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Pericolosità sociale: negato beneficio al detenuto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di un beneficio previsto dalla legge 199/2010. La decisione si fonda sulla valutazione della sua pericolosità sociale, desunta da reati commessi di recente e da una condotta aggressiva tenuta in carcere. Secondo la Corte, questi elementi concreti prevalgono su altri aspetti, come l’assenza di ulteriori procedimenti pendenti, e giustificano il rigetto della richiesta.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Quando i Reati Recenti e la Condotta in Carcere Bloccano i Benefici

La valutazione della pericolosità sociale di un condannato è un pilastro del nostro ordinamento penitenziario, decisiva per la concessione di misure alternative alla detenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 37100 del 2024, offre un chiaro esempio di come questo giudizio venga formulato, sottolineando il peso di elementi concreti come i reati recenti e il comportamento tenuto durante la detenzione. Analizziamo insieme questa pronuncia per capire i criteri che guidano i giudici.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta al Ricorso in Cassazione

Un detenuto aveva richiesto un beneficio previsto dalla Legge n. 199 del 2010. Tuttavia, sia il Magistrato di Sorveglianza prima, sia il Tribunale di Sorveglianza in sede di reclamo poi, avevano respinto la sua istanza. La ragione del diniego era chiara: il soggetto era ritenuto socialmente pericoloso.

Questa valutazione si basava su due elementi principali:
1. La commissione di quattro furti nel 2022, quindi in epoca recente.
2. Una sanzione disciplinare ricevuta in carcere per aver commesso un’aggressione ai danni di un altro detenuto.

Nonostante il detenuto, nel suo ricorso, avesse cercato di minimizzare questi aspetti, evidenziando l’assenza di altri procedimenti pendenti o di legami con la criminalità organizzata, i giudici di merito avevano considerato prevalenti gli indicatori negativi. La questione è quindi approdata in Corte di Cassazione.

La Valutazione della Pericolosità Sociale secondo la Cassazione

Il ricorso presentato alla Suprema Corte lamentava una motivazione carente e contraddittoria, sostenendo che il Tribunale di Sorveglianza si fosse concentrato unicamente sulla condotta aggressiva in carcere, trascurando gli elementi positivi. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile.

Secondo gli Ermellini, la decisione del Tribunale di Sorveglianza era ben motivata e ancorata a precisi elementi fattuali. La Corte ha ribadito che, ai fini della valutazione sulla pericolosità sociale, il giudice deve considerare tutti gli indizi a disposizione, e in questo caso i reati recenti e l’aggressività manifestata in carcere erano indicatori forti e attuali di una personalità incline a commettere nuovi delitti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che il ricorso non si confrontava realmente con le argomentazioni del provvedimento impugnato, ma si limitava a riproporre le stesse doglianze già respinte in sede di reclamo. In sostanza, il ricorrente cercava di ottenere dalla Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’operazione che non rientra nei poteri della Suprema Corte, la quale è giudice di legittimità e non di merito.

Il Tribunale di Sorveglianza, secondo la Cassazione, ha correttamente applicato la legge, operando un bilanciamento tra i vari elementi. Ha dato maggior peso a fatti concreti e recenti (i furti e l’aggressione), che dimostravano una concreta possibilità di reiterazione dei reati, rispetto ad elementi più generici come l’assenza di procedimenti pendenti. La motivazione del Tribunale era quindi logica, congrua e priva di vizi.

Conclusioni: L’Importanza di una Valutazione Concreta

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla concessione dei benefici penitenziari deve basarsi su un’analisi complessiva e concreta della personalità del condannato. Non è sufficiente appellarsi all’assenza di alcuni indicatori negativi (come i legami con la criminalità organizzata) se ne sussistono altri, più recenti e specifici, che delineano un quadro di attuale pericolosità sociale. La condotta tenuta durante la detenzione e i reati commessi in prossimità della richiesta del beneficio assumono un’importanza cruciale, in quanto rappresentano la cartina di tornasole più attendibile per prevedere il comportamento futuro del soggetto una volta reinserito nella società.

Quali elementi possono essere usati per determinare la pericolosità sociale di un detenuto?
Sulla base della sentenza, elementi concreti e recenti come la commissione di nuovi reati e una condotta aggressiva tenuta in carcere (confermata da sanzioni disciplinari) sono fattori decisivi per affermare la pericolosità sociale di un detenuto.

L’assenza di altri procedimenti pendenti o di legami con la criminalità organizzata è sufficiente per escludere la pericolosità sociale?
No. La sentenza chiarisce che questi elementi, seppur positivi, possono essere considerati recessivi rispetto a prove concrete e attuali di pericolosità, come una spiccata inclinazione a commettere reati o comportamenti violenti.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Il ricorrente non ha mosso una critica specifica alla logica della decisione impugnata, ma ha tentato di sollecitare una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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