Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1940 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1940 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DEL GOLFO il 18/01/1957
avverso l’ordinanza del 11/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha confermato l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Trapani del 23/04/2024 che, dichiarata l’attuale pericolosità di NOME COGNOME aveva applicato nei suoi confronti la misura di sicurezza non detentiva della libertà vigilata per il periodo di un anno, disposta con sentenza del Tribunale di Trapani il 15/01/2019, che lo aveva condannato per il reato di cui agli artt. 629, 628 c. 2 n. 3, 416 bis. 1 cod. pen., commesso nel marzo-settembre 2013.
Il Tribunale di sorveglianza, nel condividere integralmente le valutazioni del Magistrato di sorveglianza, ha evidenziato la gravità del commesso reato, il ruolo nello stesso svolto dal condannato, dimostrativo della contiguità con esponenti dell’associazione mafiosa di riferimento tutt’ora operante – come da informative delle FF.00. che ritengono conclamata tale contiguità l’«ostinata professione di innocenza, malgrado schiaccianti evidenze probatorie», concludendo come, anche a fronte di una condotta carceraria formalmente corretta, fosse attuale il pericolo che «Badalucco possa essere riattratto nel circuito associativo malavitoso»; quanto alla circostanza che il decreto applicativo della sorveglianza speciale del 23/02/2022 fosse stato annullato da questa Corte di legittimità, il Tribunale, in linea con quanto ritenuto dal Magistrato di sorveglianza, ha evidenziato la diversità strutturale della misura di prevenzione rispetto alla misura di sicurezza, rilevando come la sentenza dispositiva della libertà vigilata 2< fosse divenuta irrevocabile dopo il provvedimento di annullamento della misura di prevenzione, così come successiva era stata anche la restrizione carceraria.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del suo difensore, articolando un unico motivo per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
La difesa censura la decisione impugnata osservando come, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, dalla documentazione acquisita e dagli accertamenti svolti, non fosse affatto emersa una attuale contiguità del Badalucco con esponenti dell'associazione mafiosa; si evidenziava in particolare come il ricorrente fosse stato assolto dal reato di cui all'art. 416 bis cod. pen.; le informative delle FF. 00. lo indicano attualmente contiguo «per mera presunzione e pregiudizio», non essendo tale giudizio ancorato ad alcun riscontro fattuale di incontri e/o connivenze con esponenti di Cosa nostra; quanto al pericolo di «ria – ttrazione nel circuito associativo malavitoso», l'affermazione è illogica e contraddittoria, dal momento che il COGNOME
non aveva mai faM parte dell'associazione, come conclamato dalla già citata assoluzione dal reato di cui all'art. 416 bis cod. pen.
Il Tribunale ha inoltre omesso di confrontarsi con le chiare valutazione effettate da questa Corte di legittimità in seno alla pronuncia sez. 1., n. 91 del 18/01/2023, che ha annullato senza rinvio il provvedimento della Corte di appello territoriale applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per insussistenza del presupposto, in capo al proposto, del requisito della pericolosità sociale.
GLYPH Il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
È noto che nel sistema giuridico vigente, tutte le misure di sicurezza personali devono essere ordinate in sede di cognizione soltanto a seguito del positivo accertamento, da parte del giudice procedente, che chi si sia reso responsabile di un comportamento avente rilevanza penale è persona socialmente pericolosa. A tale giudizio deve fare seguito il nuovo accertamento, da parte del magistrato di sorveglianza, del permanere della menzionata condizione di pericolosità sociale, intesa come accentuata possibilità di commettere, in futuro, altri reati, tenendo conto non solo della gravita` dei fatti-reato già giudicati, ma anche dei fatti successivi e del comportamento tenuto dal condannato durante, e dopo, l’espiazione della pena (Sez. 1, n. 1027 del 31/10/2018, dep.2019, Argento, Rv. 274790; Sez. 1, n. 11055 del 2/3/2010, COGNOME, Rv. 246789). La relativa valutazione va compiuta alla stregua degli indici contenuti nel primo e nel secondo comma dell’art. 133 cod. pen., globalmente valutati (ex plurimis Sez. 3, n. 29407 del 17/4/2013, L., Rv. 256900).
Tanto premesso, osserva il Collegio che il Tribunale di sorveglianza non ha adeguatamente motivato in ordine ai concreti elementi di fatto che avrebbero determinato l’attuale permanenza della pericolosità sociale del condannato, anche alla luce di quanto dedotto dalla difesa. L’ordinanza impugnata, infatti, si è limitata a evidenziare la gravità dei fatti commessi da Badalucco (risalenti al 2013), mentre il giudizio di attualità è ancorato, oltre che alla professione di innocenza (di per sé sola non sintomatica di pericolosità sociale), ad una oltremodo generica indicazione ricavata dalle informative di polizia circa una “contiguità” con ambienti malavitosi, affatto circostanziata, essendo invero necessaria una maggiore specificazione non
solo della natura delle informazioni utilizzate, ma anche della valenza dimostrativa che alle stesse si intenda riconnettere.
A ciò si aggiunga che, come dedotto in ricorso, il Tribunale ha altresì omesso di analizzare le considerazioni circa l’insussistenza della pericolosità sociale in capo al prevenuto, svolte da questa Suprema Corte nella sentenza sez. 1., n. 91 del 18/01/2023, limitandosi ad evidenziare la diversità strutturale delle misure di sicurezza rispetto alle misure di prevenzione, ma senza fornire elementi concreti cui ancorare, nell’attualità, il presupposto applicativo della misura di sicurezza applicata.
Si concretizza, in tal modo, il dedotto difetto motivazionale, visto che l’apparato argomentativo posto a fondamento dell’ordinanza impugnata presenta un connotato fortemente assertivo e apparente. Si ricorda, sul punto, che la motivazione apparente (ossia, inesistente) ricorre allorquando essa appaia completamente disarmonica rispetto alle risultanze processuali, ovvero si avvalga di argomentazioni generiche e di asserzioni indimostrate, prive di substrato contenutistico, apodittiche, o ancora di affermazioni tautologiche e di proposizioni prive di efficacia dimostrativa.
GLYPH Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone l’annullamento del provvedimento impugnato, con trasmissione dello stesso al Tribunale di sorveglianza di Palermo, per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Palermo.
Così deciso il 13/11/2024