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Pericolosità sociale: quando scatta la confisca?

La Cassazione ha confermato la misura di prevenzione e la confisca dei beni nei confronti di due soggetti ritenuti affetti da pericolosità sociale a causa del loro presunto coinvolgimento in attività di spaccio. La Corte ha stabilito che per fondare il giudizio di pericolosità sociale non è necessaria una condanna definitiva, ma possono essere sufficienti solidi elementi emersi da un procedimento penale in corso, qualora indichino una dedizione abituale ad attività illecite da cui si traggono proventi. La sproporzione tra il patrimonio e i redditi dichiarati è stata considerata un elemento chiave per giustificare la confisca.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Confisca: Non Serve la Condanna Definitiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di misure di prevenzione: la pericolosità sociale di un individuo, presupposto per l’applicazione della sorveglianza speciale e della confisca dei beni, può essere accertata anche sulla base di elementi emersi da un procedimento penale ancora in corso. Questo significa che non è necessario attendere una condanna definitiva per intervenire sul patrimonio di chi si sospetta viva con i proventi di attività illecite. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Dallo Spaccio alla Confisca

Il caso riguarda due persone destinatarie di una misura di prevenzione personale (sorveglianza speciale) e patrimoniale (confisca di beni immobili, mobili e disponibilità finanziarie). La Corte di Appello, pur riformando parzialmente la durata della misura personale, aveva confermato il giudizio di pericolosità sociale e la confisca.

Secondo i giudici di merito, i due soggetti vivevano, almeno in parte, con i proventi derivanti da una sistematica attività di cessione di sostanze stupefacenti, svolta tra il 2016 e il 2021. Questa conclusione si basava su un solido quadro indiziario raccolto in un procedimento penale ancora pendente. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, contestando sia la valutazione sulla pericolosità sociale sia la legittimità della confisca.

Il Giudizio sulla Pericolosità Sociale e l’Abitualità

Il primo motivo di ricorso si concentrava sulla presunta violazione di legge nella valutazione della pericolosità sociale. La difesa sosteneva che tale giudizio non potesse fondarsi su un unico procedimento penale non ancora definito, poiché mancherebbe il requisito dell'”abitualità” nella commissione dei delitti.

La Suprema Corte ha respinto questa tesi. Richiamando precedenti sentenze, inclusa una della Corte Costituzionale, ha chiarito che il giudizio di pericolosità generica non richiede necessariamente sentenze di condanna passate in giudicato. Possono essere utilizzati elementi solidi e significativi emergenti da procedimenti in corso, purché da essi si possa desumere una tendenza a delinquere. Nel caso specifico, i numerosi episodi di spaccio contestati in un arco temporale di cinque anni, supportati da dichiarazioni e attività di osservazione delle forze dell’ordine, sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare l’abitualità e a fondare una prognosi di futura reiterazione dei reati.

La Confisca per Sproporzione: L’Onere della Prova

Il secondo motivo di ricorso criticava la motivazione della confisca, lamentando che la Corte di Appello non avesse adeguatamente considerato le fonti lecite di guadagno dei ricorrenti. Anche questa doglianza è stata giudicata infondata.

La Cassazione ha ribadito che, per la confisca di prevenzione, non è necessario provare il nesso diretto tra il bene e uno specifico reato. È sufficiente dimostrare due elementi:
1. La pericolosità sociale del soggetto.
2. Una manifesta sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta.

Questa sproporzione crea una presunzione di illecita provenienza, che spetta al proposto superare. L’onere della prova si inverte: è il soggetto che deve dimostrare in modo concreto e fattuale la liceità delle risorse usate per l’acquisto dei beni. Non basta, come tentato dalla difesa, allegare genericamente l’esistenza di provviste o proporre ricostruzioni alternative dei redditi che includano fonti non dichiarate. La Corte ha sottolineato che l’onere difensivo non può essere soddisfatto con mere affermazioni, ma richiede l’indicazione di elementi fattuali specifici da cui il giudice possa dedurre la provenienza lecita dei fondi.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati. Ha precisato che il giudizio sulla pericolosità sociale era stato correttamente ancorato a solide basi fattuali, ovvero il consistente quadro indiziario del procedimento penale pendente per spaccio di stupefacenti. Tali elementi sono stati considerati idonei a fondare non solo un giudizio sulla condotta passata, ma anche una prognosi sulla probabile commissione di futuri reati. Riguardo alla confisca, i giudici hanno evidenziato come la difesa non avesse superato la presunzione di illeceità derivante dalla sproporzione patrimonio-reddito, limitandosi a riproporre argomentazioni inammissibili in sede di legittimità, volte a una diversa e non consentita ricostruzione dei fatti.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento fondamentale nel sistema delle misure di prevenzione. La lotta alla criminalità patrimoniale non si ferma di fronte ai tempi della giustizia penale. La pericolosità sociale può essere accertata con prove solide anche prima di una condanna, permettendo allo Stato di aggredire i patrimoni illecitamente accumulati. Per chi subisce una tale misura, diventa essenziale fornire prove concrete e documentate della provenienza lecita dei propri beni, poiché la sola negazione o la presentazione di giustificazioni generiche non sono sufficienti a superare la presunzione di illegalità.

È necessaria una condanna definitiva per essere considerati socialmente pericolosi e subire la confisca dei beni?
No. Secondo la sentenza, il giudizio di pericolosità sociale può essere fondato anche su elementi solidi e significativi emergenti da procedimenti penali ancora in corso, senza la necessità di attendere una sentenza di condanna definitiva.

Come si valuta l’abitualità nel commettere reati per la pericolosità sociale?
L’abitualità si desume da comportamenti concreti e atti che dimostrano una dedizione ripetuta nel tempo ad attività delittuose. Nel caso specifico, numerosi episodi di cessione di stupefacenti contestati lungo un arco temporale di cinque anni sono stati ritenuti sufficienti a integrare tale requisito.

Cosa deve fare una persona per evitare la confisca se c’è una sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati?
La persona deve superare la presunzione di provenienza illecita dei beni. Non basta affermare di avere avuto risorse lecite, ma è necessario indicare e provare elementi fattuali specifici dai quali il giudice possa dedurre che i beni sono stati acquistati con proventi di attività lecite e non con esborsi sproporzionati rispetto alla propria capacità reddituale documentata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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