Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19949 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19949 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
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avverso il decreto del 27/10/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME, che ha udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con decreto del 27 ottobre 2023, la Corte di appello di Venezia rigettava il ricorso proposto da COGNOME NOME, confermando il decreto emesso dal Tribunale di Venezia che aveva disposto la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per anni tre a carico di COGNOME e il sequestro e la confisca di une bene immobile e di sei beni mobili registrati.
1.1 Avverso il decreto ricorre per Cassazione il difensore di COGNOME, rilevando che la Corte di appello era incorsa nel medesimo errore del primo giudice, avendo sovrapposto il piano dell’appartenenza alla categoria dei soggetti genericamente pericolosi a quello della pericolosità specifica, ovvero della effettiva pericolosità del soggetto astrattamente rientrante nella categoria prevista dal legislatore: la Corte di appello aveva motivato l’effettiva pericolosità del proposto desumendola dai medesimi elementi di fatto (le condanne dallo stesso riportate e le pendenze in essere valorizzati al fine di sancirne l’appartenenza alla categoria dei soggetti genericamente pericolosi appariva illogico ed infondato giudicare il ricorrente come abitualmente dedito al delitto, quando lo stesso aveva riportato 4 condanne (due per furto e due per ricettazione) nell’arco di dodici anni; né appariva comprensibile e logicamente sostenibile che il ricorrente avesse tratto profitti dai reati commessi tali da costituire una componente fondamentale del proprio reddito.
Il difensore rileva che attraverso le produzioni documentali era stata data prova del mutamento dello stile di vita del proposto, che aveva iniziato dal 2022 un percorso lavorativo; lamenta che la scelta circa la durata della misura contrastava con l’oggettività dei fatti.
1.2 II difensore, premesso che a giudizio della Corte di appello il richiesto requisito della correlazione temporale tra pericolosità sociale ed acquisto dei beni oggetto di ablazione sarebbe stato soddisfatto perché il proposto era stato condannato per ricettazione nel 2017 a fronte di acquisti di beni intervenuti in epoca successiva a tale momento, osserva che tale correlazione temporale sarebbe dovuta permanere per tutto l’arco cronologico in cui intervengono gli atti di incremento patrimoniale; la decisione della Corte di appello aveva omesso qualsiasi valutazione circa la presumibile consistenza economica degli illeciti profitti in relazione al valore del bene oggetto di ablazione, indagine invece necessaria ed indefettibile per giustificare il provvedimento volto alla confisca dei beni; difettava una ricognizione quantitativa e cronologicamente rilevante dell’illecito arricchimento attribuito al ricorrente; il difensore lamenta che al fi di comprovare la disponibilità dell’abitazione di Correzzola in capo al proposto fin
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dal 2018, la Corte di appello aveva operato una valutazione frazionata delle dichiarazioni di tale COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 La Corte di appello ha infatti evidenziato non solo le condanne riportate da COGNOME sempre per delitti contro il patrimonio, ma anche la denuncia per un furto commesso nel 2022, per il quale COGNOME è stato identificato tramite telecamere di sorveglianza, ed una perquisizione del gennaio 2023 nell’abitazione di COGNOME, nel corso della quale sono stati trovati beni di provenienza furtiva per un valore stimato di € 40.000,00, così fondando un giustificato giudizio di attualità di pericolosità sociale; ha anche esaminato i contratti di lavoro prodotti, entrambi per periodi molto contenuti (due mesi), ritenendo che non siano idonei a dimostrare la preseti’ di distanza dallo stile Mita adottato; ha anche motivato sulla durata della misura e dei divieti accessori (pag.11) e sul requisito della sperequazione reddituale e della correlazione temporale tra pericolosità e beni acquistati (pagg.14-16).
Con riferimento quindi al ricorso proposto, si deve ribadire che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 10, comma 3, d.lgs. 159/2011 (e del precedente art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575). Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n. 1423 del 56 (ora art. 10, comma 2, d.lgs. 159/2011), il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246, che, in motivazione, ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (vedi anche Sez.2, Sentenza n. 20968 del 06/07/2020, COGNOME/COGNOME, Rv. 279435-01 Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266365; Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261590).
Nel caso di specie il vizio radicale di motivazione in realtà non si rinviene, per quanto sopra esposto, posto che la Corte di appello ha risposto a tutte le censure sollevate, riproposte con il ricorso per cassazione.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso il 24/04/2024