Pericolosità Sociale e Recidiva: Quando il Ricorso è Inammissibile
L’ordinanza n. 3238/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso di legittimità, specialmente quando al centro della discussione vi è la valutazione della pericolosità sociale del condannato. Con questa decisione, la Suprema Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza che aveva negato una misura alternativa a un soggetto ritenuto ancora incline a delinquere.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un uomo che, dopo aver scontato oltre dieci anni di reclusione, era stato ammesso alla misura dell’affidamento in prova. Durante questo periodo, che avrebbe dovuto rappresentare il culmine del suo percorso di reinserimento, l’uomo ha commesso un altro grave reato: una rapina aggravata. A seguito di questo nuovo crimine, è stato nuovamente detenuto.
Il Tribunale di Sorveglianza, chiamato a valutare la sua posizione, ha rigettato la richiesta di concessione di una nuova misura alternativa. La motivazione del Tribunale era chiara: la fiducia accordata in precedenza, prima con i permessi premio e poi con l’affidamento, non aveva impedito al soggetto di tornare a delinquere. Il breve lasso di tempo trascorso dalla nuova detenzione non è stato ritenuto sufficiente a far maturare in lui la consapevolezza necessaria per evitare future ricadute.
La Decisione della Cassazione sulla Pericolosità Sociale
Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, il condannato ha proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte, tuttavia, lo ha dichiarato inammissibile. Il motivo principale risiede nella natura stessa del ricorso: esso non sollevava questioni di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma si limitava a contestare nel merito la valutazione del Tribunale, chiedendo di fatto una nuova analisi degli elementi fattuali. Questo tipo di rivalutazione, come noto, è preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha definito il motivo del ricorso come ‘manifestamente infondato, aspecifico, oltre che finalizzato ad una rivalutazione di elementi fattuali non consentita’. In altre parole, il ricorrente non ha evidenziato vizi giuridici o illogicità manifeste nel ragionamento del giudice di sorveglianza, ma ha semplicemente tentato di offrire una diversa interpretazione della sua situazione.
Le argomentazioni del Tribunale di Sorveglianza sono state invece considerate scevre da vizi e del tutto logiche. Esse si basavano su un dato dirimente e inequivocabile: l’elevata pericolosità sociale del soggetto, dimostrata plasticamente dalla commissione di un grave reato proprio mentre beneficiava di una misura alternativa. La Corte ha sottolineato come la condotta del ricorrente avesse tradito la fiducia concessagli, rendendo la sua richiesta di una nuova misura infondata.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Un ricorso che mira a contestare la valutazione sulla pericolosità sociale di un individuo, se questa è supportata da motivazioni logiche e da elementi concreti come la recidiva specifica, è destinato all’inammissibilità. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata su un’analisi concreta del comportamento del condannato, non può essere messa in discussione se non per palesi vizi di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a sanzione di un ricorso temerario.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla pericolosità sociale fatta dal Tribunale di Sorveglianza?
No, non è possibile se la contestazione mira a una semplice rivalutazione dei fatti. Il ricorso in Cassazione è ammesso solo per vizi di legittimità, cioè per violazioni di legge o per motivazioni manifestamente illogiche, ma non per riesaminare il merito della valutazione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato, aspecifico e finalizzato a una rivalutazione di elementi fattuali. Il ricorrente si è limitato a contestare le conclusioni del Tribunale senza individuare specifici vizi giuridici nel suo ragionamento.
Quale fatto è stato considerato decisivo per giudicare il ricorrente socialmente pericoloso?
Il fatto decisivo è stata la commissione di un nuovo grave reato (rapina aggravata) durante il periodo in cui il ricorrente era sottoposto alla misura alternativa dell’affidamento in prova, dopo una lunga detenzione. Questo ha dimostrato, secondo i giudici, la sua incapacità di astenersi dal commettere ulteriori reati e quindi la sua persistente pericolosità sociale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3238 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3238 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PIACENTE NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
ritenuto che l’unico motivo dedotto nel ricorso è manifestamente infondato, aspecifico, oltre che finalizzato ad una rivalutazione di elementi fattuali non consentita in questa sede: il Tribunale ha infatti evidenziato che il COGNOME, dopo una restrizione di oltre 10 anni, ha commesso il fatto (rapina aggravata) ora in esecuzione nel periodo di sottoposizione all’affidamento in prova; ha quindi argomentato come la fiducia concessagli dapprima con permessi premio e poi con l’affidamento in prova non gli ha impedito di tornare a delinquere commettendo l’ulteriore episodio di rapina; il Tribunale ha quindi concluso che il breve tempo decorso dalla detenzione oggi in esecuzione (2 maggio 2022) non può ;
osservato che, a fronte di dette argomentazioni non manifestamente illogiche e scevre da vizi giuridici, che fanno leva principalmente sul dato dirimente della pericolosità di COGNOME, il ricorrente si limita a contestarle e a sollecitare una rivalutazione, non consentita, dei presupposti della concessione della misura alternativa;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro 3.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023.