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Pericolosità sociale: obbligo di rivalutazione

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un individuo condannato per aver violato le prescrizioni della sorveglianza speciale. Il punto centrale della decisione riguarda l’obbligo per i giudici di rivalutare l’attuale e persistente pericolosità sociale del soggetto dopo un periodo di detenzione, prima di riattivare la misura di prevenzione. La Corte, citando recenti sentenze, ha stabilito che tale verifica è sempre necessaria, anche per detenzioni inferiori a due anni, altrimenti la misura è inefficace e la sua violazione non costituisce reato.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Misure di Prevenzione: La Cassazione Impone la Rivalutazione

La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, in linea con un intervento della Corte Costituzionale, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la pericolosità sociale di un individuo non può essere presunta, ma deve essere sempre oggetto di una valutazione attuale e concreta. Questo principio assume particolare rilevanza quando una misura, come la sorveglianza speciale, viene sospesa per un periodo di detenzione e deve essere poi riattivata. Una recente sentenza chiarisce che, senza una nuova verifica, la misura è inefficace e la sua violazione non può essere punita.

Il Caso in Esame: Violazione della Sorveglianza Speciale

Il caso analizzato riguarda un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con l’obbligo di soggiorno nel proprio comune per la durata di due anni e sei mesi. Tra le prescrizioni imposte vi era il divieto di rincasare dopo le ore 21:00 e di uscire prima delle 06:00. L’uomo veniva trovato fuori dalla sua abitazione alle 21:15, senza comprovate necessità né preventiva comunicazione, violando così gli obblighi della misura.

Per questa violazione, sia il Giudice dell’udienza preliminare che la Corte di Appello lo avevano condannato per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. 159/2011. Tuttavia, la difesa ha sollevato un punto cruciale nel ricorso in Cassazione, recepito anche dal Procuratore generale: la mancata rivalutazione della sua pericolosità sociale dopo un periodo di detenzione sofferto.

La Necessaria Verifica della Pericolosità Sociale

Il cuore della questione legale risiede nell’interpretazione degli effetti di un periodo di detenzione sulla validità di una misura di prevenzione precedentemente imposta. La difesa e il Procuratore generale hanno sostenuto che la Corte di Appello avesse errato nel confermare la condanna senza prima verificare se, dopo la detenzione, il soggetto fosse ancora socialmente pericoloso.

Questo argomento si fonda su un principio di diritto consolidato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 2024 e ripreso dalla Cassazione (Sez. 1, n. 14346/2025). Secondo tale orientamento, quando una misura di prevenzione viene sospesa a causa dello stato detentivo del sorvegliato, non può essere riattivata automaticamente alla sua scarcerazione. È necessario che il giudice proceda a una nuova e approfondita valutazione dei due profili fondamentali:

1. Attualità della pericolosità sociale: verificare se il pericolo che il soggetto commetta reati esista ancora al momento della decisione.
2. Persistenza della pericolosità sociale: accertare che tale pericolo non sia venuto meno a seguito del tempo trascorso e, in particolare, dell’esperienza detentiva.

L’impatto sulla Validità della Misura: irrilevanza della Durata della Detenzione

Un aspetto fondamentale chiarito dalla Cassazione è che questo obbligo di rivalutazione sussiste indipendentemente dalla durata della detenzione. Anche un periodo detentivo inferiore ai due anni impone al giudice di effettuare tale verifica. L’omissione di questa analisi non è una mera formalità, ma un vizio sostanziale che incide direttamente sull’efficacia della misura di prevenzione.

Se la pericolosità sociale attuale e persistente non viene accertata, viene meno una delle condizioni essenziali per la validità della misura stessa. Di conseguenza, le prescrizioni imposte non possono essere considerate legalmente vincolanti, e la loro trasgressione non può integrare il reato previsto dalla legge.

le motivazioni

La Corte di Cassazione, aderendo all’orientamento giurisprudenziale più recente, ha stabilito che l’omessa rivalutazione dei profili di attualità e persistenza della pericolosità sociale, dopo un periodo di detenzione, determina l’inefficacia della misura di prevenzione. Questa verifica è un presupposto indispensabile per poter considerare la misura validamente in vigore al momento della presunta violazione. Poiché nel caso di specie i giudici di merito non avevano effettuato tale accertamento, la misura di sorveglianza speciale non poteva ritenersi efficace. Pertanto, il comportamento del soggetto, pur essendo una violazione formale delle prescrizioni, non poteva configurare il reato contestato, poiché mancava il presupposto giuridico della validità della misura stessa.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza le garanzie individuali, subordinando la restrizione della libertà personale derivante dalle misure di prevenzione a una valutazione concreta e attuale della pericolosità sociale. Non è sufficiente basarsi su una valutazione passata, specialmente dopo un evento significativo come un periodo di detenzione. L’inefficacia della misura in assenza di tale rivalutazione comporta l’impossibilità di punire chi ne viola le prescrizioni, sancendo un principio di legalità e di necessaria concretezza nell’applicazione delle misure di prevenzione.

È necessario rivalutare la pericolosità sociale di un soggetto dopo un periodo di detenzione per riattivare una misura di prevenzione?
Sì, la sentenza chiarisce che i profili di attualità e persistenza della pericolosità sociale devono essere sempre nuovamente valutati prima di ripristinare una misura di prevenzione sospesa a causa di una detenzione.

Questa rivalutazione è obbligatoria anche se la detenzione è durata meno di due anni?
Sì, il principio si applica anche quando la detenzione ha avuto una durata inferiore ai due anni. La durata della detenzione non è un fattore discriminante per l’obbligo di verifica.

Cosa succede se la Corte non effettua la rivalutazione della pericolosità sociale?
L’omessa rivalutazione determina il venir meno di una delle condizioni di efficacia della misura di prevenzione. Di conseguenza, non si può ritenere integrato il reato di violazione delle prescrizioni a carico di chi le trasgredisce, perché la misura stessa non è validamente in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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