Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29385 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29385 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Venosa (PZ) il 23/10/1980 avverso il decreto del 06/02/2025 della Corte d’appello di Potenza; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto di annullare il decreto impugnato, con rinvio alla Corte di appello di Potenza per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con proposta depositata il 2 maggio 2023, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza ha chiesto l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, per la durata di cinque anni, nei confronti di COGNOME Giuseppe.
Il Tribunale di Potenza -Sezione Misure di Prevenzione, con decreto n. 11/24 dell’11 giugno 2024, ha rigettato la suddetta proposta, ritenendo non provato il requisito dell’attualità della pericolosità sociale. In particolare, il Tribunale ha ritenut o che i dati informativi acquisiti non consentissero l’inquadramento di COGNOME nelle categorie previste dall’art. 1 D.Lgs. 159/ 2011, alle lett. b) e c), per
difetto di prova piena che vivesse, in tutto o in parte, dei proventi di reato o fosse abitualmente dedito ad attività delittuose. L’episodio dell’agosto 2022 ( ex art. 73 D.P.R. 309/1990) è stato ritenuto isolato e non idoneo all’uopo, anche in considerazione della risalenza nel tempo degli altri reati. Il Tribunale ha, altresì, rilevato che la documentazione prodotta dalla difesa (redditi da pensione di madre e nonna, reddito di cittadinanza del COGNOME) fosse idonea a insinuare un dubbio circa la legittima provenienza del denaro con cui il proposto si sostentava.
Su appello della Procura Generale presso la Corte d’appello di Potenza, la Corte d’appello di Potenza, con decreto del 6/2/2025, ha riformato il decreto del Tribunale e applicato al Mancini la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di due anni. La Corte territoriale ha rilevato che il giudizio di pericolosità in sede di prevenzione può basarsi su qualsiasi elemento indiziario, tratto anche da procedimenti penali in corso o definiti con assoluzione. Ha affermato che dagli atti emergeva l’attualità della pericolosità d NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 4, lett. b), d.lgs. n. 159/2011, deducibile dall’arresto in flagranza dell’agosto 2022, dalle sue frequentazioni con pregiudicati e da un tenore di vita incompatibile con i redditi leciti dichiarati da lui e dai suoi familiari.
Avverso il predetto provvedimento d’appello ha proposto ricorso per Cassazione il difensore di COGNOME NOME.
Lamenta la manifesta illogicità e la carenza di motivazione in merito alla valutazione dei presupposti dell’attualità della pericolosità sociale del proposto e dell’abitualità delle condotte sintomatiche della stessa.
La Corte d’appello avrebbe ingiustamente sovvertito la decisione del Tribunale, senza neppure considerare la prescrizione del reato dichiarata in altro processo.
La difesa sottolinea che il COGNOME sarebbe ancora incensurato e con un solo carico pendente (relativo alla vicenda dell’agosto 2022).
La definitiva condanna riguardante ‘ fatti verificatisi quando era ancora minorenne ‘, ovvero quasi trent’anni prima, sarebbe stata inidonea -per parte ricorrente -a fondare l’attualità della pericolosità. Viene evidenziato il lungo arco temporale di oltre quindici anni (dal 2007 al 2022) in cui COGNOME non era mai stato attinto da misure cautelari o da procedimenti penali.
Anche le dedotte frequentazioni con pregiudicati (quali COGNOME NOME e NOME COGNOME) sarebbero prive di rilievo, in quanto avvenute in due sole occasioni (2013 e 2019) in quasi venticinque anni, all’interno di un Comune
di modeste dimensioni, in luoghi e orari pubblici e senza alcun atteggiamento sospetto.
L’episodio di detenzione di cocaina e hashish al fine di spaccio dell’agosto 2022, ancora sub iudice , sarebbe occasionale, non manifestando quella assiduità criminosa perdurante per un significativo intervallo temporale necessaria ex art. 4 d.lgs. 159/2011: mentre la somma di denaro rinvenuta in occasione del detto arresto del 2022 era stata restituita al COGNOME con provvedimento del Tribunale, in funzione di giudice del riesame, essendo stata provata la sua legittima provenienza (da redditi familiari e dal reddito di cittadinanza).
Infine, il ricorso si sofferma sul tenore di vita del COGNOME e sull’acquisto, da parte sua, d i un’ autovettura Audi A7, ritenuto l’unico elemento su cui la Corte d’appello avrebbe fondato la conclusione che vivesse con redditi illeciti.
La difesa deduce che la valutazione della Corte territoriale sarebbe stata generica. Al contrario, si ribadisce che COGNOME vivrebbe con la madre e la nonna, beneficiarie di consistenti redditi pensionistici (con complessive entrate familiari di circa € 3.000,00 mensili), e non avrebbe sostenuto spese per vitto e alloggio. L’acquisto dell’auto (con rate da € 1.700,00 mensili) sarebbe stato, dunque, sostenibile grazie ai risparmi familiari e al reddito di cittadinanza percepito dal COGNOME (pari a 900,00 euro mensili dal 2019 all’agosto 2022), dato quest’ultimo che la Corte d’appello avrebbe completamente omesso di considerare. Ed ancora, la madre del COGNOME avrebbe ricevuto ingenti somme, ovvero € 22.000,00 nel marzo 2021 (in virtù da una successione ereditaria) e € 29.000,00 nell’aprile 2020 (a titolo di risarcimento assicurativo), rendendo l’esborso mensile per l’auto assolutamente sostenibile e confutando qualsiasi sproporzione tra fonti lecite e tenore di vita. La decisione della Corte d’appello , anche su questo punto, sarebbe errata, mancando di approfonditi accertamenti bancari, catastali e immobiliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il motivo di ricorso proposto è infondato.
