Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11741 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11741 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
avverso il decreto della Corte di appello di Reggio Calabria dell’11/07/2023;
letti gli atti, il ricorso e il decreto impugnato;
udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, con decreto in data 11 luglio 2023 (motivazione depositata il successivo 10 agosto), ha respinto l’appello proposto avverso il decreto del Tribunale di Reggio Calabria del 15 gennaio 2020 con il quale è stata applicata a COGNOME NOME la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza per la durata di anni tre, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza e cauzione di euro 2.000.
Avverso il decreto di appello, il proposto ha presentato, per mezzo del proprio difensore, ricorso nel quale deduce violazione di legge (artt. 4, comma 1, lett. d), e 1, lett. c) d.lgs. n. 159 del 2011) in riferimento alle rite sussistenza e attualità della pericolosità sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile. In tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso «soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio» (così, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, Rv. 279284 – 01).
Il decreto impugnato illustra in modo adeguato le ragioni in base alle quali ha ritenuto sussistente la pericolosità sociale del COGNOME, presupposto dell’applicazione della misura di prevenzione personale.
In particolare, si evidenziano i seguenti elementi: a) nei confronti del proposto è stata applicata nel giugno del 2019 la custodia cautelare in carcere per i delitti di cui agli artt. 74 e 73 TU Stup. (fatti commessi in concorso con la madre, i fratelli e altri soggetti) e dagli atti di indagine a sostegno di dett misura è emersa la pericolosità dell’associazione, i cui componenti hanno anche compiuto il feroce pestaggio di un associato, accusato di essersi impossessato di 9 grammi di cocaina e 47 grammi di eroina; b) COGNOME è gravato di condanne definitive per detenzione e cessione di stupefacenti (fatti commessi tra il 2004 e il 2005) e per detenzione di armi clandestine (fatto accertato nel 2010); c) il predetto è stato destinatario di misura della sorveglianza speciale (applicata con decreto del 2007 e aggravata nel 2012 con prolungamento della durata di sei
mesi per violazione delle prescrizioni, fatto per il quale riportava conda definitiva.
2.1. Per quanto riguarda il requisito della “attualità”, il decreto di ap rileva che la contestazione della fattispecie associativa è “aperta” e che p suindicata condotta ex art. 74 TU Stup. COGNOME è stato condannato in primo grado (condanna dalla quale, previa autonoma valutazione effettuata dal Tribunale emerge in modo evidente l’attualità della pericolosità social responsabilità penale confermata dalla Corte di appello con sentenza del 14 novembre del 2022, che ha inflitto al proposto la pena di anni dieci, mesi nove giorni dieci di reclusione (alla data del decreto impugnato non risultava anco depositata la relativa motivazione).
2.2. A fronte di tale esaustiva e non illogica articolazione argomentativa, deduzioni del ricorrente risultano del tutto generiche (in sostanza ci si duole non si è atteso il deposito delle motivazioni della condanna in appello dalle qu si assume, potevano emergere elementi tali da infirmare il giudizio pericolosità sociale) e non sono quindi idonee a dimostrare che il decre impugnato sia affetto da violazione di legge, nei sensi sopra indicati.
All’inammissibilità del ricorso segue, come per legge, la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma – giudicat congrua in ragione della causa di inammissibilità – di tremila euro a favore d Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 13 febbraio 2024
Il Pre idente