Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37100 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37100 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Messina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Messina del 31/1/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 31.1.2024, il Tribunale di Sorveglianza di Messina ha rigettato un reclamo, presentato nell’interesse di COGNOME NOME, avverso un provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Messina del 21.11.2023, con cui era stata rigettata una istanza di misura ex .Reg2. n. 199 del 2010 in considerazione della pericolosità sociale del soggetto, autore di quattro furti nel 2022 e destinatario di una sanzione disciplinare in carcere del 24.3.2023.
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In particolare, il Tribunale di Sorveglianza ha respinto il reclamo, evidenziando che il Magistrato di Sorveglianza ha correttamente rilevato che la concessione del beneficio non può avere luogo laddove, come nel caso di specie, sussista il pericolo di commissione di ulteriori reati. Il pericolo è stato altrettanto correttamente desunto dai comportamenti del detenuto, ponendo l’accento sulla commissione di reati fino ad epoca recente e sulla condotta aggressiva tenuta in carcere.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo con cui ha dedotto l’inosservanza della legge penale con riferimento all’art. 1 legge n. 199 del 2010 e la mancanza o contraddittorietà della motivazione.
Si lamenta che il tribunale non abbia preso in considerazione la censura mossa nel reclamo, e cioè che il magistrato di sorveglianza, pur avendo esposto gli elementi positivi della non pendenza di procedimenti e della non evidenza di elementi di collegamento con la criminalità organizzata desumibile dalle informazioni di pubblica sicurezza, non abbia poi spiegato le ragioni della prevalenza degli elementi ostativi di cui all’art. 1, lett. d), L. n. 199 del 2010 riguardanti la pericolosità sociale del detenuto. A questo proposito, il ricorso denuncia la carenza di motivazione, che richiama genericamente una condotta aggressiva del detenuto in carcere, su cui centra la propria attenzione.
Con requisitoria scritta del 15.5.2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, non ravvisando alcun vizio della motivazione, che legittimamente considera l’aggressione in carcere come obiettivamente sintomatica di una personalità incline a commettere nuovi delitti.
Con memoria trasmessa in data 24.5.2024, il difensore di COGNOME ha osservato che il richiamo contenuto nella requisitoria della Procura Generale all’art. 1, lett. d), Legge n. 199 del 2010, non è ostativo alla concessione del beneficio richiesto nell’interesse del detenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Secondo quanto risulta dal provvedimento impugnato, il detenuto con il reclamo aveva dedotto solo l’irrilevanza, rispetto alla concedibilità del beneficio, della sanzione disciplinare inflittagli appena qualche mese prima per un’aggressione commessa ai danni di un altro detenuto.
Anche nel ricorso per cassazione, si insiste a censurare che «l’impugnata ordinanza centra il fulcro RAGIONE_SOCIALE proprie attenzioni unicamente sulla condotta tenuta
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dal COGNOME all’interno dell’Istituto dove lo stesso è detenuto», laddove invece il Tribunale di Sorveglianza di Messina, per sostenere la sussistenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, esplicitamente richiama dapprima l’argomento, già utilizzato dal Magistrato di Sorveglianza, della «commissione di reati fino ad epoca recente».
Dunque, il ricorso reitera doglianze già disattese con motivazione congrua e ben ancorata alle risultanze procedimentali (precedenti penali e disciplinari), con cui il ricorrente non si confronta.
Il provvedimento impugnato fa corretta applicazione del dato normativo e opera appropriati riferimenti a specifici elementi da cui fa discendere una valutazione di sussistenza del pericolo di reiterazione di delitti da parte del condannato.
A fronte di ciò, il ricorso si limita a lamentare che tali elementi siano stat considerati prevalenti su due altre circostanze, e cioè che non risultassero procedimenti pendenti a carico di COGNOME COGNOME collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata.
Come si vede, dunque, il ricorrente, anziché misurarsi con la specifica motivazione del provvedimento impugnato, introduce altri dati non espressamente contemplati dalla disposizione normativa di cui l’ordinanza ha fatto applicazione e, pertanto, mira semplicemente a sollecitare una diversa – non consentita valutazione di merito rispetto a quella compiuta senza vizi logici dal Tribunale di Sorveglianza, senza in definitiva muovere una critica specifica rispetto agli argomenti impiegati per affermare la sussistenza della concreta possibilità che il condannato commetta altri delitti.
Di conseguenza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 7.6.2024