Pericolosità Sociale: la Cassazione chiarisce i poteri del Giudice
Il concetto di pericolosità sociale è un pilastro del sistema delle misure di prevenzione, strumenti volti a impedire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti inclini a delinquere. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale: può un giudice modificare la qualificazione giuridica della pericolosità durante il procedimento? La risposta affermativa della Corte delinea i confini del potere giudiziario e riafferma la natura specifica di questi procedimenti.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso di un individuo contro un decreto della Corte di Appello di Napoli. Quest’ultima, in parziale riforma di una precedente decisione del Tribunale, aveva dichiarato il ricorrente portatore di una specifica forma di pericolosità sociale ai sensi del D.Lgs. 159/2011 (il cosiddetto Codice Antimafia), confermando l’applicazione di una misura di prevenzione.
Il ricorrente si è rivolto alla Corte di Cassazione lamentando, tra le altre cose, una violazione di legge. A suo dire, la Corte d’Appello lo aveva condannato per una categoria di pericolosità generica, mentre la proposta iniziale faceva riferimento a un’altra tipologia. Sosteneva inoltre che i presupposti per l’applicazione della misura e la sua durata fossero stati valutati in modo errato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dal ricorrente. La decisione si fonda su due principi cardine del procedimento di prevenzione e del giudizio di legittimità.
In primo luogo, ha chiarito che non vi è alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il giudice applica una misura basata su una categoria di pericolosità sociale diversa da quella originariamente contestata, a patto che i fatti posti a fondamento della decisione siano i medesimi e che la difesa abbia avuto la possibilità di un contraddittorio pieno ed effettivo su di essi.
In secondo luogo, ha ribadito la propria funzione di giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può procedere a una nuova e diversa valutazione dei fatti o delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici dei gradi precedenti. Se la motivazione della Corte d’Appello è logicamente coerente e giuridicamente corretta, la Cassazione non può intervenire.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni del suo verdetto, distinguendo nettamente i motivi di ricorso.
Sulla Riqualificazione della Pericolosità Sociale
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha sottolineato che il procedimento di prevenzione ha una natura diversa da quello penale ordinario. La sua finalità non è accertare una colpevolezza per un reato già commesso, ma valutare la probabilità che un soggetto ne commetta in futuro. In questo contesto, la qualificazione giuridica della pericolosità (ad esempio, generica, qualificata, ecc.) può essere precisata o modificata dal giudice nel corso del procedimento, purché ciò avvenga sulla base dello stesso quadro fattuale presentato nella proposta iniziale. L’essenziale è che sia stato garantito il diritto di difesa, permettendo al soggetto di argomentare su tutti gli elementi di fatto utilizzati per fondare il giudizio di pericolosità.
Sull’Inammissibilità della Rivalutazione dei Fatti
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo, relativi ai presupposti di applicazione e alla durata della misura, la Corte li ha ritenuti inammissibili. Il ricorrente, infatti, chiedeva alla Suprema Corte di effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, proponendo criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito. Citando una consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, la Corte ha ricordato che esula dai suoi poteri sostituire la propria valutazione a quella del giudice di appello. Il controllo di legittimità si limita a verificare l’assenza di vizi logici o giuridici nella motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito delle scelte valutative.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza due principi fondamentali. Da un lato, conferma la flessibilità del procedimento di prevenzione, in cui il giudice può affinare la qualificazione giuridica della pericolosità sociale sulla base di un’analisi approfondita dei medesimi fatti, tutelando al contempo il diritto al contraddittorio. Dall’altro, traccia una linea netta sulle competenze della Corte di Cassazione, il cui ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sui fatti, ma di garante della corretta applicazione della legge. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Può un giudice applicare una misura di prevenzione per una categoria di pericolosità sociale diversa da quella inizialmente proposta?
Sì, secondo la Corte è possibile a condizione che la nuova definizione giuridica si fondi sui medesimi elementi di fatto posti alla base della proposta e che sia stato assicurato alla difesa un contraddittorio effettivo e congruo su tali fatti.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un caso di prevenzione?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che esula dai suoi poteri la ‘rilettura’ degli elementi di fatto che fondano la decisione. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del giudice di merito, non effettuare una nuova valutazione dei fatti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta la conferma definitiva della decisione impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2947 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2947 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASERTA il 17/12/1977
avverso il decreto del 16/07/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso il decreto della Corte di appello di Napoli data 16 luglio 2024 che – in parziale riforma del decreto emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – ha dichiarato il ricorrente portatore di pericolosità ai sensi dell’art. 4, com lett. b) e c), d.lgs. n. 159 del 2011, confermando, nel resto, il suddetto decreto del Tribunale;
letta e valutata la memoria pervenuta in data 2 dicembre 2024 via PEC a firma degli avv.ti NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso – che deduce il vizio di violazione di leg relazione alla sussistenza della pericolosità generica, dichiarata in assenza di contestazione manifestamente infondato in quanto nel procedimento di prevenzione non si configura alcuna violazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione qualora, come nel caso qu in esame, il provvedimento applicativo della misura ritenga sussistente una categoria di pericolosità sociale diversa da quella indicata nella proposta (nella specie, la pericolosità gene in luogo di quella qualificata ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a), dAgs. n. 159 del 2011), purché la nuova definizione giuridica sia fondata sui medesimi elementi di fatto posti a fondamento dell proposta, in relazione ai quali sia stato assicurato alla difesa un contraddittorio effet congruo (Sez. 1, n. 8038 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 274915 – 01).
ritenuto che il secondo e il terzo motivo – che denunziano violazione di legge in ordine presupposti di applicazione e alla durata della misura di prevenzione – non siano consentiti dal legge in sede di legittimità perché tendono ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fa mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal Giudice di merito, il qual motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha adeguatamente esplicitato le ragioni del convincimento, anche rispetto alla durata, della misura disposta (cfr. Sez. U, n. 6402, d 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01, secondo cui esula dai poteri della Corte di cassazione la ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, esclusiva, riservata al giudice di merito);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condann del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente