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Pericolosità sociale: quando è attuale e legittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto contro la conferma di una misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Il ricorrente sosteneva che la sua pericolosità sociale non fosse più attuale, dato il lungo periodo di detenzione trascorso. La Corte ha invece validato la decisione dei giudici di merito, i quali hanno basato la valutazione della persistente pericolosità sociale su elementi concreti come la pianificazione di nuovi reati durante la detenzione e i legami mantenuti con ambienti criminali, anche durante un permesso premio.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione detta i criteri di attualità

La valutazione della pericolosità sociale è un tema centrale nel diritto penale e delle misure di prevenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su come debba essere accertata l’attualità di tale pericolosità, anche a fronte di un lungo periodo di detenzione. La Corte ha stabilito che non basta il tempo trascorso a escluderla, ma è necessario un esame approfondito di elementi concreti che possono rivelare la persistenza di legami e intenzioni criminali.

I fatti del caso

Il caso riguarda un soggetto destinatario di una misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno, disposta molti anni prima ma mai eseguita a causa di un lungo periodo di carcerazione. L’interessato, tramite il suo difensore, aveva chiesto la revoca della misura, sostenendo che la sua pericolosità sociale non potesse più considerarsi attuale, visti i molti anni trascorsi dai fatti che l’avevano originata.

La Corte di Appello, decidendo come giudice di rinvio dopo un precedente annullamento della Cassazione, aveva confermato la misura. Secondo i giudici di merito, nonostante la detenzione, erano emersi elementi sufficienti a dimostrare la persistenza della pericolosità del soggetto. Contro questa decisione, l’interessato ha proposto un nuovo ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e una motivazione carente o solo apparente riguardo all’attualità della sua condizione.

La valutazione della pericolosità sociale secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: nei procedimenti di prevenzione, il ricorso in Cassazione è consentito solo per violazione di legge. In questa nozione rientra anche la motivazione ‘inesistente’ o ‘meramente apparente’, ma non un disaccordo sulla valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, purché questa sia logica e adeguatamente argomentata.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione completa e priva di contraddizioni, integrando le carenze del precedente provvedimento annullato. La valutazione della pericolosità sociale attuale non si era basata su un generico richiamo al passato, ma su una serie di elementi concreti e specifici.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su diversi elementi fattuali che, nel loro complesso, dimostrano la persistenza del vincolo associativo e la proiezione verso future attività illecite. Tra questi elementi, i giudici hanno valorizzato:

1. La condanna definitiva per partecipazione ad associazione di stampo mafioso.
2. Condotte tenute in carcere: il soggetto, durante la detenzione, aveva stretto un sodalizio con un altro detenuto per avviare un nuovo traffico di stupefacenti, pianificando persino di trasferirsi all’estero.
3. Attività illecite durante i permessi: durante un permesso premio, il soggetto era coinvolto in conversazioni relative all’acquisto di sostanze stupefacenti e all’ottenimento di documenti falsi, dimostrando di non aver interrotto i legami con l’ambiente criminale.
4. La natura dei legami: le conversazioni registrate evidenziavano l’affidabilità del soggetto all’interno del sodalizio e la sua prontezza a riprendere le attività illecite una volta libero.

La Corte ha sottolineato che il giudizio sull’attualità della pericolosità può basarsi anche su comportamenti che non costituiscono reato, come le frequentazioni con pregiudicati, che nel loro insieme delineano un quadro di persistente adesione a logiche criminali.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma che il semplice trascorrere del tempo o un lungo periodo di detenzione non sono sufficienti, di per sé, a far venir meno la pericolosità sociale. È necessaria una valutazione caso per caso, basata su elementi di fatto concreti e attuali che possono dimostrare la stabilità del vincolo associativo e la permanenza di un’indole criminale. La decisione della Corte di Appello, essendo fondata su un’analisi logica e dettagliata di tali elementi, è stata ritenuta immune da censure di legittimità, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Un lungo periodo di detenzione annulla automaticamente la pericolosità sociale di una persona?
No, secondo la sentenza, il lungo periodo di detenzione non è di per sé sufficiente a far venir meno la pericolosità sociale. La valutazione deve basarsi su elementi concreti e attuali che possono dimostrare la persistenza di legami e intenzioni criminali.

Quali elementi possono essere usati per dimostrare la pericolosità sociale attuale?
La Corte può considerare una serie di elementi, anche non costituenti reato, tra cui: condanne definitive, comportamenti tenuti in carcere (come la pianificazione di futuri reati), attività svolte durante permessi premio, frequentazioni con pregiudicati, e qualsiasi altro fatto che dimostri la stabilità del vincolo con un’associazione criminale.

Il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione è sempre ammesso?
No, è ammesso soltanto per violazione di legge. Questa categoria include il caso di una motivazione del provvedimento che sia totalmente assente o solo apparente, ma non permette di contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice, se questa è logica e ben argomentata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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