Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21653 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21653 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Melito di Porto Salvo il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 16/06/2023 della Corte di appello di Reggio Calabria
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.COGNOME NOME ricorre avverso il decreto emesso dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, in data 16 giugno 2023, che ha rigettato il ricorso e confermato il decreto emesso dal Tribunale di Reggio Calabria in data 10 novembre 2021, con il quale era stata applicata al predetto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni quattro, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.
2.11 ricorrente deduce, come unico motivo, la violazione di legge, anche processuale, in relazione all’art. 4 del d.lgs. n. 159/2011.
Il decreto si limita a valorizzare i carichi pendenti del ricorrente senza considerare l’epoca di verificazione delle condotte: le vicende attenzionate nell’ambito del procedimento cosiddetto “RAGIONE_SOCIALE” si attestano in epoca assai risalente, ossia al 2011, mentre gli esiti investigativi compendiati nel procedimento cosiddetto “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” risalgono al 2016 e non stigmatizzano, peraltro, una condotta di partecipazione ex art. 416-bis cod. pen. Emerge, dunque, la sussistenza di un evidente iato temporale tra il momento della verificazione delle condotte e il momento dell’odierno giudizio. E non si tratta soltanto di un lasso temporale di tenore neutro. Durante tale periodo, infatti, il ricorrente pativa un considerevole periodo detentivo, dando prova di una attiva volontà di reinserimento. COGNOME ha, infatti, intrapreso un percorso di studio poi culminato nel conseguimento della laurea e nel successivo accesso a un master di primo livello. Si era, comunque, data prova dell’attività lavorativa svolta dal ricorrente durante il periodo attenzionato.
A fronte di tali rilievi, il decreto impugnato pretende di valorizzare, in chiav di conferma del giudizio di pericolosità sociale del proposto, quella che viene ricostruita sotto il profilo interpretativo come una presunzione semplice di attualità della pericolosità, senza analizzare, come richiesto dalla giurisprudenza, tutti gli indicatori comportamentali successivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2.La Corte di Appello ha evidenziato come il proposto, dopo aver scontato la detenzione carceraria in relazione a condanna per associazione mafiosa, avesse proseguito nello svolgere un ruolo di primo piano nella cosca imperante sul territorio di Reggio Calabria, indicando, in particolare, la condanna (confermata in appello) per il delitto di estorsione aggravata dal metodo mafioso nell’ambito dell’operazione “RAGIONE_SOCIALE“, commessa dal 2002 al 2011, gli esiti dell’indagine “RAGIONE_SOCIALE“, conclusasi con l’emissione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del proposto, imputato nel relativo procedimento per il delitto di estorsione consumata pluriaggravata commessa tra il 2015 ed il 2018, e per un ulteriore episodio di tentata estorsione risalente al 2016.
Sulla base di tali elementi la Corte territoriale, confermando il decreto emesso dal Tribunale, ha ritenuto sussistente la pericolosità qualificata, ai sensi sia della lettera b), sia della lettera a) dell’art. 4 del d.lgs. 159/2011, in presenza
di gravi indizi della commissione di reati-fine, manifestazione del programma associativo mafioso della cosca, dell’assunzione di un ruolo centrale da parte del proposto, presentato dagli altri sodali quale “capo della famiglia”, in occasione della realizzazione di alcune condotte, della diretta esternazione del potere intimidatorio della cosca.
La Corte di Appello ha, inoltre, ritenuto sussistente l’attualità del pericolosità, in ragione, in particolare, della vicinanza nel tempo delle condotte indicate.
2.1.0rbene, come ribadito da questa Corte, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso – con scelta ritenuta non irragionevole da Corte cost. n. 321 del 2004 e n. 106 del 2015 – soltanto per violazione di legge, giusta il disposto degli artt. 10, comma 3, e 27, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità mani di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dall’art. 10, comma 8, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente, che ricorre anche «quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio» (Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 270080), mentre il travisamento della prova rileva, soio qualora abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo totalmente erroneo (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279435 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2.In detta prospettiva, oltre ad essere esclusi i vizi tipici concernenti tenuta logica del discorso giustificativo, è improponibile, sotto forma di violazione di legge, anche la mancata considerazione di prospettazioni difensive, quando le stesse, in realtà, siano state prese in considerazione dal giudice o risultino assorbite dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato o comunque non siano potenzialmente decisive ai fini della pronuncia sul punto attinto dal ricorso.
2.3.Nel caso in esame, la Corte territoriale attraverso un percorso argomentativo congruo e coerente – anche con richiamo ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di “appartenenza” al sodalizio mafioso -, ha evidenziato gli elementi posti a fondamento della ritenuta pericolosità – con riferimento, in particolare, allo svolgimento da parte del proposto di compìti essenziali agli interessi dell’associazione mafiosa, ed alla piena collocazione dello
stesso nell’organigramma criminale -, nonché, al di là della presunzione semplice, della ritenuta attualità della pericolosità.
La motivazione espressa nel decreto impugnato appare immune da vizi di ordine logico-giuridico, come tale incensurabile in sede di legittimità.
2.4.Quanto al profilo dell’attualità, occorre ribadire che, ai fi dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso è necessario accertare il requisito della “attualità” della pericolosità del proposto, sicché, fronte di elementi positivi denotanti l’abbandono di logiche criminali di appartenenza all’associazione, l’applicazione della misura nei confronti di soggetti già detenuti per lunghi periodi temporali non può essere fondata sulla presunzione di permanenza desunta dalla condotta precedente alla pronuncia di condanna emessa nel separato giudizio penale (Sez. 2, n. 8541 del 14/01/2020, Capizzi, Rv. 278526 – 01).
2.5.Gli elementi positivi dedotti dal ricorrente, con i quali la Corte di Appello ha mostrato di confrontarsi, e, in particolare, il percorso di studi e di inserimento lavorativo, non sono stati ritenuti idonei ad esprimere l’abbandono delle logiche criminali, a fronte dei numerosi elementi indicati, desumibili concretamente dalle condotte contestate.
Anche in relazione a tale profilo, pertanto, in assenza di ulteriori elementi di valutazione tali ad incidere sul percorso argomentativo espresso dalla Corte di Appello, il decreto impugnato appare immune da censure.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 febbraio 2024
Il Consigl GLYPH stensore