LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pericolosità sociale: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo sottoposto a sorveglianza speciale. La Corte chiarisce che una formale attività lavorativa non basta a escludere la pericolosità sociale se persistono frequentazioni con ambienti criminali. Il ricorso viene respinto in quanto non mira a denunciare una violazione di legge, ma a ottenere un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: il Lavoro Non Basta se Restano i Legami Criminali

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la valutazione della pericolosità sociale di un individuo non può basarsi solo su elementi formali, come un’attività lavorativa, ma deve considerare il quadro complessivo della sua condotta. Il caso analizzato offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione e i criteri con cui i giudici valutano il persistere della pericolosità di un soggetto.

I Fatti del Caso

Un individuo, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, proponeva appello contro il decreto che ne confermava la pericolosità sociale. A sostegno della sua richiesta, l’interessato evidenziava di aver intrapreso un’attività lavorativa stabile e di aver mantenuto un buon comportamento, tanto da ottenere benefici come la liberazione anticipata. A suo dire, i contatti con soggetti pregiudicati erano legati esclusivamente a motivi lavorativi o familiari.

Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado sia la Corte di Appello respingevano le sue argomentazioni. I giudici di merito ritenevano che, nonostante le apparenze, l’individuo non si fosse realmente allontanato dal suo precedente contesto criminale. Di fronte a questa decisione, l’uomo decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge per motivazione meramente apparente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ricorso per cassazione nei procedimenti di prevenzione è consentito solo per violazione di legge. In questa categoria rientra anche il vizio di motivazione, ma solo quando essa sia totalmente assente o “meramente apparente”, ovvero talmente illogica o contraddittoria da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice.

Nel caso specifico, la Cassazione ha stabilito che la motivazione della Corte di Appello non era affatto apparente. Al contrario, i giudici di merito avevano esaminato adeguatamente tutti gli elementi, giungendo a una conclusione ben argomentata. Il ricorso, secondo la Suprema Corte, non denunciava un vero errore di diritto, ma tentava di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, cosa non permessa in sede di legittimità.

Le Motivazioni: la Valutazione della Pericolosità Sociale

Il cuore della decisione risiede nel modo in cui è stata valutata la pericolosità sociale. La Corte di Appello aveva sottolineato due aspetti cruciali:

1. L’attività lavorativa come strumento elusivo: Le indagini di polizia giudiziaria avevano dimostrato che l’individuo non aveva mai instaurato un rapporto di lavoro continuativo e concreto. Le autorizzazioni ottenute per motivi di lavoro venivano sfruttate per eludere i controlli, ma non corrispondevano a una reale e costante presenza sul posto di lavoro. L’attività lavorativa era, di fatto, considerata uno schermo.

2. La persistenza dei legami criminali: Anche dopo l’applicazione della misura, l’uomo aveva mantenuto contatti e frequentazioni abituali con soggetti pregiudicati e inseriti in circuiti legati allo spaccio di stupefacenti. Questo elemento è stato ritenuto decisivo per dimostrare la mancanza di un reale ravvedimento e la persistenza della sua pericolosità.

La Corte di Cassazione ha quindi concluso che la Corte di Appello aveva correttamente operato una nuova valutazione della pericolosità sociale, ritenendola ancora sussistente e attuale sulla base di elementi concreti e non su mere apparenze.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza un importante principio: per superare un giudizio di pericolosità sociale, non è sufficiente dimostrare elementi formali di reinserimento, come la stipula di un contratto di lavoro. È necessario che vi sia una rottura netta e comprovata con l’ambiente criminale di provenienza. I giudici devono valutare la condotta complessiva del soggetto, andando oltre le dichiarazioni di facciata.

Inoltre, la decisione ribadisce i confini invalicabili del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma il suo ruolo è garantire la corretta applicazione della legge. Un ricorso che, pur lamentando una violazione di legge, mira in sostanza a una diversa valutazione delle prove, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro una misura di prevenzione?
Il ricorso è ammesso solo per violazione di legge. Questo include i casi in cui la motivazione della decisione è inesistente o talmente illogica e contraddittoria da essere considerata ‘apparente’, ma non permette di riesaminare le prove o la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito.

Avere un lavoro è sufficiente per dimostrare di non essere più socialmente pericolosi?
No. Secondo la sentenza, un’attività lavorativa non è di per sé sufficiente se risulta essere uno strumento per eludere la misura e se, allo stesso tempo, l’individuo mantiene frequentazioni e legami con ambienti criminali. La valutazione deve essere complessiva e basata su elementi concreti.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, sebbene formalmente denunciasse una violazione di legge per motivazione apparente, in realtà chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti, come la genuinità del rapporto di lavoro e la natura delle sue frequentazioni. Questo tipo di riesame non è consentito nel giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati