Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7522 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7522 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino avverso il decreto del 02/09/2024 della Corte d’Appello di Torino ;
vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sost.Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
letta la memoria difensiva redatta nell’interesse di COGNOME NOME;
in procedura a trattazione scritta .
RITENUTO IN FATTO
In riferimento alla procedura di prevenzione trattata nei confronti di COGNOME questa Corte di Cassazione, sez. V, con sentenza emessa in data 30 gennaio 2024 n.13211 ha disposto l’annullamento – con rinvio per nuovo giudizio – del decreto emesso dalla Corte di Appello di Torino in data 22 giugno 2023.
Occorre pertanto rievocare – sia pure in breve – i contenuti essenziali della decisione rescindente.
Il punto oggetto di annullamento Ł rappresentato dall’inquadramento soggettivo di COGNOME NOME nella categoria tipica di cui all’art. 1 comma 1 lett. b del d.lgs. n.159 del 2011.
In particolare, secondo la decisione rescindente la Corte di merito non ha applicato in modo corretto le coordinate interpretative – emerse in questa sede di legittimità e valorizzate dalla Corte costituzionale con la sentenza 24 del 2019 – in tema di «approccio tassativizzante» alla materia della prevenzione.
Il vizio in diritto risulta essere quello di aver ritenuto «costante» la pericolosità sociale del COGNOME dai primi anni ’90 del secolo scorso in poi, nonostante l’esistenza di lunghi «intervalli di tempo» durante i quali non risulta svolta alcuna attività delittuosa lucrogenetica.
Tali intervalli temporali impediscono, in altre parole, di ritenere esistente il parametro della ‘abitualità’ (che connota la categoria soggettiva tipica), trattandosi di un vuoto non colmabile con mere congetture.
In sede di giudizio di rinvio, con la decisione oggi impugnata dalla parte pubblica, la Corte di Appello di Torino ha revocato le misure di prevenzione (personale e patrimoniale) che erano state
disposte in primo grado.
In motivazione si precisa che :
vi sono intervalli temporali molto consistenti, nella biografia criminale del COGNOME, che impediscono di ritenere sussistente il parametro della abitualità (non risultano commessi fatti di reato lucrogenetici dal 2000 al 2007 e dal 2012 al 2018);
tra il 2012 e il 2018 (periodo in cui, come si Ł detto, non vi sono manifestazioni di pericolosità) si collocano anche gli investimenti economici che erano stati confiscati in primo grado.
Dunque, anche considerando che il COGNOME ha esercitato – nell’intero arco della sua vita – una attività lecita di autodemolizione, non risulta possibile l’applicazione tanto di misura personale che di misura patrimoniale.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale territoriale.
Il ricorso Ł affidato a un unico motivo con cui si deduce assenza di motivazione su alcuni punti rilevanti.
COGNOME sarebbe stato, in ogni caso, portatore di pericolosità tra il 1990 e il 2000, tra il 2007 e il 2012 e tra il 2018 e il 2020. Dunque la Corte di Appello avrebbe dovuto esaminare le eventuali acquisizioni patrimoniali verificatesi in detto periodo (si cita un acquisto immobiliare del 2000 con mutuo pagato tra il 2000 e il 2015; l’immobile Ł stato poi alienato nel 2017). Si indica anche una ricettazione di una vettura che sarebbe stata rubata nel 2016 (fatto riunito in continuazione con episodi antecedenti).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Ed invero la Corte di Appello di Torino ha realizzato in modo corretto ed immune da vizi in diritto il mandato conferito dalla decisione rescindente.
Va ricordato, in particolare, che il profilo della ricognizione della condizione soggettiva di pericolosità esige il rispetto del principio di tassatività, come evidenziato nella decisione numero 24 del 2019 Corte cost. .
Vi Ł pertanto la necessità di rispettare – tra gli altri – il parametro della abitualità delle condotte delittuose lucrogenetiche, come evidenziato in piø occasioni negli arresti di questa Corte di legittimità, aspetto inquadrato in termini precisi nella decisione rescindente.
