogico, insufficiente a fondare un giudizio di cessata pericolosità. Questi elementi positivi sono stati ritenuti subvalenti rispetto all’evidenza di una continuità con il mondo criminale, manifestatasi fino a poco prima dell’inizio della detenzione. In sostanza, il ricorso chiedeva alla Cassazione una rivalutazione dei fatti, compito che non le spetta, invece di evidenziare un errore di diritto nella decisione del Tribunale.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Cassazione si fondano su tre pilastri:
1. Censure Generiche: Il ricorso riproponeva argomenti già vagliati e respinti, senza contestare specificamente le ragioni del Tribunale di Sorveglianza basate sui fatti del 2016.
2. Visione Ampia della Pericolosità: La valutazione non può essere legata solo al reato di associazione, ma deve considerare ogni altro comportamento che segnali un pericolo di commettere nuovi reati.
3. Logicità della Decisione Impugnata: Il Tribunale di Sorveglianza aveva compiuto una valutazione logica e completa, bilanciando gli elementi positivi (condotta carceraria) e quelli negativi (fatti del 2016), dando a questi ultimi un peso preponderante.

Le Conclusioni

La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso e attuale, che non può ignorare le condotte più recenti del soggetto. La buona condotta in carcere è un elemento fondamentale per il reinserimento, ma non può cancellare, da sola, prove concrete di una persistente inclinazione a delinquere manifestatasi fino a poco prima dell’inizio della pena.

La buona condotta in carcere è sufficiente a dimostrare la cessata pericolosità sociale?
No, non necessariamente. Secondo questa ordinanza, la buona condotta, lo studio e il lavoro durante la detenzione sono elementi positivi, ma possono essere considerati insufficienti se esistono prove concrete e recenti, come un arresto per un altro reato, che dimostrano la persistenza di legami con ambienti criminali.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto aspecifico. Non si confrontava con la motivazione centrale dell’ordinanza impugnata, ovvero l’arresto e le frequentazioni del 2016, limitandosi a riproporre censure già respinte e chiedendo una rivalutazione dei fatti, che non è consentita in sede di legittimità.

La valutazione della pericolosità sociale riguarda solo il reato per cui si è stati condannati?
No. La Corte ha chiarito che la prognosi di pericolosità ha un carattere generale e non si riferisce al pericolo di commettere uno specifico reato, bensì al rischio di recidiva in relazione a qualsiasi fatto previsto dalla legge come reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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