Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26833 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26833 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Bologna il 28/06/1975
avverso il decreto del 21/02/2025 della CORTE DI APPELLO DI MILANO
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate in data 27/05/2025 del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato il decreto del Tribunale di Milano del 17 aprile 2024, che ha applicato a NOME COGNOME la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per anni due e mesi sei, avendolo ritenuto socialmente pericoloso ai sensi dell’art. 1, lett. b ) e c ), del d.lgs. 159 del 2011, in quanto, essendo stato egli coinvolto (ed anche talvolta condannato) , nell’arco temporale ricompreso tra il 2002 e il 2022, in procedimenti penali per coltivazione e cessione illecite di marijuana e hashish nonché per riciclaggio e autoriciclaggio, era da qualificarsi soggetto socialmente pericoloso perché dedito alla commissione
di reati lesivi della sanità pubblica, dai cui proventi traeva abitualmente, anche in parte, le risorse necessarie a far fronte alle proprie esigenze di vita.
Ha presentato ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME affidando l’impugnativa ad un solo motivo qui enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto previsto dall’ artt. 173 disp. att. cod. proc. pen. – con il quale ha denunciato la violazione degli artt. 1, 4 e 6 del d.lgs. n. 159 del 2011 e degli artt. 125 e 192 cod. proc. pen. in relazione al giudizio di persistente attualità della pericolosità sociale del proposto rassegnato dalla Corte di appello di Mil ano. È dedotto che il giudice censurato, nell’effettuare il controllo sulla valutazione di pericolosità sociale di NOME COGNOME, si sarebbe arrestato solo al primo aspetto dell’apprezzamento bifasico all’uopo richiesto, esaminandone soltanto il passato criminale, senza indicare quali fossero gli elementi fattuali univocamente denotanti la concretezza e la specifica attualità della pericolosità sociale generica ascrittagli: ossia, effettuando solo un giudizio constatativo non anche un giudizio prognostico. Si eccepisce, in particolare, la contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione sia dell ‘ ampia e articolata confessione resa dal proposto al Pubblico Ministero nell’ambito del procedimento istaurato a suo carico nell’agosto 2022 in relazione ai fatti di coltivazione di sostanza stupefacente, sia del contenuto della sua autobiografia, pubblicata sotto lo pseudonimo di NOME COGNOME redatta nel corso della detenzione carceraria seguita all’arresto per i fatti dell’agosto 2022. I radicali vizi logici inficianti l’impianto argomentativo del provvedimento impugnato risiederebbero, a dire del ricorrente, nell’avere il giudice di appello: I.) definito «ampia e incondizionata» la confessione indicata e nell’averla, poi, svalutata a fini prognostic i, avendone, oltretutto, travisato il contenuto, poiché in essa il confitente aveva fornito dettagli precisi anche sulle cessioni di sostanze stupefacenti effettuate, dimostrando con ciò lealtà processuale; II.) definito «irrilevante», ai fini della valuta zione dell’attualità della pericolosità sociale, il riconosciuto «percorso di revisione critica del proprio vissuto criminale» ritraibile dalle pagine dell”autobiografia’ redatta dal proposto, emergendo, piuttosto, dalla lettura di numerosi passaggi di essa -anche riportati nel ricorso -l’esistenza i n lui di un effettivo pentimento ed una maturata volontà di cambiamento, l’uno e l’altra attestati, oltretutto, dalla concessione della detenzione domiciliare e dal riconoscimento da parte del Tribunale di Sorveglianza del beneficio della liberazione anticipata.
Con requisitoria in data 27 maggio 2025 il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, perché affidato a deduzioni generiche in punto di violazione di legge e sostanzialmente protese a
rimettere in discussione, in maniera non consentita nel giudizio di legittimità, il giudizio in fatto sottostante la valutazione di attualità della pericolosità sociale del proposto.
Con memoria in data 24 giugno 2025 il difensore di NOME COGNOME ha replicato alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale ulteriormente illustrando il contenuto delle argomentazioni spese a sostegno del motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile
La giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso che «In tema di misure di prevenzione, l’attribuzione al proposto della condizione di “pericolosità” richiede il preliminare e attuale inquadramento del soggetto in una delle categorie criminologiche tipizzate negli artt. 1 e 4 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che descrivono sia la pericolosità generica, che quella specifica, cui può seguire la “fase prognostica in senso stretto”, ossia la valutazione delle probabili future condotte della persona in chiave di offesa ai beni tutelati» (Sez. 1, n. 54119 del 14/06/2017, Sottile, Rv. 271543 – 01).
