Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18758 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18758 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 16/06/1986 in Albania avverso il decreto del 18/11/2024 dalla Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME che chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo confermava il provvedimento con cui il Tribunale aveva applicato a NOME COGNOME la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la
durata di due anni e sei mesi, con l’obbligo di soggiorno, le prescrizioni accessorie e la cauzione.
Avverso il decreto ha proposto ricorso l’avv. NOME COGNOME nell’interesse del proposto, deducendo, con un unico motivo, violazione degli artt. 1 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e 125 cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione sull’abitualità nel delitto.
La Corte d’appello, come in precedenza il Tribunale, ha argomentato la pericolosità del proposto muovendo da: una sentenza, non definitiva e pendente in appello, che accertava due reati ex art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commessi tra novembre 2018 e gennaio 2019 (per cui Sheshi avrebbe portato in Italia tre partite da Kg 4 di cocaina ciascuna); la condanna irrevocabile a sei anni di reclusione per il reato di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R. 309 del 1990 cit., per trasporto di kg 4,370 di cocaina, nel gennaio del 2019.
Sebbene si tratti di due distinti procedimenti, i fatti che ne costituiscono oggetto avrebbero dovuto essere trattati insieme (nei motivi formulati dinanzi alla Corte d’appello si è già chiesto siano unificati dal vincolo di continuazione), sicché gli episodi si riducono a tre, commessi nell’arco di soli tre mesi.
Manca, dunque, il requisito dell’abitualità.
Neppure risulta la persistenza della pericolosità del proposto in concreto, da quelle manifestazioni di pericolosità essendo decorsi ormai quasi sei anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In tema di misure di prevenzione, può ritenersi socialmente pericoloso per la sicurezza e la tranquillità pubblica il soggetto, dedito alla commissione di reati la cui offensività sia proiettata verso beni giuridici non esclusivamente individuali, commessi in un significativo intervallo temporale (Sez. 6 , n. 29229 del 01/07/2024, Greco, Rv. 286845).
A tale costante insegnamento – peraltro espressamente richiamandolo – si è uniformato il decreto impugnato che, nell’argomentare la pericolosità sociale generica del proposto sub art. 1, lett. b) e c) d.lgs. 159 del 2011, reputa le suddette condizioni soddisfatte nel caso di specie, con motivazione tutt’altro che apparente, anche sul punto dell’abitualità.
I Giudici di merito non si limitano, infatti, ad inferire la proclività a delinque di Sheshi dal numero di cessioni (peraltro cospicue e tali, dunque, da denotare come puntualmente osservano – la disponibilità di una quantità di denaro contante suscettibile di indiziare che il proposto già viveva dei proventi di attività criminose)
Desumono dalle sentenze citate, e in particolare dalle telefonate tra terzi ivi riportate, che il proposto è da tempo inserito in un circuito organizzato, su ampia
base geografica, di acquisto all’ingrosso e rivendita di sostanza stupefacente, avendo intessuto rapporti, da un lato, con un’associazione a delinquere finalizzata
al narcotraffico e, dall’altro, con trafficanti all’ingrosso della zona, peraltro c interessi anche in ulteriori traffici illeciti fuori dall’Italia.
E – quanto al c.d. tempo silente – aggiungono che l’attività criminosa di NOME si è interrotta solo a causa dell’arresto in flagranza del proposto, tuttora in custodia
cautelare, escludendo che l’avvenuta espiazione della pena per uno dei delitti in curriculum
contestazione ne elida la pericolosità sociale, alla luce del suo criminale.
2. Ricordati i limiti entro cui può essere proposto ricorso in Cassazione in materia di misure di prevenzione (art. 10, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011 cit.),
va escluso che nel caso di specie sia integrata una violazione di legge e ribadito che la motivazione del provvedimento impugnato risulta tutt’altro che apparente
(Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260247).
Il ricorso va dichiarato, dunque, inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.