Pericolosità Sociale: I Limiti del Ricorso in Cassazione
La valutazione della pericolosità sociale di un individuo è un tema delicato e centrale nel diritto penale, soprattutto quando si tratta di applicare misure di sicurezza come la libertà vigilata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare tale valutazione, stabilendo un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Caso
Il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari aveva confermato un’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza che dichiarava la pericolosità sociale di un uomo e gli applicava la misura di sicurezza della libertà vigilata per un anno. L’interessato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione contro questa decisione, ritenendola illegittima e viziata da una motivazione illogica e contraddittoria.
I Motivi del Ricorso
La difesa del ricorrente si fondava su tre argomenti principali:
1.  Omessa considerazione del tempo trascorso: Si lamentava che i giudici non avessero dato il giusto peso al considerevole lasso di tempo passato dai fatti contestati, durante il quale il soggetto non aveva commesso altri illeciti.
2.  Irrilevanza della liberazione anticipata: Non era stata adeguatamente valutata la concessione del beneficio della liberazione anticipata, che per sua natura presuppone una partecipazione positiva al percorso di rieducazione.
3.  Motivazione apparente: La motivazione sulla persistenza della pericolosità sociale, basata sui precedenti penali, era stata definita meramente apparente e non sostanziata da un’analisi concreta e attuale.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione degli elementi già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza.
La Valutazione della Pericolosità Sociale secondo la Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di fondo risiede nella natura stessa del giudizio di cassazione. Questo tipo di giudizio è un controllo di “legittimità”, non di “merito”. Ciò significa che la Corte può annullare una decisione solo se viola la legge o se la sua motivazione è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente. Non può, invece, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti.
Nel caso specifico, il ricorso, pur denunciando formalmente una violazione di legge, mirava in realtà a provocare una nuova valutazione nel merito sulla sussistenza dei presupposti per la misura di sicurezza, con particolare riferimento al profilo della pericolosità sociale. Questo tentativo, secondo la Corte, non è consentito.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza fosse ben motivata, congrua e priva di errori di diritto. Il Tribunale aveva correttamente condiviso il giudizio del Magistrato di Sorveglianza, fondando la persistente pericolosità sociale su due elementi chiave:
*   La particolare proclività del soggetto verso una specifica tipologia di reati, frutto di una “modalità patologica di autogoverno delle relazioni interpersonali”.
*   Il mancato avvio di un serio processo di revisione critica del proprio passato criminale. Anzi, il condannato continuava a proporre una ricostruzione dei fatti personale e in contrasto con le risultanze processuali definitive.
Questi elementi, secondo la Corte, costituivano una base solida e logica per confermare il giudizio di pericolosità e, di conseguenza, la misura di sicurezza. Il ricorso è stato quindi giudicato manifestamente infondato e inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: non si può utilizzare il ricorso per cassazione come un’ulteriore opportunità per discutere i fatti di una causa. La valutazione sulla pericolosità sociale è un giudizio di merito, affidato alla prudente analisi del Tribunale di Sorveglianza. Se tale analisi è supportata da una motivazione logica, coerente e non in contrasto con la legge, non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che le censure mosse in sede di legittimità devono concentrarsi su specifici errori giuridici o vizi motivazionali gravi, e non su un generico dissenso rispetto alla ricostruzione dei fatti operata dal giudice.
 
È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla pericolosità sociale fatta da un Tribunale di Sorveglianza?
No, non se il ricorso si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti già esaminati. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per vizi di legittimità, come la violazione di legge o una motivazione manifestamente illogica, e non per un riesame del merito della decisione.
Il lungo tempo trascorso dai fatti e l’assenza di nuovi reati escludono automaticamente la pericolosità sociale?
No. Secondo la decisione in esame, questi elementi, sebbene rilevanti, non sono di per sé sufficienti a escludere la pericolosità. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso che lamentava la loro mancata considerazione, confermando la valutazione del Tribunale che si basava su altri fattori, come la proclività al reato e la mancata revisione critica del proprio agire.
La concessione della liberazione anticipata è incompatibile con un giudizio di persistente pericolosità sociale?
L’ordinanza non stabilisce un’incompatibilità assoluta. Nonostante il ricorrente avesse sollevato questo punto, sostenendo che il beneficio presuppone un percorso rieducativo, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione del Tribunale sulla pericolosità sociale adeguata e priva di vizi.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5780 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5780  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN GAVINO MONREALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
 Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Cagliari ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME, avverso l’ordinanza con cui il Magistrato di sorveglianza della medesima città aveva dichiarato la pericolosità sociale del condanNOME e gli aveva applicato la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno; per l’effetto, il Tribunale sorveglianza ha confermato tale ordinanza.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo inosservanza degli artt. 202 e 203 cod. proc. pen., in relazione alla ritenuta sussistenza dei presupposti pretesi dalla legge, per la applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata; tali requisiti sarebbero stati valutati dal suddetto Tribunale – e, ancor prima, dal Magistrato di sorveglianza – adottando un percorso motivazionale che si rivela contraddittorio e manifestamente illogico. In particolare, la censura difensiva si appunta sulla omessa considerazione – in senso favorevole al condanNOME – del rilevantissimo lasso di tempo trascorso dai fatti, in assenza di ulteriori comportamenti illeciti da parte del Moi. Meramente apparente, inoltre, è la motivazione concernente la valenza – in punto di persistenza della pericolosità sociale – dei precedenti penali annoverati dal condanNOME. Nemmeno è stata adeguatamente considerata la concessione, al ricorrente, dei beneficio della liberazione anticipata, che postula proprio la partecipazione dello stesso all’opera di rieducazione.
Il ricorso è inammissibile, essendo fondato su motivi interamente versati in fatto, quindi non consentiti in questa sede e, comunque, manifestamente infondati. Invero detto ricorso, pur denunciando formalmente anche il vizio di violazione di legge, non individua singoli aspetti del provvedimento impugNOME da sottoporre a censura giurisdizionale, ma tende in realtà a provocare una nuova e non consentita – valutazione nel merito, circa la sussistenza dei presupposti necessari per l’adozione della misura di sicurezza della libertà vigilata, con particolare riferimento al profilo della pericolosità sociale. Il tutto non può incidere sulla tenuta di un’ordinanza quale quella impugnata, che ha correttamente valutato gli elementi risultanti dagli atti, adottando una motivazione congrua e priva di errate applicazioni della legge, sia penale che processuale. Il provvedimento avversato, infatti, ha reputato condivisibile il giudizio sulla pericolosità sociale del Moi, espresso dal Magistrato di sorveglianza, stante la particolare proclività dimostrata dal soggetto, rispetto alla tipologia delittuosa per
la quale è già intervenuta condanna (frutto, secondo il Tribunale di sorveglianz di una modalità patologica di autogoverno delle relazioni interpersonali). A ciò, Tribunale di sorveglianza ha idealmente saldato l’ulteriore dato negativo, costitui dal mancato avvio di un serio processo di rivisitazione critica del pregresso agi di cui il condanNOME continua a propugnare una ricostruzione del tutto personale completamente in contrasto con le ormai definitive risultanze processuali.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.