Tale enunciazione direttiva è stata spiegata evidenziando che il giudizio di prevenzione è caratterizzato da una ineliminabile componente «ricostruttiva», tesa a rappresentare l’apprezzamento di «fatti» idonei (o meno) a garantire l’iscrizione del soggetto proposto in una delle categorie di pericolosità sociale di cui agli artt. 1 e 4 d.lgs. n. 159 del 2011: con ciò essendosi voluto significare che «il soggetto coinvolto in un procedimento di prevenzione non viene ritenuto colpevole o non colpevole in ordine alla realizzazione di un fatto specifico, ma viene ritenuto pericoloso o non pericoloso in rapporto al suo precedente agire (per come ricostruito attraverso le diverse fonti di conoscenza) elevato ad ‘indice rivelatore’ della possibilità di compiere future condotte perturbatrici dell’ordine sociale costituzionale o dell’ordine economico». In sostanza, secondo questa Corte, l’affermazione dell’attualità della pericolosità sociale di un individuo (in un dato momento storico) richiede un’ «operazione comples sa che nel giudizio di prevenzione non si basa esclusivamente sulla ordinaria prognosi di probabile e concreta reiterabilità di qualsivoglia condotta illecita – così come previsto in via generale dall’articolo 203 del codice penale, norma che non distingue la natura della violazione commessa a monte e postula la semplice commissione di un reato
-, ma implica il precedente inquadramento del soggetto in una delle categorie criminologiche tipizzate dal legislatore, sicché la espressione della prognosi negativa deriva, appunto, dalla constatazione di una specifica inclinazione mostrata dal soggetto (dedizione abituale a traffici delittuosi, finanziamento sistematico dei bisogni di vita almeno in parte con i proventi di attività delittuose, condotte lesive della integrità fisica o morale dei minori o della sanità, sicurezza o tranquillità pubblica, indiziati di appartenenza ad associazioni mafiose e altre ipotesi tipiche, di cui all’art. 4 d.lgs. n.159 del 2011) cui non siano seguiti segni indicativi di un ‘tangibile’ ravvedimento o dissociazione».
Così individuato il criterio di valutazione dell’attualità della pericolosità sociale di un proposto per l’applicazione di una misura di prevenzione, va rilevato come il decreto impugnato ad esso si sia conformato.
La Corte di appello, infatti, ha dato conto di come la pur ampia e credibile confessione giudiziale del proposto e l’avviato percorso di revisione critica del proprio passato criminale, documentato nella cosiddetta ‘ autobiografia ‘ , non fossero di per sé, soli, sufficienti ad attestare l’assenza di sua attuale pericolosità sociale: avuto riguardo alla sua «risalente, profonda e radicata dedizione al delitto», dalla quale gli erano venuti cospicui profitti -tanto che egli risultava anche sottoposto a procedimento penale per autoriciclaggio -, sarebbero stati necessari, in aggiunta alla labiale professione di riconoscimento delle proprie responsabilità e di presa di distanza dai comportamenti antisociali commessi, tangibili elementi fattuali indicativi di tale definitivo ed irreversibile cambio di rotta, che, oltretutto, si sarebbe dovuto verificare in un più significativo lasso temporale rispetto ai circa due anni intercorsi tra la confessione resa al Pubblico Ministero di Varese e l’applicazione della misura di prevenzione.
A fronte di siffatta motivazione, corretta in diritto, per quanto fin qui esposto, e per nulla apparente, tale potendosi qualificare, secondo il diritto vivente, solo quella che sia inficiata da «vizi così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 01), il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME non solo non si confronta con la complessiva struttura argomentativa, unitariamente e inscindibilmente considerata, ma soprattutto deduce censure che, ancorché formulate sotto l’egida forma le del vizio di violazione di legge -l’ unico scrutinabile nella materia che occupa (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246 -01) -, esplicitano una critica al contenuto del provvedimento
impugnato mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che lo sorregge e altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno: operazione, questa, in generale non consentita nel giudizio di legittimità (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260 -01).
S’impone, pertanto, la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 01/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME