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Pericolosità sociale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La decisione si fonda sulla comprovata pericolosità sociale del soggetto, che aveva commesso una rapina aggravata mentre era in affidamento in prova. La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse una mera richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e ha confermato la logicità della decisione impugnata, che sottolineava l’incapacità del condannato di evitare la recidiva.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Recidiva: Quando il Ricorso è Inammissibile

L’ordinanza n. 3238/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso di legittimità, specialmente quando al centro della discussione vi è la valutazione della pericolosità sociale del condannato. Con questa decisione, la Suprema Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza che aveva negato una misura alternativa a un soggetto ritenuto ancora incline a delinquere.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo che, dopo aver scontato oltre dieci anni di reclusione, era stato ammesso alla misura dell’affidamento in prova. Durante questo periodo, che avrebbe dovuto rappresentare il culmine del suo percorso di reinserimento, l’uomo ha commesso un altro grave reato: una rapina aggravata. A seguito di questo nuovo crimine, è stato nuovamente detenuto.

Il Tribunale di Sorveglianza, chiamato a valutare la sua posizione, ha rigettato la richiesta di concessione di una nuova misura alternativa. La motivazione del Tribunale era chiara: la fiducia accordata in precedenza, prima con i permessi premio e poi con l’affidamento, non aveva impedito al soggetto di tornare a delinquere. Il breve lasso di tempo trascorso dalla nuova detenzione non è stato ritenuto sufficiente a far maturare in lui la consapevolezza necessaria per evitare future ricadute.

La Decisione della Cassazione sulla Pericolosità Sociale

Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, il condannato ha proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte, tuttavia, lo ha dichiarato inammissibile. Il motivo principale risiede nella natura stessa del ricorso: esso non sollevava questioni di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma si limitava a contestare nel merito la valutazione del Tribunale, chiedendo di fatto una nuova analisi degli elementi fattuali. Questo tipo di rivalutazione, come noto, è preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha definito il motivo del ricorso come ‘manifestamente infondato, aspecifico, oltre che finalizzato ad una rivalutazione di elementi fattuali non consentita’. In altre parole, il ricorrente non ha evidenziato vizi giuridici o illogicità manifeste nel ragionamento del giudice di sorveglianza, ma ha semplicemente tentato di offrire una diversa interpretazione della sua situazione.

Le argomentazioni del Tribunale di Sorveglianza sono state invece considerate scevre da vizi e del tutto logiche. Esse si basavano su un dato dirimente e inequivocabile: l’elevata pericolosità sociale del soggetto, dimostrata plasticamente dalla commissione di un grave reato proprio mentre beneficiava di una misura alternativa. La Corte ha sottolineato come la condotta del ricorrente avesse tradito la fiducia concessagli, rendendo la sua richiesta di una nuova misura infondata.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Un ricorso che mira a contestare la valutazione sulla pericolosità sociale di un individuo, se questa è supportata da motivazioni logiche e da elementi concreti come la recidiva specifica, è destinato all’inammissibilità. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata su un’analisi concreta del comportamento del condannato, non può essere messa in discussione se non per palesi vizi di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a sanzione di un ricorso temerario.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla pericolosità sociale fatta dal Tribunale di Sorveglianza?
No, non è possibile se la contestazione mira a una semplice rivalutazione dei fatti. Il ricorso in Cassazione è ammesso solo per vizi di legittimità, cioè per violazioni di legge o per motivazioni manifestamente illogiche, ma non per riesaminare il merito della valutazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato, aspecifico e finalizzato a una rivalutazione di elementi fattuali. Il ricorrente si è limitato a contestare le conclusioni del Tribunale senza individuare specifici vizi giuridici nel suo ragionamento.

Quale fatto è stato considerato decisivo per giudicare il ricorrente socialmente pericoloso?
Il fatto decisivo è stata la commissione di un nuovo grave reato (rapina aggravata) durante il periodo in cui il ricorrente era sottoposto alla misura alternativa dell’affidamento in prova, dopo una lunga detenzione. Questo ha dimostrato, secondo i giudici, la sua incapacità di astenersi dal commettere ulteriori reati e quindi la sua persistente pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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