Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10499 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10499 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso in data 04/10/2024 dalla Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con il decreto emesso in data 11 novembre 2022, ha disposto la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di tre anni nei confronti di NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Palermo sezione per le misure di prevenzione, con decreto emesso in data 12 maggio 2023, ha accolto l’appello proposto da COGNOME avverso tale decreto e ha revocato la misura di prevenzione personale.
Avverso tale decreto ha proposto ricorso il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di appello di Palermo e la Seconda sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. sentenza n. 7996 del 2024, in accoglimento del ricorso, ha annullato il decreto impugnato, con rinvio alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.
Con il decreto impugnato la Corte di appello di Palermo, decidendo in sede di rinvio, ha confermato il decreto emesso dal Tribunale di Palermo in data 11 novembre 2022.
AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, ha proposto ricorso avverso questo decreto e ne ha chiesto l’annullamento.
Con un unico motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione contraddittoria o, comunque, meramente apparente in relazione all’affermazione dell’attualità della pericolosità sociale del COGNOME.
La Corte di appello, infatti, avrebbe considerato la perdurante latitanza di COGNOME quale elemento di per sé sintomatico della perdurante pericolosità del proposto.
Questa affermazione sarebbe, tuttavia, in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla valutazione della pericolosità qualificata e alla necessità di superare automatismi probatori sul punto.
Il proposto si sarebbe limitato a collaborare all’organizzazione criminale, consentendo presso la propria abitazione un incontro tra due soggetti ritenuti appartenenti alla criminalità organizzata in due sole occasioni nel maggio del 2017.
Il lasso di tempo intercorrente tra l’estate del 2017 e il novembre del 2022, definito dalla Corte di appello come «tempo silente» sarebbe, in realtà, un tempo connotato dall’assenza di rilievi dimostrativi dell’attualità della pericolosità de proposto.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 23 dicembre 2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Con memoria depositata in data 13 febbraio 2025 l’AVV_NOTAIO ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato, inammissibile in quanto il motivo proposto è manifestamente infondato e, comunque, diverso da quelli consentiti dalla legge.
Nel delibare le censure proposte dal ricorrente, occorre premettere che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575, e ribadito dall’art. 10, comma terzo, del d.lgs. 159 del 2011; ne consegue che, in tale ambito, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotes dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso della motivazione inesistente o meramente apparente (ex plurimis: Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260246; Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279435 – 01; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266365).
Il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione è, dunque, limitato alla violazione di legge e non si estende al controllo dell’iter giustificativo della decisione, a meno che questo sia del tutto assente (ex plurimis: Sez. 6, n. 35044 del 08/03/2007, Bruno, Rv. 237277).
Non può, dunque, essere dedotta come vizio di motivazione mancante o apparente la sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o che, comunque, risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260246).
Tale limitazione è, peraltro, stata ritenuta non irragionevole dalla Corte costituzionale, stante la peculiarità del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, sia sul terreno processuale che su quello sostanziale, come precisato nelle sentenze n. 321 del 22/06/2004 e n. 106 del 15/04/2015 della Corte costituzionale.
Con un unico motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione contraddittoria o inesistente in relazione all’affermazione dell’attualità della pericolosità sociale del COGNOME.
4. Il motivo è inammissibile.
La Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente, secondo il quale l’attualità della pericolosità sociale del proposto alla misura di prevenzione può logicamente dedursi dalla sua latitanza di lunga durata, ritenuta possibile in conseguenza di una rete di appoggi riferibili a gruppi criminali organizzati ed efficienti, con i quali è razion presumere che lo stesso sia in contatto (Sez. 2, n. 33652 del 06/07/2023, COGNOME, Rv. 285187 – 01; conf. Sez. 1, n. 3175 del 23/05/1995, Rodà, Rv. 202145-01).
La Corte di appello di Palermo ha, infatti, premesso che l’attualità della pericolosità sociale può essere inferita anche da comportamenti sintomatici, non costituenti reato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di misure di prevenzione, ai fini del giudizio sull’attualità della pericolosità sociale è necessario accertare se al soggetto sottoposto siano attribuibili fatti, di qualunque tipo, sintomatici della persistenza di tale pericolosità, rilevando, in tal senso, anche quelli non costituenti reato (ex plurimis: Sez. 1, n. 163 del 5/2/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata; Sez. 6, n. 49583 del 3/10/2018, COGNOME, Rv. 274434 – 01, fattispecie in cui la Corte ha valorizzato, ai sensi dell’art.1 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, le frequentazioni con soggetti pregiudicati e l’irreperibilità alle ricerche delle forze dell’ordine, indipendentemente dalla loro connessione con la violazione della misura di prevenzione; Sez, 6, n. 950 del 22/03/1999, Riela, Rv. 214504, con riferimento alla frequentazione con pregiudicati, e Sez. 1, n. 4649 del 04/12/1991, dep. 1992, Frisina, Rv. 189127, avendo riguardo all’irreperibilità).
La Corte di appello di Palermo ha, dunque, rilevato che l’attualità della pericolosità sociale del ricorrente è dimostrata dal fatto che il medesimo, attualmente ancora si sottrae all’esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere disposta nel maggio del 2020, avvalendosi di una rete di contatti idonei a favorire la sua latitanza.
I giudici di appello, pertanto, non hanno valorizzato la mera latitanza del ricorrente, ma hanno considerato la stessa quale espressione della sua permanente intraneità al mandamento mafioso di Misilmeri/Belmonte Mezzagno.
Il “tempo silente”, intercorso tra le ultime condotte di favoreggiamento poste in essere dal ricorrente in favore di NOME COGNOME, capo del predetto mandamento mafioso, e il deposito del decreto di primo grado, dunque, non è privo di elementi sintomatici della pericolosità, in quanto la perdurante latitanza costituisce sintomo specifico di una pericolosità sociale ancora in atto.
5. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/02/2025.