Va ricordato che a seguito dell’intervento della Consulta in tale parte ‘constatativa’ del giudizio di prevenzione, l’ applicazione della disposizione di cui alla lettera b dell’art. 1 del d.lgs. n.159 del 2011 può dirsi conforme ai principi costituzionali di riferimento se ed in quanto il giudice di merito abbia rispettato, dandone conto in motivazione, quei connotati di «tassatività» dei contenuti, già individuati da questa Corte di Cassazione negli arresti posteriori alla nota decisione Corte Edu De NOME contro Italia e così riassunti dal giudice delle leggi nella sent. n.24 del 2019 « le “categorie di delitto” che possono essere assunte a presupposto della misura sono in effetti suscettibili di trovare concretizzazione nel caso di specie esaminato dal giudice in virtø del triplice requisito – da provarsi sulla base di precisi «elementi di fatto», di cui il tribunale dovrà dare conto puntualmente nella motivazione (art. 13, secondo comma, Cost.) – per cui deve trattarsi di a) delitti commessi abitualmente (e dunque in un significativo arco temporale) dal soggetto, b) che abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui, c) i quali a loro volta costituiscano – o abbiano costituito in una determinata epoca – l’unico reddito del soggetto, o quanto meno una componente significativa di tale reddito ».
Resta pertanto ineliminabile, nel giudizio di prevenzione, la realizzazione di una operazione
preliminare di inquadramento del soggetto – di cui si discute – in una delle categorie legali di descrizione della pericolosità, secondo canoni interpretativi tesi a valorizzare la dimensione tassativa delle previsioni di legge, in particolare per quanto concerne l’area della pericolosità generica (caratterizzata da contenuti legislativi che fanno ricorso a locuzioni piø elastiche rispetto a quelle della pericolosità qualificata, modellate su specifiche fattispecie di delitto).
In particolare, va evidenziato che Ł stata proprio la promozione ed il consolidamento di simile opzione ermeneutica a determinare – in sede di decisione sull’incidente di legittimità costituzionale la presa d’atto, da parte della Consulta, di una conformità del «diritto vivente» – in riferimento alla fattispecie di cui alla lettera b del citato art.1 – ai canoni imposti dalla definitiva «attrazione» del sistema della prevenzione in un ambito presidiato dai principi costituzionali espressi dall’articolo 13 Cost. in tema di tutela della libertà personale – nonchØ dagli artt. 42, 117 Cost. e 1 Prot. Add. Cedu in tema di tutela della proprietà -, pur nella riaffermazione della distinzione tra «materia penale» in senso stretto ed intervento «preventivo» e limitativo di diritti costituzionalmente garantiti.
Occorre, pertanto, riportare per sintesi taluni contenuti della decisione in parola e lo stretto «collegamento funzionale» che la Corte Costituzionale ha ritenuto sussistente, in tale contesto, tra il compito integrativo affidato alla interpretazione giurisprudenziale e il mantenimento di un livello accettabile di «qualità della legge» : « occorre ancora rammentare che, già in epoca immediatamente precedente alla sentenza de Tommaso, la giurisprudenza di legittimità aveva compiuto un commendevole sforzo di conferire, in via ermeneutica, maggiore precisione alle due fattispecie di ‘pericolosità generica’ qui all’esame. Tale sforzo interpretativo Ł stato ripreso e potenziato successivamente alla pronuncia della Corte EDU, al dichiarato fine di porre rimedio al deficit di precisione in quella sede rilevato. Questa lettura convenzionalmente orientata, talora indicata come ‘tassativizzante’, muove dal presupposto metodologico secondo cui la fase prognostica relativa alla probabilità che il soggetto delinqua in futuro Ł necessariamente preceduta da una fase diagnostico-constatativa, nella quale vengono accertati (con giudizio retrospettivo) gli elementi costitutivi delle cosiddette ‘fattispecie di pericolosità generica’, attraverso un apprezzamento di «fatti», costituenti a loro volta «indicatori» della possibilità di iscrivere il soggetto proposto in una delle categorie criminologiche previste dalla legge (Corte di cassazione, sezione prima, sentenza 1 febbraio 2018-31 maggio 2018, n. 24707; sezione seconda, sentenza 4 giugno 2015-22 giugno 2015, n. 26235; sezione prima, sentenza 24 marzo 2015-17 luglio 2015, n. 31209; sezione prima, sentenza 11 febbraio 2014-5 giugno 2014, n. 23641). Con riferimento, in particolare, alle ‘fattispecie di pericolosità generica’ disciplinate dall’art. 1, numeri 1) e 2), della legge n. 1423 del 1956 e – oggi – dall’art. 1, lettere a) e b), del d.lgs. n. 159 del 2011 (disposizione, quest’ultima, alla quale per comodità si farà prevalentemente riferimento nel prosieguo), i loro elementi costitutivi sono stati dalla Corte di cassazione precisati nei termini seguenti. L’aggettivo «delittuoso», che compare sia nella lettera a) che nella lettera b) della disposizione, viene letto nel senso che l’attività del proposto debba caratterizzarsi in termini di ‘delitto’ e non di un qualsiasi illecito (Corte di cassazione, sezione prima, sentenza 19 aprile 2018-3 ottobre 2018, n. 43826; sezione seconda, sentenza 23 marzo 2012-3 maggio 2012, n. 16348), sì da escludere, ad esempio, che «il mero status di evasore fiscale» sia sufficiente a fondare la misura, ben potendo l’evasione tributaria consistere anche in meri illeciti amministrativi (Corte di cassazione, sezione quinta, sentenza 6 dicembre 2016-9 febbraio 2017, n. 6067; sezione sesta, sentenza 21 settembre 2017-21 novembre 2017, n. 53003). L’avverbio «abitualmente», che pure compare sia nella lettera a) che nella lettera b) della disposizione, viene letto nel senso di richiedere una «realizzazione di attività delittuose non episodica, ma almeno caratterizzante un significativo intervallo temporale della vita del proposto » (Cass., n. 31209 del 2015), in modo che si possa «attribuire al soggetto proposto una pluralità di condotte passate» (Corte di cassazione, sezione prima, sentenza 15 giugno 2017-9
gennaio 2018, n. 349), talora richiedendosi che esse connotino «in modo significativo lo stile di vita del soggetto, che quindi si deve caratterizzare quale individuo che abbia consapevolmente scelto il crimine come pratica comune di vita per periodi adeguati o comunque significativi» (Corte di cassazione, sezione seconda, sentenza 19 gennaio 2018-15 marzo 2018, n. 11846) .
Viene, dunque, in rilievo la descritta connotazione dei termini «delittuosi» ed il significato attribuito alla nozione di «abitualità», come veri e propri presìdi della legittimità costituzionale della stessa «base legale» dell’art.1 co.1 lett. b del d.lgs. n.159 del 2011 in tema di prevenzione : « allorchØ si versi – come nelle questioni ora all’esame – al di fuori della materia penale, non può del tutto escludersi che l’esigenza di predeterminazione delle condizioni in presenza delle quali può legittimamente limitarsi un diritto costituzionalmente e convenzionalmente protetto possa essere soddisfatta anche sulla base dell’interpretazione, fornita da una giurisprudenza costante e uniforme, di disposizioni legislative pure caratterizzate dall’uso di clausole generali, o comunque da formule connotate in origine da un certo grado di imprecisione. Essenziale – nell’ottica costituzionale così come in quella convenzionale – Ł, infatti, che tale interpretazione giurisprudenziale sia in grado di porre la persona potenzialmente destinataria delle misure limitative del diritto in condizioni di poter ragionevolmente prevedere l’applicazione della misura stessa .. La locuzione «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose» Ł oggi suscettibile, infatti, di essere interpretata come espressiva della necessità di predeterminazione non tanto di singoli ‘titoli’ di reato, quanto di specifiche ‘categorie’ di reato. Tale interpretazione della fattispecie permette di ritenere soddisfatta l’esigenza – sulla quale ha da ultimo giustamente insistito la Corte europea, ma sulla quale aveva già richiamato l’attenzione la sentenza n. 177 del 1980 di questa Corte – di individuazione dei «tipi di comportamento» («types of behaviour») assunti a presupposto della misura ».
Dai contenuti della decisione n.24 del 2019 Corte Cost. deriva – pertanto – una particolare esigenza di uniformità dell’indirizzo giurisprudenziale maturato nella presente sede di legittimità e richiamato dalla Consulta, sui punti caratterizzanti l’operazione ermeneutica sin qui rievocati, posto che l’adozione di letture diverse delle disposizioni ancora vigenti, tese a riportare in vita modelli di classificazione basati su concetti non rispondenti alla tassatività descrittiva, finirebbe con il porsi in contrasto con il delicato assetto di conformità ai principi costituzionali e convenzionali proposto e realizzato in tale decisione.
Va quindi ulteriormente ribadita l’affermazione (v. Sez. I n. 349 del 15.6.2017, dep.2018 ric. Bosco, rv 271996 e successive conformi) per cui, nella costruzione della fattispecie legale di pericolosità di cui all’art.1 co.1 lett. b del d.lgs. n.159 del 2011 il termine ‘delittuoso’ non Ł connotazione di disvalore generico della condotta pregressa, ma attributo che la qualifica, dunque il giudice della misura di prevenzione deve, preliminarmente, attribuire al soggetto proposto una pluralità di condotte passate (dato il riferimento alla abitualità ) che – vuoi facendosi riferimento ad accertamenti realizzati in sede penale, vuoi attraverso una autonoma ricostruzione incidentale che non risulti contraddetta da esiti assolutori – siano rispondenti al tipo di una previsione di legge penalmente rilevante e consistente in un delitto produttivo di reddito.
Secondo gli arresti di questa Corte di legittimità, ripresi in chiave di necessario rispetto del principio di tassatività dal giudice delle leggi, in sede di verifica della pericolosità sociale del soggetto proposto per l’applicazione della confisca di prevenzione il giudice del merito Ł tenuto – infatti – ad individuare il momento iniziale della suddetta pericolosità, al fine di sostenerne la correlazione con l’acquisto dei beni, sulla base non della constatazione di condotte genericamente indicative della propensione al delitto, ma dell’apprezzamento di condotte delittuose corrispondenti al tipo criminologico della disposizione che intende applicare, individuando il momento in cui le stesse abbiano raggiunto consistenza e abitualità tali da consentire, già all’epoca, l’applicazione della
misura di prevenzione (v. Sez. I n. 43826 del 19.4.2018, rv 273976).
Non può accedersi, pertanto, alla critica formulata dal PG impugnante.
In particolare, pur se fosse stata ‘integrata’ e ‘dichiarata’ la condizione soggettiva di pericolosità del COGNOME tra il 1990 e il 2000 – punto che la Corte di Appello ritiene in modo implicito – da ciò non avrebbe potuto derivare una diversa conclusione.
Ciò perchØ l’acquisto immobiliare dell’anno 2000, come lo stesso PG indica, risulta finanziato con l’accensione di un mutuo il cui pagamento avviene – in modo del tutto prevalente – in un periodo storico non caratterizzato da indicatori di pericolosità. Dunque la critica, pur evidenziando una imperfezione argomentativa, non ha alcuna effettiva potenzialità di accoglimento in un nuovo, ulteriore giudizio.
Analogamente, anche in rapporto alla misura personale Ł del tutto evidente che la decisione impugnata contiene una motivazione – implicita ma inequivoca – in punto di assenza dei presupposti, atteso che la consumazione di alcuni fatti delittuosi tra il 2018 e il 2020, una volta isolata e sganciata dalla ipotetica «continuità di azione criminale» che era stata sostenuta in primo grado non può porsi a base di una misura di prevenzione personale, per assenza del profilo di attualità della pericolosità, così come si Ł ritenuto nella decisione impugnata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così Ł deciso, 05/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME