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Pericolosità sociale: misura di sicurezza non automatica

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2875/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di misure di sicurezza. Anche in caso di condanna per reati gravissimi come l’associazione di tipo mafioso, l’applicazione della libertà vigilata non è automatica. Il giudice deve sempre effettuare una valutazione concreta e attuale della pericolosità sociale del condannato, basandosi sugli elementi dell’art. 133 cod. pen. La Corte ha annullato la decisione del giudice di merito che aveva applicato la misura in modo automatico, ritenendo la pericolosità sociale presunta dalla legge, e ha rinviato il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione esclude l’automatismo delle Misure di Sicurezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2875 del 2024) ha ribadito un principio cruciale del nostro ordinamento penale: nessuna misura di sicurezza può essere applicata in modo automatico. Anche di fronte a condanne per reati di eccezionale gravità, come l’associazione di tipo mafioso, è sempre necessario un accertamento concreto e attuale della pericolosità sociale del condannato. Questa decisione si pone a tutela delle garanzie individuali, respingendo ogni presunzione legale di pericolosità.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da un’ordinanza della Corte d’Assise d’Appello di Napoli. A seguito di una condanna definitiva a diciotto anni di reclusione per reati molto gravi, tra cui l’associazione di tipo mafioso, la Corte aveva applicato al condannato, su richiesta del Procuratore Generale, la misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni. La Corte di merito aveva ritenuto tale applicazione un atto dovuto e automatico, una conseguenza obbligatoria per legge derivante dalla natura del reato per cui era intervenuta la condanna.

La difesa del condannato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’ordinanza fosse viziata. L’argomentazione principale era la totale assenza di motivazione riguardo a un accertamento concreto della pericolosità sociale attuale. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero dovuto applicare la misura automaticamente, ma avrebbero dovuto valutare se, a distanza di molti anni dai fatti (alcuni risalenti addirittura al 1992), il soggetto fosse ancora da considerarsi socialmente pericoloso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata nella parte relativa all’applicazione della misura di sicurezza e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli per un nuovo giudizio.

La Cassazione ha riconosciuto l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul tema. Un primo orientamento riteneva l’applicazione della misura di sicurezza prevista dall’art. 417 del codice penale una conseguenza automatica della condanna per reati come il 416-bis, basandosi su una presunzione di pericolosità. Tuttavia, la Corte ha scelto di aderire al secondo e più garantista orientamento.

Analisi della Pericolosità Sociale

Questo secondo orientamento, ritenuto preferibile, stabilisce che l’applicazione di qualsiasi misura di sicurezza, inclusa quella in esame, non può mai prescindere da un “espresso positivo scrutinio dell’effettiva pericolosità sociale del condannato”. Tale valutazione deve essere condotta in concreto, basandosi sugli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, precedenti penali, condotta di vita, etc.).

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua scelta richiamando i principi fondamentali stabiliti dalla Corte Costituzionale e l’evoluzione legislativa in materia. Il legislatore, già con la legge n. 663 del 1986, ha mostrato la chiara volontà di superare il sistema delle presunzioni di pericolosità, abrogando il vecchio art. 204 del codice penale e stabilendo che le misure di sicurezza personali possano essere ordinate solo “previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa”.

Secondo la Cassazione, anche una norma apparentemente perentoria come l’art. 417 cod. pen. (che usa l’avverbio “sempre”) deve essere interpretata alla luce di questo principio generale. Pertanto, l’applicazione della misura di sicurezza è subordinata a una verifica effettiva e attuale della pericolosità del soggetto.

La Corte ha inoltre sottolineato che un’interpretazione basata sull’automatismo sarebbe irragionevole. Esistono infatti situazioni in cui, nonostante una condanna per un reato associativo grave, la pericolosità attuale può essere esclusa. Si pensi al caso di un collaboratore di giustizia, o a un condannato che ha avuto un ruolo marginale e una breve affiliazione al gruppo criminale.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza il principio di personalizzazione della responsabilità penale e delle sue conseguenze. Stabilisce che non esistono automatismi nell’applicazione delle misure di sicurezza, nemmeno per i reati più allarmanti. Il giudice ha sempre il dovere di valutare la situazione concreta e attuale dell’individuo, motivando in modo specifico le ragioni che lo portano a ritenere ancora sussistente una pericolosità sociale. Questa decisione rappresenta una vittoria per lo Stato di Diritto, poiché assicura che una misura così incisiva sulla libertà personale sia fondata su un giudizio di attualità e non su presunzioni astratte legate al titolo di reato.

L’applicazione di una misura di sicurezza come la libertà vigilata è automatica dopo una condanna per associazione mafiosa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’applicazione non è mai automatica. È sempre necessario un accertamento concreto da parte del giudice sulla effettiva e attuale pericolosità sociale del condannato.

Perché la Corte di Cassazione ha respinto il concetto di ‘pericolosità presunta’?
La Corte ha seguito l’orientamento più conforme ai principi della Corte Costituzionale e all’evoluzione legislativa (in particolare la legge n. 663/1986), che hanno eliminato le presunzioni di pericolosità. L’applicazione di una misura di sicurezza deve basarsi su una valutazione concreta della persona e non su una categoria astratta di reato.

Cosa deve fare il giudice prima di applicare una misura di sicurezza?
Il giudice deve compiere una valutazione specifica della pericolosità sociale del soggetto, basandosi sugli elementi indicati dall’articolo 133 del codice penale. Deve accertare se, al momento della decisione, sia probabile che la persona commetta nuovi reati, motivando la sua conclusione senza ricorrere ad automatismi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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