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Pericolosità sociale: non basta il tempo a cancellarla

La Corte di Cassazione ha confermato la riattivazione di una misura di sorveglianza speciale, sospesa per decenni a causa dell’espiazione di una lunga pena. La Corte ha stabilito che il solo trascorrere del tempo non è sufficiente a far venir meno la pericolosità sociale di un individuo. Nuovi comportamenti illeciti, come reati legati agli stupefacenti e una condanna per guida in stato di ebbrezza con fuga, sono stati considerati prove decisive della persistenza di tale pericolosità, giustificando la piena esecuzione della misura di prevenzione e rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: il Tempo Non Basta a Cancellare il Passato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6269 del 2024, affronta un tema di grande rilevanza nel diritto penale: la valutazione della pericolosità sociale di un individuo a distanza di molti anni dall’applicazione di una misura di prevenzione. La Corte chiarisce che il trascorrere del tempo, anche se segnato da una lunga detenzione, non è sufficiente a far presumere automaticamente la cessazione della pericolosità, specialmente se nuovi episodi criminali dimostrano il contrario.

I Fatti del Caso: La Riattivazione di una Misura di Prevenzione

Il caso riguarda un uomo a cui era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel 1997. L’esecuzione di tale misura era stata sospesa per oltre vent’anni, in quanto l’interessato doveva scontare una lunga pena detentiva.

Una volta terminata l’espiazione della pena, il Tribunale prima e la Corte di Appello di Salerno poi hanno ritenuto che la sua pericolosità fosse ancora attuale, ordinando quindi l’esecuzione della misura di prevenzione. La decisione si basava su elementi recenti, tra cui un’ordinanza di custodia cautelare per reati legati agli stupefacenti e una condanna per guida in stato di ebbrezza e fuga a seguito di un incidente stradale.

L’Appello in Cassazione: I Motivi del Ricorso

Il difensore dell’uomo ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte di Appello avesse errato nella sua valutazione. La difesa lamentava una motivazione carente, in particolare riguardo a delle intercettazioni telefoniche nelle quali l’identificazione del soggetto tramite un soprannome era ritenuta incerta. Si contestava inoltre che la Corte avesse implicitamente rimandato la valutazione della pericolosità a un momento futuro, abdicando al proprio dovere di accertamento attuale.

La Valutazione della Persistente Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione ha respinto completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: mentre un lungo periodo di tempo, specialmente se trascorso in carcere con finalità rieducative, può far presumere un affievolimento della pericolosità sociale, questa presunzione non è assoluta né automatica. È sempre necessaria una valutazione concreta e basata su fatti specifici.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte di Appello fosse ampia, logica e ben fondata. I giudici di merito avevano correttamente basato la loro decisione su elementi concreti e attuali che dimostravano una “irriducibile propensione a delinquere” e una totale insensibilità a ogni forma di ravvedimento.

In particolare, sono stati considerati decisivi:

1. I Nuovi Procedimenti Penali: L’esistenza di gravi indizi di colpevolezza per reati in materia di stupefacenti, risalenti al 2021, è stata ritenuta un elemento idoneo a comprovare la permanenza dell’inclinazione a delinquere. La Cassazione ha specificato che l’incertezza su singole frasi intercettate non era decisiva di fronte al quadro indiziario complessivo.
2. La Condotta Posteriore: La condanna del 2018 per guida in stato di ebbrezza, omissione di soccorso e fuga dopo un incidente stradale è stata vista come un ulteriore e significativo indicatore. Questo episodio, avvenuto durante un periodo di affidamento in prova ai servizi sociali, dimostrava l’incapacità del soggetto di rispettare le regole anche quando sottoposto a un percorso di reinserimento.

La Cassazione ha concluso che queste circostanze, valutate nel loro insieme, fornivano una prova schiacciante della persistente pericolosità sociale del soggetto, giustificando pienamente la riattivazione della misura di prevenzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma che la valutazione sulla pericolosità di un individuo deve essere sempre attuale e ancorata a fatti concreti. Il passato criminale non viene cancellato dal tempo, ma la sua rilevanza attuale deve essere provata. Nuovi comportamenti antigiuridici, anche se di natura diversa rispetto ai reati originari, possono essere sufficienti a dimostrare che la propensione a violare la legge non è venuta meno. Per i giudici, questo significa che la valutazione non può essere astratta, ma deve basarsi su un’analisi approfondita della condotta di vita recente del soggetto, confermando che le misure di prevenzione servono a proteggere la società da un pericolo concreto e attuale, non da uno meramente presunto o passato.

Il lungo tempo trascorso e l’espiazione di una pena annullano automaticamente la pericolosità sociale?
No, secondo la sentenza, il decorso di un lungo periodo di tempo, anche se trascorso in espiazione di pena, non determina un effetto automatico di cancellazione della pericolosità sociale. È sempre necessaria una valutazione concreta basata su elementi attuali.

Quali elementi ha considerato la Corte per confermare la persistenza della pericolosità sociale?
La Corte ha considerato elementi recenti e concreti, come un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati legati agli stupefacenti e una condanna definitiva per aver provocato un incidente stradale in stato di ebbrezza e essersi dato alla fuga, fatti che avevano anche causato la revoca di un affidamento in prova ai servizi sociali.

Un ricorso in Cassazione può contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito?
No, di norma il ricorso in Cassazione non può rimettere in discussione la valutazione dei fatti e delle prove (come l’interpretazione delle intercettazioni). Può solo contestare vizi di legge o una motivazione mancante, contraddittoria o palesemente illogica, ma non può sostituire il giudizio del tribunale o della corte d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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