Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15677 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15677 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Francia il 18/07/1968 avverso il decreto del 06/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persone del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione ed ha presentato note di replica in data 11/03/2025 con le quali ha ribadito le proprie argomentazioni e conclusioni.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, decidendo quale giudice di rinvio a seguito della sentenza n. 4642/2024 della Sesta Sezione della Corte di cassazione, con provvedimento del 06/06/2024 (depositato in data 30/10/2024), ha confermato il decreto emesso dal Tribunale di Agrigento in data 23/01/2022 (depositato in data 14/12/2022) con il quale era stata rigettata l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME al fine ottenere la revoca della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per la durata di anni due con obbligo si soggiorno nel comune di residenza in considerazione del lungo periodo di detenzione patito, a suo tempo disposta dal Tribunale di Agrigento, con decreto del 10/02/2006, definitivo in data 23/03/2007, ma rimasto integralmente ineseguito.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, NOME COGNOME proponendo un solo articolato motivo di ricorso che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011 in ordine all’omesso accertamento della attualità della pericolosità sociale; Ł mancata qualsiasi motivazione all’attualità e gli argomenti resi sono contraddittori, carenti e nella sostanza apparenti, ricorrendo un generico richiamo alla passate vicende giudiziarie del ricorrente, mancando qualsiasi
esame approfondito in relazione alle condizioni soggettive attuali, in presenza di un mero elenco di fatti, che oggettivamente rende evidente l’assenza di pericolosità sociale del Bellanca. Veniva in tal senso richiamata la condanna non definitiva intervenuta nel 2021, in relazione alla partecipazione da parte del Bellanca ad associazione per delinquere di stampo mafioso come associato, con condotta limitata all’anno 2013, la prolungata sottrazione alla esecuzione della misura cautelare in epoca 2016, la sottrazione alla esecuzione della misura di prevenzione, ma si Ł rilevato come ciò nonostante, nella prospettazione della difesa, risultasse omessa una valutazione in concreto della pericolosità in presenza di fatti risalenti complessivamente ad oltre dieci anni prima. Non era sufficiente un mero richiamo a elementi presuntivi o a scelte personali.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo proposto non Ł consentito, oltre che manifestamente infondato, sicchØ deve essere essere dichiarato inammissibile.
Come fondatamente evidenziato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, il COGNOME nel proporre il motivo di ricorso ad esito del giudizio di rinvio non si Ł confrontato con il costante orientamento di questa Corte, che ha ripetutamente affermato il principio, che qui si intende ribadire, secondo il quale in tema di procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione Ł ammesso soltanto per violazione di legge, nozione nella quale va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, ove singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279435-01; Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, MulŁ, Rv. 27928401; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266365-01; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 270080-01; Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246 – 01).
Nel caso concreto, con motivazione logica, argomentata e del tutto priva di aporie, la Corte di appello ha specificamente integrato la carenza riscontrata in sede di annullamento e ha adeguatamente motivato quanto alla permanenza del Bellanca nella categoria di pericolosità soggettiva tipizzata dalla legge (Sez. 1, n. 24707 del 01/02/2018, COGNOME, Rv. 273361-01; Sez. 2 , n. 23813 del 17/07/2020, Greco, Rv. 279805-01).
Emerge, dunque, un’articolata considerazione della Corte di appello, proprio sulla base del perimetro valutativo devoluto in sede di annullamento, quanto ad una pericolosità del proposto che investe all’evidenza l’intero percorso esistenziale dello stesso, la ricorrenza di elementi sintomatici di una costante partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, COGNOME, Rv.271511-01), in mancanza di elementi successivi alla detenzione che depongano in senso favorevole allo stesso. La Corte di appello, sulla base di una serie di elementi concreti, specificamente valutati, ha riscontrato la sussistenza della presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo, corroborata da elementi di fatto che la sostengono ed evidenziano la natura strutturale dell’apporto, per effetto delle ragioni di collegamento espressamente enucleate sulla base degli atti (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017 cit.). Tra l’altro occorre sottolineare che il giudizio sull’attualità della pericolosità sociale, può basarsi anche su comportamenti non costituenti reato, valorizzando anche, ai sensi dell’art. 1 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, le frequentazioni con soggetti pregiudicati e l’irreperibilità alle ricerche delle forze dell’ordine, indipendentemente dalla loro connessione con la violazione della misura di prevenzione (Sez. 2, n. 4191 del 11/01/2022, COGNOME, Rv. 282655-01; Sez. 2, n. 31549 del 06706/2019, RAGIONE_SOCIALE Rv. 277255-05; Sez.
6, Sentenza n. 49583 del 03/10/2018, Rv. 274434-01). Nel caso di specie, la Corte di appello ha motivato, con argomentazioni che non si prestano ad alcuna censura in questa sede, quanto: – alla condanna definitiva del COGNOME quale partecipe ad associazione per delinquere di stampo mafioso; – alla ordinanza del Tribunale del riesame di Catania del 07/06/2018, con particolare riferimento alle condotte estremamente significative riferibili al ricorrente; – ai comportamenti tenuti in carcere, al riscontrato sodalizio in tale ambito con NOME, al fine di avviare insieme agli altri sodali nuovo traffico di stupefacenti, con l’obiettivo di spostarsi a vivere in Olanda a tal fine; – all’aver ottenuto da COGNOME e NOME documenti falsi; – alla consegna da parte del Pace di denaro per acquistare lo stupefacente, tra l’altro mentre il COGNOME di trovava ad usufruire di un permesso premio; – alle conversazioni registrate durante il permesso premio, nell’ambito delle quali emergeva la affermazione del Pace, che rassicurava sulla affidabilità del COGNOME persona a lui legata che aveva garantito il rispetto degli accordi non appena libero. Sono quindi stati esplicitamente esaminati una serie di elementi oggettivamente significativi della persistenza ed attualità del legame con l’associazione, della attivazione in tal senso anche durante la detenzione, della creazione di una struttura adeguata, del reperimento delle risorse, sebbene detenuto, per il futuro acquisto di sostanza stupefacente, con conseguente conclusione, logicamente articolata, di irrilevanza dal punto di vista della pericolosità del lungo periodo di detenzione.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME