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Pericolosità sociale: nuova misura e ne bis in idem

La Corte di Cassazione ha stabilito che è legittimo applicare una nuova misura di prevenzione per pericolosità sociale a un soggetto già sottoposto a una misura precedente, qualora emergano nuovi elementi di prova. In questo caso, la Corte ha respinto il ricorso di un individuo, confermando che il principio del ‘ne bis in idem’ opera ‘rebus sic stantibus’ e non impedisce una nuova valutazione della pericolosità sociale basata su fatti recenti, come la partecipazione a un’associazione mafiosa emersa da nuove indagini.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità sociale: La Cassazione chiarisce i limiti del ‘ne bis in idem’ nelle misure di prevenzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3698 del 2024, affronta un tema cruciale nell’ambito delle misure di prevenzione: la possibilità di applicare una nuova misura a un soggetto già destinatario di un provvedimento analogo. Il caso analizzato permette di approfondire il concetto di pericolosità sociale e i limiti di applicazione del principio del ne bis in idem (divieto di essere giudicati due volte per lo stesso fatto) in questo specifico settore.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già sottoposto a una misura di prevenzione nel 2016, si vedeva applicare nel 2021 una nuova misura di sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza per la durata di quattro anni. La decisione si fondava sulla sua ritenuta pericolosità sociale qualificata, derivante dal suo coinvolgimento in due recenti procedimenti penali per partecipazione a una potente cosca di ‘ndrangheta attiva nel settore delle estorsioni. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la violazione del principio del ne bis in idem.

I Motivi del Ricorso: Pericolosità Sociale e Giudicato

Il ricorrente basava la sua difesa su tre argomenti principali:

1. Violazione del giudicato: Sosteneva che la nuova misura si basasse sulle medesime risultanze investigative già valutate per il decreto del 2016, violando così il divieto di un secondo giudizio per gli stessi fatti.
2. Mancanza dei requisiti di legge: Affermava che la sua pericolosità sociale non fosse stata dimostrata da fatti specifici, ma solo da mere emergenze investigative, senza considerare la sua assoluzione in un altro procedimento penale.
3. Difetto di attualità della pericolosità: Criticava il giudizio sull’attualità della sua pericolosità, ritenendolo fondato su presunzioni e non su una concreta valutazione della sua attuale condotta antisociale. Sosteneva inoltre che il periodo di custodia cautelare subito avrebbe dovuto introdurre una presunzione di risocializzazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, offrendo importanti chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati.

Il Principio del ‘Ne Bis in Idem’ e la sua Applicazione alla Pericolosità Sociale

La Corte ha ribadito un principio consolidato: nel procedimento di prevenzione, il divieto del ne bis in idem opera rebus sic stantibus, ovvero ‘stando così le cose’. Ciò significa che la preclusione del giudicato non impedisce una nuova valutazione della pericolosità sociale se, dopo la prima decisione, vengono acquisiti elementi nuovi, precedenti o successivi al giudicato, ma non ancora valutati.

Nel caso specifico, gli elementi a fondamento della nuova misura provenivano da procedimenti penali sorti dopo il 2016. Di conseguenza, non si trattava di una rivalutazione degli stessi fatti, ma di un nuovo giudizio basato su circostanze inedite che indicavano una persistenza o un aggravamento della pericolosità sociale del soggetto. Non vi è stata, quindi, alcuna violazione del giudicato.

La Prova della Pericolosità Sociale Attuale

La Cassazione ha chiarito che la valutazione sull’esistenza e sull’attualità della pericolosità sociale costituisce una questione di fatto, il cui accertamento è riservato ai giudici di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità, se non per vizi logici della motivazione.

I giudici hanno ritenuto che i gravi indizi di partecipazione (e non di mera contiguità) a una potente cosca mafiosa, emersi dalle ordinanze di custodia cautelare, fossero elementi più che sufficienti per affermare la pericolosità del soggetto. Citando le Sezioni Unite, la Corte ha inoltre ricordato che, in caso di partecipazione a un’associazione mafiosa, è possibile applicare una presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo per dimostrare l’attualità della pericolosità, a condizione che tale presunzione sia verificata alla luce di specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto.

Le Conclusioni

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’applicazione di una nuova misura di prevenzione quando supportata da elementi probatori nuovi e significativi, emersi successivamente alla prima decisione. Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui il giudizio sulla pericolosità sociale è dinamico e deve essere costantemente aggiornato sulla base delle evidenze disponibili. Il principio del ne bis in idem, pur fondamentale, trova un’applicazione flessibile in questo contesto, per garantire che le misure di prevenzione rispondano efficacemente alla necessità di tutelare la collettività da individui la cui condotta dimostra una concreta e attuale propensione a delinquere.

È possibile applicare una nuova misura di prevenzione a chi ne ha già subita una?
Sì, è possibile. Il principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di essere giudicati due volte per lo stesso fatto) nei procedimenti di prevenzione opera ‘rebus sic stantibus’, cioè finché le circostanze restano le stesse. Se emergono nuovi elementi di prova, non valutati in precedenza, che indicano una maggiore o persistente pericolosità sociale, è legittima una nuova valutazione e l’applicazione di una nuova misura.

Come si dimostra la pericolosità sociale ‘attuale’ di una persona?
La valutazione dell’attualità della pericolosità sociale è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito. Si basa su elementi concreti che dimostrano la probabilità che il soggetto commetta futuri reati. Nel caso di partecipazione a un’associazione mafiosa, la stabilità del vincolo associativo può far presumere l’attualità del pericolo, ma questa presunzione deve essere sempre verificata alla luce di specifici elementi del caso concreto.

Quali elementi possono giustificare una misura di sorveglianza speciale?
La misura è giustificata da gravi indizi che riconducono il soggetto a una delle categorie di pericolosità previste dalla legge, come ad esempio le persone che si ritiene vivano con i proventi di attività delittuose o coloro indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso. Nel caso esaminato, essere sottoposto a misure cautelari per partecipazione a una cosca di ‘ndrangheta è stato ritenuto un indice sicuro di pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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