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Pericolosità sociale: no agli arresti domiciliari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato per tentato omicidio che chiedeva gli arresti domiciliari. La decisione si fonda sull’elevata pericolosità sociale del soggetto, desunta da condotte aggressive e incapacità di rispettare le regole, elementi che rendono la custodia in carcere l’unica misura idonea, a prescindere dalla disponibilità di una dimora o del braccialetto elettronico.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione conferma il carcere se le alternative sono inadeguate

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 1561 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione della pericolosità sociale dell’indagato è un elemento cruciale e può giustificare il mantenimento della custodia in carcere anche in presenza di alternative apparentemente valide, come la disponibilità di un’abitazione per gli arresti domiciliari. Il caso analizzato riguarda un soggetto accusato di tentato omicidio aggravato e porto abusivo d’arma da fuoco, la cui richiesta di sostituzione della misura detentiva è stata respinta a ogni livello di giudizio.

I Fatti del Caso

L’indagato, detenuto in carcere, aveva richiesto la sostituzione della custodia cautelare con gli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori, situata a oltre 500 km dal luogo dei fatti. A sostegno della sua richiesta, adduceva l’ammissione dei fatti, l’assenza di un concreto pericolo di fuga, le scuse e il risarcimento del danno.

Tuttavia, sia il Giudice per le Indagini Preliminari sia, in seguito, il Tribunale del Riesame avevano rigettato la richiesta. La decisione dei giudici di merito si basava su una valutazione negativa della personalità dell’indagato, ritenuto estremamente pericoloso. Il caso è quindi giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Appello in Cassazione e la valutazione della pericolosità sociale

Nel ricorso per cassazione, la difesa ha contestato la decisione del Tribunale del Riesame, sostenendo una presunta attenuazione delle esigenze cautelari e criticando la mancata motivazione sull’inidoneità del braccialetto elettronico come strumento di controllo.

La Corte Suprema, però, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il motivo principale è che le critiche sollevate dalla difesa non denunciavano vizi di legittimità, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione. Il Tribunale del Riesame aveva infatti fornito una motivazione solida e ben ancorata agli atti processuali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha evidenziato come il Tribunale del Riesame avesse correttamente delineato l'”estrema pericolosità” dell’indagato sulla base di elementi oggettivi e concreti:

1. Condotta di vita e modalità del reato: I fatti per cui si procedeva (tentato omicidio per futili motivi) erano di per sé indicativi di una spiccata pericolosità.
2. Incapacità di rispettare le regole: Era emerso, da un altro procedimento, che l’indagato non era in grado di rispettare prescrizioni meno afflittive del carcere.
3. Aggressività e insofferenza: Un recente episodio di violenza e aggressività avvenuto all’interno del carcere confermava la sua incapacità di autocontrollo e la sua intolleranza verso l’autorità.

Di fronte a questo quadro, la Corte ha ritenuto irrilevanti gli argomenti della difesa. La distanza geografica della casa dei genitori non era un fattore decisivo, poiché la misura cautelare non serve solo a proteggere la vittima specifica, ma a contenere la pericolosità sociale generale dell’individuo. Allo stesso modo, il braccialetto elettronico è stato giudicato uno strumento inefficace nel caso specifico, in quanto capace solo di segnalare un’evasione, ma non di prevenire comportamenti impulsivi e violenti derivanti da una comprovata mancanza di autocontrollo.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza il principio secondo cui la scelta della misura cautelare deve essere adeguata e proporzionata alla personalità dell’indagato. Quando emerge una pericolosità sociale così radicata e manifesta, desunta da elementi concreti e non da mere congetture, anche la disponibilità di una dimora o di strumenti di controllo a distanza può non essere sufficiente a garantire le esigenze cautelari. In tali circostanze, la custodia in carcere rimane l’unica opzione percorribile per tutelare la collettività dal rischio di reiterazione di reati gravi.

Avere una casa e il supporto della famiglia è sufficiente per ottenere gli arresti domiciliari?
No, secondo la sentenza non è sufficiente. Se la pericolosità sociale dell’individuo è ritenuta molto elevata, come nel caso di specie, questi elementi non bastano a giustificare una misura meno restrittiva del carcere.

La grande distanza tra il luogo degli arresti domiciliari e quello del reato aiuta a ottenere la misura?
No, la distanza è considerata irrilevante. Le finalità delle misure cautelari non riguardano solo la protezione della vittima, ma anche il contenimento della pericolosità generale dell’imputato, che non viene meno con la lontananza geografica.

Perché il braccialetto elettronico è stato ritenuto inadeguato in questo caso?
Il braccialetto elettronico è stato ritenuto inadeguato perché può solo segnalare un’eventuale evasione, ma non può prevenire i comportamenti impulsivi, aggressivi e violenti derivanti dall’accertata incapacità di autocontrollo dell’imputato, che rappresentavano il cuore della sua pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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