È noto che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazioni di legge, ex art. 10, comma 3, d.lgs. 159/2011: sicché non è possibile proporre ricorso per vizi motivazionali (illogicità manifesta, contraddittorietà o carenze di motivazione), salvo non siano tali da integrare motivazione inesistente o meramente apparente (così Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246-01, che, in motivazione, ha ribadito che non costituisce motivazione mancante o apparente la sottovalutazione di argomenti
difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato; così pure, ex multis , Sez. 5, n. 1861 del 28/10/2021, dep. 2022, Rv. 282539-01).
Al riguardo, è stato chiarito che, per potersi parlare di motivazione meramente apparente, è necessario che il decreto ometta del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo, nel senso che, singolarmente considerato, esso sia tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 5, n. 1861 del 28/10/2021, dep. 2022, Rv. 282539-01; Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulé, Rv. 279284): in definitiva, di oggettiva valenza superiore rispetto a quelli considerati nel provvedimento censurato.
E negli stessi limiti può denunciarsi il travisamento delle prove, laddove si correli a circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi, per l’appunto, in una motivazione apparente, riconducibile alla violazione di legge (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Rv. 279435-01; Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, Rv. 280117-01).
Nella specie, per contro, è evidente che non si adduca, da parte ricorrente, alcun elemento di tal fatta, mirandosi a una mera rivalutazione del materiale istruttorio, per giunta sulla base di censure alquanto generiche.
Il ricorrente, infatti, assume la decisività di elementi a suo dire trascurati, senza tuttavia specificare alcunché circa le ragioni per le quali avrebbero superiore valenza decisoria rispetto a quelli posti a fondamento della decisione impugnata.
Ed infatti, la motivazione censurata non è per nulla apparente e giunge alla decisione sulla base di un chiaro e lineare percorso logico-giuridico, per quanto non condiviso da parte ricorrente. Le argomentazioni svolte dalla Corte d ‘a ppello, sebbene contestate dalla difesa, non risultano certo carenti al punto tale da trasmodare in motivazione apparente e, per vero, non si rivelano neppure -per quanto ciò non sarebbe neppure censurabile, come detto, in questa sede -semplicemente contraddittorie o illogiche.
Esse prendono in considerazione numerosi elementi fattuali, e precisamente:
-i precedenti del proposto, avendo questi iniziato a delinquere da minorenne, allorché si è reso protagonista di una duplice tentata rapina, de l possesso di un’arma da sparo clandestina, di traffico illecito di sostanze stupefacenti;
-il recente arresto per detenzione e spaccio di rilevanti entità e diverse tipologie di stupefacenti (51,38 grammi di cocaina e 88,94 grammi di hashish );
-la contestuale presenza di materiale (bilancino di precisione e materiale
per il confezionamento) funzionale all’illecita attività lucrativa;
-l’acquisto di una costosa autovettura -una Audi A7 nel giugno 2022 al prezzo di 15.000,00 euro, con l’impegno di pagare 7 rate mensili da 1.900 euro e una rata da 1.700 euro -non spiegabile coi redditi del proposto e dei suoi familiari;
-il pregresso possesso di altra autovettura simile (una Audi A6);
-i “significativi costi di gestione dell’autovettura” (RCA, tassa automobilistica, carburante) in rapporto all’assenza di redditi leciti;
-il rinvenimento -privo di giustificazione -di tre mazzette di denaro contante per oltre 5.000,00 euro complessivi al momento dell’arresto;
-l’assenza a parte i modesti redditi di madre e nonna e dello stesso proposto -di entrate rilevanti, comunque di entità tale da giustificare il detto possesso in contanti di 5.000,00 euro e l’acquisto delle menzionate auto;
-le numerosissime (ben 850) cessioni di sostanze stupefacenti a terzi da parte del COGNOME (come documentato in una nota dei Carabinieri di Venosa del 29/10/2024, basata sulla visione di filmati di telecamere vicine all’abitazione del COGNOME) .
Sulla base di tali elementi, che non possono dirsi integrare motivazione apparente, il giudice d ‘a ppello ha concluso che il COGNOME “abitualmente ritrae i propri redditi, almeno in gran parte, da tale illecita attività”: con motivazione – si ripete – per nulla apparente.
La Corte d’appello, infine, solo ad colorandum ha, altresì, valorizzato anche le frequentazioni di noti spacciatori (come COGNOME NOME e NOME COGNOME).
Le doglianze difensive si risolvono, pertanto, in una richiesta di riesame nel merito degli elementi probatori e delle valutazioni ad essi inerenti, per giunta sulla base di dati assolutamente opinabili (quale, ad esempio, un dispositivo di sentenza non certo assolutoria, bensì di prescrizione, con conferma della confisca per il delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 309/1990): operazione preclusa in sede di legittimità.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. , alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 25/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME