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Pericolosità sociale: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un decreto di confisca, stabilendo che la valutazione sulla pericolosità sociale e sulla determinazione del periodo di applicazione della misura era stata adeguatamente motivata dalla Corte d’Appello. Il caso riguardava soggetti subentrati nella gestione di un’attività di noleggio slot machine, ritenuta funzionale agli interessi della criminalità organizzata. La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso in materia di misure di prevenzione è consentito solo per violazione di legge e non per contestare nel merito la ricostruzione dei fatti, a meno che la motivazione non sia del tutto assente o meramente apparente.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione fissa i paletti per i ricorsi

Il concetto di pericolosità sociale è uno degli strumenti più incisivi del nostro ordinamento per contrastare la criminalità, in particolare quella organizzata. Esso consente di applicare misure, come la confisca dei beni, non sulla base di una condanna per un reato specifico, ma su un giudizio prognostico circa la probabilità che un soggetto commetta illeciti in futuro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti del ricorso avverso tali provvedimenti, sottolineando la differenza tra un’effettiva violazione di legge e una mera contestazione della valutazione del giudice di merito.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un provvedimento di confisca emesso dal Tribunale, e parzialmente confermato dalla Corte d’Appello, nei confronti degli eredi di un imprenditore e di sua moglie. I due coniugi erano stati ritenuti socialmente pericolosi sotto un triplice profilo: indiziati di appartenenza a un’associazione di tipo mafioso, dediti a traffici illeciti e inclini a commettere reati.

Il fulcro della vicenda era il subentro della coppia, a partire dal 2009, nella gestione di una florida attività imprenditoriale legata al noleggio di apparecchi da gioco (slot machine), precedentemente controllata da un noto esponente della criminalità organizzata. Secondo i giudici di merito, questa attività, gestita con modalità mafiose e nell’interesse del clan, era la manifestazione concreta della loro pericolosità. La Corte d’Appello aveva individuato il periodo di pericolosità dall’anno 2009 al 2015, riformando la decisione di primo grado che lo anticipava al 2007.

La Decisione della Corte di Cassazione

I ricorrenti si sono rivolti alla Suprema Corte, lamentando una violazione di legge. Sostenevano che la motivazione sulla sussistenza della pericolosità sociale fosse solo apparente, priva di elementi concreti che dimostrassero un reale e stabile collegamento con il clan. Contestavano, inoltre, la scelta del 2009 come anno di inizio della pericolosità e la conseguente confisca dei beni acquistati in quel periodo, sostenendo che le provviste economiche potessero derivare da anni precedenti, in cui la pericolosità non era stata accertata.

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Limiti del Ricorso e la valutazione della pericolosità sociale

La Corte ha innanzitutto ribadito un principio fondamentale: nei procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile, quindi, contestare il vizio di motivazione, a meno che questa non sia talmente carente, illogica o contraddittoria da risultare “apparente”, cioè inesistente.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse tutt’altro che apparente. Era stata adeguatamente argomentata sulla base di accordi specifici tra i proposti e il precedente gestore legato al clan. Il subentro nell’attività, avvenuto proprio nel 2009 a seguito dell’arresto di quest’ultimo, e la continuazione della gestione con gli stessi metodi intimidatori e gli stessi collaboratori, costituivano elementi solidi a sostegno della contiguità con l’associazione mafiosa e, di conseguenza, della pericolosità sociale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, la coerenza della decisione dei giudici di merito. La Corte territoriale aveva correttamente individuato nel 2009 l’inizio della manifestazione della pericolosità, poiché quello fu il momento in cui i proposti presero il controllo dell’attività illecita, espandendola grazie all’ausilio e alla protezione del gruppo criminale. Questo ha generato, fin da subito, una commistione inestricabile tra redditi di provenienza lecita e risorse illecite, rendendo impossibile distinguere la quota di patrimonio “pulito”. Di conseguenza, la contestazione relativa all’acquisto di beni nel 2009 con fondi pregressi è stata ritenuta irrilevante di fronte a un “inquinamento pervasivo e travolgente” dell’intera attività economica. In secondo luogo, la Cassazione ha chiarito che le doglianze dei ricorrenti non configuravano una violazione di legge, ma un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso sull’impugnazione delle misure di prevenzione. Per ottenere un annullamento in Cassazione, non è sufficiente presentare una lettura alternativa delle prove o contestare l’interpretazione dei fatti data dai giudici di merito. È necessario dimostrare un errore nell’applicazione delle norme di diritto o una motivazione talmente viziata da equivalere a una sua totale assenza. Questa pronuncia ribadisce inoltre la forza dello strumento della confisca nei casi in cui l’attività economica di un soggetto risulti asservita agli interessi della criminalità organizzata, rendendo l’intero patrimonio accumulato durante il periodo di pericolosità aggredibile dallo Stato.

Quando una motivazione può essere considerata “apparente” in un caso di misure di prevenzione?
Una motivazione è considerata “apparente” quando, pur essendo formalmente presente, è talmente carente, illogica o contraddittoria nei suoi passaggi logici da non rendere comprensibile il ragionamento seguito dal giudice per arrivare alla decisione. Non si tratta di una semplice motivazione sintetica, ma di una che non permette di ricostruire il percorso decisionale.

Come viene determinato l’inizio del periodo di pericolosità sociale ai fini della confisca?
L’inizio del periodo di pericolosità sociale viene determinato sulla base di elementi fattuali concreti che dimostrano quando il soggetto ha iniziato a manifestare i comportamenti che lo rendono pericoloso. Nel caso esaminato, la Corte ha identificato tale momento con il subentro effettivo nella gestione di un’attività imprenditoriale legata a un clan mafioso, avvenuto in un anno specifico (il 2009).

È possibile contestare la confisca di beni sostenendo che sono stati acquistati con fondi leciti precedenti al periodo di pericolosità?
Secondo la sentenza, quando l’attività imprenditoriale durante il periodo di pericolosità è caratterizzata da una commistione inestricabile tra risorse lecite e illecite, e si sviluppa grazie alla protezione di un gruppo criminale, l’intero patrimonio diventa inquinato. In tale contesto, diventa impossibile scindere la quota derivante da redditi legittimi, rendendo difficile contestare la confisca anche per i beni acquistati all’inizio di tale periodo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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