Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7227 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7227 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MINTURNO il 17/01/1976
avverso la sentenza del 21/06/2024 della Corte d’appello di Napoli udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 giugno 2019 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in rito ordinario, ha condannato NOME COGNOME alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione, oltre statuizioni accessorie, per il reato di cui all’art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, perchØ, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di Castel Volturno, non veniva rintracciato presso l’abitazione in orario serale, come indicato nelle prescrizioni della misura di prevenzione, fatto avvenuto il 5 maggio 2015 .
Con sentenza del 21 giugno 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce violazione di legge, perchØ non era stata effettuata la rivalutazione della pericolosità prevista dall’art. 14 d. lgs. n. 159 del 2011, nel testo introdotto dalla l. 17 ottobre 2017, n. 161, pur essendo decorsi due anni tra la data di emissione del decreto applicativo della misura di prevenzione (2 febbraio 2012) e la data in cui il Buccino Ł stato risottoposto alla misura di prevenzione (11 febbraio 2014), che era stata sospesa a partire dal 21 settembre 2012, data in cui il prevenuto era stato arrestato per altra causa ed a partire dalla quale era stato detenuto senza soluzione di continuità fino all’11 febbraio 2024.
Con memoria depositata in corso di procedimento il difensore del ricorrente, avv. NOME
COGNOME, ha insistito per l’accoglimento del ricorso ed evidenziato che nelle more Ł intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 17 ottobre 2024, che ha ritenuto incostituzionale la previsione dell’art. 14 d. lgs n. 159 del 2011, nella parte in cui prevede che il rinnovo della valutazione di pericolosità debba essere effettuato soltanto quando sono decorsi due anni dalla sospensione della misura di prevenzione.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato, sia pure per ragioni parzialmente diverse da quelle dedotte.
Dalla lettura della sentenza impugnata, e dello stesso ricorso, emerge che il prevenuto Ł stato risottoposto alla misura di prevenzione il giorno 11 febbraio 2014; pertanto, al caso in esame non Ł applicabile ratione temporis l’art. 14, comma 2ter , d. lgs. n. 159 del 2011, che dispone che ‘dopo la cessazione dello stato di detenzione, se esso si Ł protratto per almeno due anni, il tribunale verifica, anche d’ufficio, sentito il pubblico ministero che ha esercitato le relative funzioni nel corso della trattazione camerale, la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato (…)’, perchØ tale norma Ł stata introdotta soltanto con la l. 17 ottobre 2017, n. 161.
Da ciò consegue che sulla decisione del ricorso in esame non incide neanche la sentenza della Corte costituzionale 24 settembre 2024, n. 162, richiamata dal ricorrente nella memoria depositata in corso di giudizio, che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2ter , del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonchØ nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), limitatamente alle parole «se esso si Ł protratto per almeno due anni».
La versione dell’art. 14 d.lgs. n. 159 del 2011 vigente alla data dell’11 febbraio 2014 prevedeva, in realtà, soltanto che ‘1. La sorveglianza speciale comincia a decorrere dal giorno in cui il decreto Ł comunicato all’interessato e cessa di diritto allo scadere del termine nel decreto stesso stabilito, se il sorvegliato speciale non abbia, nel frattempo, commesso un reato. 2. Se nel corso del termine stabilito il sorvegliato commette un reato per il quale riporti successivamente condanna e la sorveglianza speciale non debba cessare, il tribunale verifica d’ufficio se la commissione di tale reato possa costituire indice della persistente pericolosità dell’agente; in tale caso il termine ricomincia a decorrere dal giorno nel quale Ł scontata la pena.
Il sistema, però, era già stato interpolato dalla decisione della Corte costituzionale 2 dicembre 2013, n. 291, che, pronunciandosi sull’art. 12 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), che conteneva la precedente disciplina del sistema delle misure di prevenzione, e che Ł stata abrogata dall’art. 120 d.lgs. n. 159 del 2011, aveva dichiarato incostituzionale la norma ‘nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui l’esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l’organo che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d’ufficio, la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato nel momento dell’esecuzione della misura’.
Nel sistema della sentenza n. 291 del 2013 non era previsto alcun limite temporale di durata della sospensione della misura di prevenzione, oltre la quale si sarebbe dovuto intervenire con una nuova rivalutazione della pericolosità. La l. n. 161 del 2017 ha poi introdotto il limite minimo dei due anni attraverso la previsione del comma 2ter dell’art. 14 che Ł stato riportato sopra, e che Ł stato dichiarato incostituzionale con la recente sentenza n. 267 del 2024.
Ne consegue che alla data dell’11 febbraio 2014, in cui il prevenuto, cessato lo stato di
detenzione, Ł stato sottoposto nuovamente alla misura di prevenzione, il giudice avrebbe dovuto procedere alla rivalutazione della pericolosità, anche se la misura era rimasta sospesa per un periodo inferiore ai due anni, perchØ la sentenza n. 291 del 2013 della Corte costituzionale, come detto, non prevedeva un periodo minimo di sospensione perchØ fosse necessaria la rinnovazione dell’accertamento di pericolosità.
Il ricorso sostiene che la rivalutazione della pericolosità nel caso in esame non Ł stata effettuata.
In effetti, la lettura della motivazione delle sentenze di primo e di secondo grado non permette di comprendere se questa rivalutazione della pericolosità vi sia stata, perchØ nel percorso logico che porta all’affermazione del giudizio di responsabilità nØ la pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nØ quella della Corte di appello di Napoli menzionano l’esistenza di un provvedimento di rivalutazione della pericolosità ad opera del giudice della prevenzione, una volta cessata la detenzione che aveva comportato la sospensione della misura.
Eppure, si tratta di un passaggio logico necessario nella motivazione che porta all’affermazione di responsabilità, perchØ ‘la nuova verifica da parte del giudice competente, attestante la pericolosità della persona, costituisce una condizione di efficacia della misura di prevenzione. In difetto di tale accertamento, non sussiste il reato di cui all’art. 75, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto non avendo efficacia il provvedimento genetico della misura di prevenzione, non può configurarsi il fatto penalmente rilevante della sua violazione’ (Sez. U, n. 51407 del 21/06/2018, M., Rv. 273952 – 01, in motivazione).
Nel caso in esame, la circostanza che il giudizio di responsabilità sia stato pronunciato in mancanza di tale passaggio logico nella motivazione della sentenza rende, pertanto, tale motivazione mancante nel significato di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., e comporta che il ricorso debba essere accolto e che la sentenza impugnata debba essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rivio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
Così Ł deciso, 12/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME