Pericolosità Sociale e Misure di Prevenzione: La Cassazione Impone la Rivalutazione
La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, in linea con un intervento della Corte Costituzionale, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la pericolosità sociale di un individuo non può essere presunta, ma deve essere sempre oggetto di una valutazione attuale e concreta. Questo principio assume particolare rilevanza quando una misura, come la sorveglianza speciale, viene sospesa per un periodo di detenzione e deve essere poi riattivata. Una recente sentenza chiarisce che, senza una nuova verifica, la misura è inefficace e la sua violazione non può essere punita.
Il Caso in Esame: Violazione della Sorveglianza Speciale
Il caso analizzato riguarda un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con l’obbligo di soggiorno nel proprio comune per la durata di due anni e sei mesi. Tra le prescrizioni imposte vi era il divieto di rincasare dopo le ore 21:00 e di uscire prima delle 06:00. L’uomo veniva trovato fuori dalla sua abitazione alle 21:15, senza comprovate necessità né preventiva comunicazione, violando così gli obblighi della misura.
Per questa violazione, sia il Giudice dell’udienza preliminare che la Corte di Appello lo avevano condannato per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. 159/2011. Tuttavia, la difesa ha sollevato un punto cruciale nel ricorso in Cassazione, recepito anche dal Procuratore generale: la mancata rivalutazione della sua pericolosità sociale dopo un periodo di detenzione sofferto.
La Necessaria Verifica della Pericolosità Sociale
Il cuore della questione legale risiede nell’interpretazione degli effetti di un periodo di detenzione sulla validità di una misura di prevenzione precedentemente imposta. La difesa e il Procuratore generale hanno sostenuto che la Corte di Appello avesse errato nel confermare la condanna senza prima verificare se, dopo la detenzione, il soggetto fosse ancora socialmente pericoloso.
Questo argomento si fonda su un principio di diritto consolidato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 2024 e ripreso dalla Cassazione (Sez. 1, n. 14346/2025). Secondo tale orientamento, quando una misura di prevenzione viene sospesa a causa dello stato detentivo del sorvegliato, non può essere riattivata automaticamente alla sua scarcerazione. È necessario che il giudice proceda a una nuova e approfondita valutazione dei due profili fondamentali:
1. Attualità della pericolosità sociale: verificare se il pericolo che il soggetto commetta reati esista ancora al momento della decisione.
2. Persistenza della pericolosità sociale: accertare che tale pericolo non sia venuto meno a seguito del tempo trascorso e, in particolare, dell’esperienza detentiva.
L’impatto sulla Validità della Misura: irrilevanza della Durata della Detenzione
Un aspetto fondamentale chiarito dalla Cassazione è che questo obbligo di rivalutazione sussiste indipendentemente dalla durata della detenzione. Anche un periodo detentivo inferiore ai due anni impone al giudice di effettuare tale verifica. L’omissione di questa analisi non è una mera formalità, ma un vizio sostanziale che incide direttamente sull’efficacia della misura di prevenzione.
Se la pericolosità sociale attuale e persistente non viene accertata, viene meno una delle condizioni essenziali per la validità della misura stessa. Di conseguenza, le prescrizioni imposte non possono essere considerate legalmente vincolanti, e la loro trasgressione non può integrare il reato previsto dalla legge.
le motivazioni
La Corte di Cassazione, aderendo all’orientamento giurisprudenziale più recente, ha stabilito che l’omessa rivalutazione dei profili di attualità e persistenza della pericolosità sociale, dopo un periodo di detenzione, determina l’inefficacia della misura di prevenzione. Questa verifica è un presupposto indispensabile per poter considerare la misura validamente in vigore al momento della presunta violazione. Poiché nel caso di specie i giudici di merito non avevano effettuato tale accertamento, la misura di sorveglianza speciale non poteva ritenersi efficace. Pertanto, il comportamento del soggetto, pur essendo una violazione formale delle prescrizioni, non poteva configurare il reato contestato, poiché mancava il presupposto giuridico della validità della misura stessa.
le conclusioni
In conclusione, la sentenza rafforza le garanzie individuali, subordinando la restrizione della libertà personale derivante dalle misure di prevenzione a una valutazione concreta e attuale della pericolosità sociale. Non è sufficiente basarsi su una valutazione passata, specialmente dopo un evento significativo come un periodo di detenzione. L’inefficacia della misura in assenza di tale rivalutazione comporta l’impossibilità di punire chi ne viola le prescrizioni, sancendo un principio di legalità e di necessaria concretezza nell’applicazione delle misure di prevenzione.
È necessario rivalutare la pericolosità sociale di un soggetto dopo un periodo di detenzione per riattivare una misura di prevenzione?
Sì, la sentenza chiarisce che i profili di attualità e persistenza della pericolosità sociale devono essere sempre nuovamente valutati prima di ripristinare una misura di prevenzione sospesa a causa di una detenzione.
Questa rivalutazione è obbligatoria anche se la detenzione è durata meno di due anni?
Sì, il principio si applica anche quando la detenzione ha avuto una durata inferiore ai due anni. La durata della detenzione non è un fattore discriminante per l’obbligo di verifica.
Cosa succede se la Corte non effettua la rivalutazione della pericolosità sociale?
L’omessa rivalutazione determina il venir meno di una delle condizioni di efficacia della misura di prevenzione. Di conseguenza, non si può ritenere integrato il reato di violazione delle prescrizioni a carico di chi le trasgredisce, perché la misura stessa non è validamente in vigore.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30070 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30070 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2222/2025
CC – 26/06/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 13/02/2025 della CORTE di APPELLO di CATANIA;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del 16/05/2019 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città, che aveva riconosciuto NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 75 comma 2 d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 – perchØ, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di anni due e mesi sei, violava le prescrizioni di non rincasare oltre le ore 21.00 e di non uscire di casa oltre le ore 06.00, venendo trovato fuori dal proprio domicilio alle ore 21.15, senza comprovate necessità e in assenza di preventiva comunicazione – e, per l’effetto, lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione, previa riduzione per il rito abbreviato prescelto.
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’annullamento con rinvio in accoglimento del primo motivo, avente carattere assorbente rispetto al secondo.E infatti, non Ł stata effettuata la necessaria verifica, in punto di perdurante pericolosità sociale dell’imputato, all’indomani della cessazione del periodo detentivo da quest’ultimo sofferto; tale verifica sarebbe stata doverosa, anche a fronte di una detenzione di durata inferiore al biennio.
2.1. In linea generale, il principio di diritto al quale attenersi all’indomani della sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2024 – quanto al tema della sussistenza dei requisiti atti a fondare il ripristino di una misura di prevenzione che sia restata sospesa, in ragione della sopravvenuta restrizione patita dal sorvegliato – Ł nel senso che i due profili della attualità e della persistenza della pericolosità sociale vadano nuovamente valutati, anche laddove la detenzione stessa si sia protratta per un lasso di tempo inferiore ai due anni (in questo senso, da ultimo, si Ł espressa Sez. 1, n. 14346 del 08/01/2025, COGNOME, Rv. 287880 01, la quale ha avuto cura di precisare come la omessa rivalutazione dei profili della attualità e della persistenza della pericolosità sociale – anche nel caso in cui la detenzione si sia protratta per meno di due anni – determini il venir meno di una delle condizioni di efficacia della misura di prevenzione, consequenzialmente precludendo la possibilità di ritenere integrato, a carico di colui che abbia trasgredito alle prescrizioni, il paradigma normativo ex art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159).
NOME COGNOME