Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6269 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6269 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMENOME nato a Pagani il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 della Corte di appello di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Salerno confermava a carico di NOME COGNOME il decreto con il quale il locale Tribunale aveva ravvisato la persistenza della pericolosità e ordinato, conseguentemente, l’esecuzione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo
di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di due anni, applicata al ricorrente dalla medesima Corte di appello con decreto del 1997.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso il difensore di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo di ricorso, violazione degli artt. 203 e 133 cod. pen., nonché vizio di motivazione.
La Corte di appello di Salerno ha ritenuto irrilevante che il perito incaricato in sede dibattimentale di trascrivere le intercettazioni – poste a base dei provvedimenti cautelaci (per reati in materìa di stupefacenti) – in virtù delle quali è stato confermato il decreto di applicazione della misura di sorveglianza – non abbia riprodotto le frasi con cui il COGNOME avrebbe riferito ad un affiliato di aver ricevuto due rifornimenti da una persona, identificata con il soprannome “COGNOME“, e chiesto a NOME COGNOME, quale esecutore materiale di tali consegne, di salutargli il padre.
Eppure, tale profilo era stato specificamente eccepito dalla difesa, che aveva sottolineato che il soprannome “COGNOME” non identificava soltanto NOME COGNOME, bensì l’intera famiglia di origine.
Eccentrica sarebbe, inoltre, l’affermazione per cui, ove il processo pendente per i due reati in oggetto fosse stato definito con pronuncia assolutoria, il prevenuto avrebbe potuto comunque invocare la rivisitazione dei presupposti fondanti l’esecuzione del decreto applicativo della misura di prevenzione personale.
In tal modo, la Corte d’appello avrebbe abdicato al suo compito di esplicitare l’attualità dei requisiti di legge ed implicitamente procrastinato lo scrutinio di pericolosità ad una eventuale ipotetica rivisitazione dei presupposti per l’applicazione della misura di sicurezza.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
In disparte la considerazione che con esso si deduce espressamente vizio di motivazione del provvedimento impugnato, non conoscibile in sede di legittimità
in base al disposto dell’art. 10, comma 3, d.lgs. 06/09/2011, n. 159 (e che ciò fa, peraltro, nemmeno in termini di carenza assoluta su aspetto decisivo: Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246), le eccezioni difensive sono generiche, dal momento che non si confrontano con l’ampia motivazione del provvedimento impugnato.
2.1. Premesso che, nel caso di specie, la misura di prevenzione era stata sospesa in ragione dell’espiazione – più che ventennale – della pena da parte del proposto, ai sensi dell’art. 14 comma 2 -ter, d.lgs. 06/09/2011, n. 159, i Giudici della Corte d’appello si mostrano ben consapevoli del fatto che il decorso di un lungo periodo di tempo, vieppiù se trascorso in espiazione pena (in astratto suscettibile di condurre alla risocializzazione del condannato), lascia tendenzialmente presumere il venir meno della pericolosità sociale.
Correttamente, aggiungono che tale effetto non è, tuttavia, automatico, ma che esige una valutazione in concreto.
2.2. Argomentano, in tal senso, a partire dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, nel 2021, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, misura poi sostituita con gli arresti domiciliari per i reati in tema di stupefacenti citati nel ricorso, aggiungendo – è vero – che il perito incaricato in sede dibattimentale della trascrizione delle decisioni non aveva riprodotto (per incomprensibilità) le frasi riferite nel motivo di ricorso, ma specificando, al tempo stesso, che ciò che conta è che siano stati comunque ravvisati i gravi indizi di colpevolezza dì cui all’art. 273 cod. proc. pen., poiché tale elemento istruttorio è idoneo a comprovare la permanenza della inclinazione a delinquere del proposto, senza che, peraltro, sia stata dimostrata in questa sede la decisività delle conversazioni menzionate.
Inoltre, i Giudici della Corte d’appello adducono, quale ulteriore riscontro, la sospensione, il 10/07/2018, del beneficio dell’affidamento in prova ai servizi sociali, con conseguente ripristino della carcerazione, per avere il proposto, che guidava in stato di ebrezza, provocato un sinistro stradale ed essersi dato alla fuga, e la conseguente condanna per i reati di cui agli artt. 186, comma 7; 189, comma 6 e 7, d.lgs. 30/04/1992, n. 285, alla pena della reclusione di quattro mesi: rendendo una motivazione che, incidentalmente, priva di rilievo l’eccezione difensiva sull’incerta identificazione del proposto, la quale rappresenta peraltro questione di fatto non deducibile in Cassazione.
Concludono, quindi, ìn modo non sindacabile ìn sede di legittimità, che il proposto ha di nuovo manifestato un’irriducibile propensione a delinquere, dimostrando di essere insensibile ad ogni forma di ravvedimento. E confermano, dunque, correttamente, il giudizio del Tribunale sulla permanenza della
pericolosità sociale, che giustifica l’esecuzione della prevenzione personale della sorveglianza speciale.
2.3. Né vale la pena di precisare che il provvedimento impugnato non è viziato dal passaggio finale della motivazione, che il ricorrente stigmatizza assumendo erroneamente che la Corte d’appello avrebbe con esso postergato la decisione.
L’affermazione si limita, infatti, ad avvisare il ricorrente della possibilità giuridica di ottenere la rivisitazione dei presupposti fondanti l’esecuzione del decreto applicativo della misura di prevenzione personale, peraltro ribadendo che «sul prevenuto grava la condanna subita in primo grado per reati commessi nel corso dell’affidamento ìn prova ai servizi sociali».
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile ìl ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/01/2024