Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31942 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31942 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Trani il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 22/2/2024 emesso dalla Corte di appello di Bari visti gli atti, il decreto e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari rigettava l’impugnazione proposta avverso il decreto con il quale, all’esito della rivalutazione della pericolosità sociale del ricorrente, veniva disposta la prosecuzione della sottoposizione alla sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno.
Avverso tale decreto, il ricorrente ha formulato un unico motivo di ricorso, con il quale deduce la violazione dell’art. 14 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e vizio della motivazione, rappresentando che – a seguito della sottoposizione ad un periodo di detenzione superiore a due anni – si rendeva necessaria una rivalutazione della pericolosità sociale. I giudici di merito si sarebbero limitati a valorizzare fatti antecedenti al dedotto periodo di detenzione, senza valutare gli elementi riferiti all’attualità, dai quali emergeva l’assenza di pericolosità, oltre che lo svolgimento di una regolare attività lavorativa.
Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La questione sollevata dal ricorrente attiene, più che al profilo della violazione di legge, al vizio della motivazione sulla cui base il Tribunale e la Corte di appello hanno ritenuto di confermare l’attualità della pericolosità sociale, nonostante il prevenuto avesse subito un periodo di detenzione superiore a due anni.
Il ricorrente invoca l’applicazione del principio secondo cui è onere del giudice verificare e fornire adeguata motivazione delle ragioni per cui si ritiene attuale il requisito della pericolosità sociale dell’interessato nonostante l’apprezzabile periodo di detenzione da questi subito, soprattutto se gli elementi posti a fondamento del giudizio di prevenzione siano tutti precedenti all’insorgere dello stato detentivo e vi siano ulteriori elementi, successivi alla detenzione, che depongano in senso favorevole al proposto (Sez.6, n.10248 dell’11/10/2017, dep. 2018, Rv. 272723).
Invero, si ritiene che la Corte di appello non abbia violato la predetta regola di giudizio, posto che la motivazione non si fonda esclusivamente sulla valorizzazione di condotte antecedenti al periodo detentivo, bensì compie una valutazione complessiva.
Dalla congiunta lettura dei decreti emessi in primo e secondo grado, emerge che il ricorrente ha commesso reati anche in epoca recente rispetto al periodo di rivalutazione della pericolosità e, a seguito della rimessione in libertà, ha mantenuto contatti con soggetti appartenenti al medesimo contesto criminoso (COGNOME NOME, il quale risulta dipendente della stessa società presso la quale
attualmente lavora il ricorrente).
In particolare, il Tribunale ha segnalato la rilevanza dei plurimi aggravamenti della misura di prevenzione disposti nei confronti del ricorrente, negli intervalli tra i diversi periodi di detenzione.
Infine, è stato valorizzato sia il fatto che il ricorrente ha commesso reati anche nel periodo in cui risultava svolgere attività lavorativa, sia che la sua capacità criminale si è manifestata anche al di fuori del territorio di origine, elementi ritenuti idonei a ritenere non dirimente il trasferimento a Gallarate e lo svolgimento di attività lavorativa.
In conclusione, si ritiene che i giudici di merito – con motivazione che non può ritenersi affetta da manifesta illogicità o contraddittorietà – hanno ritenuto che gli elementi sopravvenuti al periodo di detenzione non siano di per sé significativi della sopravvenuta cessazione della pericolosità e, al contempo, i profili di pericolosità emersi in passato non sono venuti meno a seguito del periodo detentivo, soprattutto ove si consideri che – già in precedenza – il ricorrente ha reiterato condotte illecite nonostante la carcerazione subita.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20 giugno 2024 Il Consigliere estensore
Il Presidente