Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24924 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24924 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 28/05/2025
R.G.N. 8807/2025
CARMINE RUSSO
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI (ITALIA) il 05/01/1984 COGNOME NOME nato a NAPOLI (ITALIA) il 20/04/1952 avverso il decreto del 28/01/2025 della Corte d’appello di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che, anche rifacendosi alla memoria depositata, chiede il rigetto dei ricorsi. Dato avviso ai difensori
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Napoli – giudicando in sede di rinvio (Sez. 5, n. 20523 del 10/04/2024) ha confermato il decreto del Tribunale di Napoli in data 5 ottobre 2022 con il quale Ł stata applicata a NOME COGNOME la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno e la confisca delle quote sociali e dell’intero patrimonio della società ‘RAGIONE_SOCIALE, intestate per il 95% a NOME COGNOME
Ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME legale rappresentante e terzo proprietario del 95% delle quote della ‘RAGIONE_SOCIALE‘,a mezzo dei rispettivi difensori e procuratori speciali.
2.1. NOME COGNOME con l’avv. NOME Peronedenuncia la violazione degli artt. 6, 7, comma 1, 16 e 24 decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 per inesistenza e apparenza della motivazione sulla attualità della pericolosità sociale.
I fatti associativi per i quali vi Ł stata condanna sono cessati nel 2012; il proposto Ł stato detenuto dal 2016 e non sono indicati elementi di persistente e attuale pericolosità, mentre viene illegittimamente stimata la circostanza che il proposto, dopo il 2021 (data di scarcerazione), non si sarebbe dato a un lavoro onesto e produttivo di reddito.
2.2. NOME COGNOME con l’avv. NOME COGNOME denuncia la violazione di legge, in riferimento agli artt. 125 e 627 cod. proc. pen. e 24 d.lgs. n. 159 del 2011, con riguardo alla titolarità della società.
Il giudice di rinvio non ha dato risposta alle seguenti questioni poste dalla difesa, alle quali aveva fatto riferimento la sentenza rescindente:
perchØ Ł stata ritenuta la continuità dell’impresa ‘RAGIONE_SOCIALE, avente per oggetto l’attività di panificazione, della quale Ł quotista di maggioranza NOME COGNOME rispetto all’impresa individuale ‘RAGIONE_SOCIALE, avente a oggetto l’attività di fuochi pirotecnici, che era stata oggetto della sentenza di condanna a carico di COGNOME per art. 12quinquies decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 1992,
356 (ora art. 512-bis cod. pen.), trattandosi di imprese diverse, tanto che quella confiscata Ł stata costituita dal ricorrente nel 2016, dopo l’acquisizione delle fonti di prova, alle quali unicamente fa riferimento il provvedimento impugnato. Del resto, la mera continuità aziendale non costituisce prova della persistente intestazione fittizia;
diversa interpretazione delle conversazioni, come proposta dal ricorrente, e mancato esame delle risultanze delle dichiarazioni testimoniali dedotte dalla difesa circa la effettiva titolarità dell’impresa e l’assenza di attività direttiva e gestoria da parte di LUCENTE;
acritico richiamo alla decisione di primo grado;
errore sull’analisi della consulenza tecnica prodotta dal ricorrente nel giudizio di prevenzione, con la quale si Ł data dimostrazione della provenienza dei capitali impiegati per l’avvio dell’impresa e della episodicità dell’aiuto offerto da LUCENTE a RUSSO, peraltro soltanto in occasione del periodo di Capodanno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono nel complesso infondati.
1.1. Va premesso che, a fronte dell’avviso di trattazione recapitato all’avv. COGNOME in data 18 aprile 2025 e all’avv. COGNOME in data 5 maggio 2025, quest’ultimo ha richiesto in pari data la trattazione orale ex art. 127 cod. proc. pen., ammessa con provvedimento del 13 maggio 2025, notificato in pari data a entrambi i patrocinatori. All’udienza di trattazione i difensori non si sono presentati.
1.2. Tanto premesso, la sentenza rescindente ha rilevato, quanto alla misura personale, che la Corte di merito non aveva motivato sull’attualità della pericolosità sociale, pur evidenziando come i sintomi di essa erano circoscritti, nel provvedimento annullato, a un ambito temporale ben preciso e significativamente anteriore al momento nel quale Ł intervenuta la decisione del Tribunale e come il proposto fosse detenuto dal 2016.
1.3. Con la decisione oggi impugnata, COGNOME Ł stato ritenuto soggetto pericoloso ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a), decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sulla base della sua stabile partecipazione al clan camorristico ‘COGNOME‘, del quale gestiva gli interessi economici, accertata con sentenza definitiva di condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. e della ritenuta persistenza, nonostante la misura cautelare cui Ł stato sottoposto, del vincolo associativo anche in epoca successiva al 2012, data alla quale si arrestava la contestazione.
1.4. Quanto alla misura reale, la sentenza rescindente ha rilevato che la motivazione del provvedimento ablativo sulla riconducibilità a LUCENTE della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era meramente apparente, soprattutto nella confutazione delle allegazioni difensive; la Corte territoriale si era limitata a ritenere “evidente” la continuità tra la società in questione e la omonima ditta individuale intestata al ricorrente e oggetto di confisca ai sensi dell’allora vigente art. 12-quinquies l. n. 356 del 1992 nel procedimento di cognizione a carico del proposto, senza però precisare le ragioni in forza delle quali, a fronte della ritenuta continuità dell’impresa, corrispondeva anche l’intestazione fittizia della stessa.
Il giudice del merito, secondo la sentenza rescindente, aveva apoditticamente respinto le obiezioni di COGNOME in merito all’interpretazione delle intercettazioni evocate a sostegno delle conclusioni assunte, rinviando alla sentenza d’appello del giudizio di cognizione per la confutazione delle argomentazioni difensive tratte dalla consulenza prodotta dal ricorrente.
La Corte di legittimità ha pure rilevato l’errore nel quale Ł incorso il giudice dell’appello, atteso che agli atti del procedimento di prevenzione sono presenti due relazioni a firma del consulente dott. COGNOME: l’una era stata originariamente presentata nel giudizio di cognizione nei confronti di COGNOME e poi acquisita in quello di prevenzione, mentre l’altra Ł stata prodotta esclusivamente nel
corso di quest’ultimo giudizio. La prima però – quella effettivamente considerata nella sentenza della Corte d’appello di Napoli del 19 giugno 2020, richiamata dal provvedimento impugnato – non riguardava la società oggetto dell’odierna confisca, ma altri profili. Era, invece, quella prodotta per la prima volta in questo procedimento a contenere i dati e le valutazioni allegate dal ricorrente, cui il giudice della prevenzione non aveva fornito risposta. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, la consulenza in oggetto, tesa a dimostrare l’effettiva titolarità in capo a RUSSO e alla sua famiglia dellasocietà oggetto dell’intervento ablativo, non era mai stata confutata nel giudizio di merito e, quindi, nemmeno in quello di prevenzione.
1.5. Tanto premesso, nel giudizio di rinvio, Ł stata disposta la confisca dell’azienda poichØ ritenuta formalmente intestata al terzo NOME COGNOME ma direttamente riferibile a LUCENTE, sia per la dotazione patrimoniale, che per le scelte direttive.
Il ricorso di COGNOME Ł infondato.
2.1. La sentenza rescindente aveva premesso che, in accordo con l’evoluzione dell’elaborazione compiuta dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione anche nei confronti di appartenenti ad associazioni di tipo mafioso Ł necessario accertare il requisito della “attualità” della pericolosità e, laddove sussistano elementi sintomatici di una “partecipazione” del proposto al sodalizio mafioso, Ł possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo, purchØ la sua validità sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualità della pericolosità (ex multis Sez. 6, n. 20577 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279306).
Qualora sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo tra l’accertamento in sede penale della effettiva partecipazione del proposto al sodalizio mafioso e la formulazione del giudizio di prevenzione, Ł necessario l’accertamento dell’attualità della pericolosità sociale, al fine di stabilire la possibilità che egli anche in futuro continui a svolgere il ruolo associativo ricoperto in passato (Sez. 1, n. 17932 del 10/03/2010, COGNOME, Rv. 247053).
2.2. Il provvedimento impugnato afferma che la contestazione per la quale vi Ł stata condanna ex art. 416-bis cod. pen. si arresta al 2012, ma ne predica la protrazione fino al 2016 (data dell’arresto cautelare), valorizzando l’attività svolta per conto del clan nel panificio campano nel quale sono stati investiti i proventi illeciti del clan e dal quale sono state tratte le somme da utilizzare per il clan medesimo e per il sostentamento del ricorrente.
Il ricorso Ł, sul punto, silente, tanto che neppure critica la specifica affermazione secondo la quale anche la consulenza di parte redatta dal dott. COGNOME ha palesato una evidente sproporzione reddituale fino al 2015, data cui ha fatto seguito l’arresto cautelare del ricorrente nell’ambito del procedimento per associazione mafiosa.
Orbene, fermo il rilievo che, di per sØ, la custodia cautelare non produce gli effetti previsti per la detenzione in espiazione di pena ex art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011, l’affermazione del giudice di merito circa la permanenza del vincolo associativo, che risulta accertato soltanto fino al 2012, appare sostenuta da altri specifici elementi che hanno sanato la rilevata lacuna motivazionale.
Fermo quanto sopra ricordato, il decreto impugnato ha pure valorizzato un dialogo del 2014, tra COGNOME e la moglie, nel quale si fa specifico riferimento al proposto come colui che maneggia il denaro del clan, circostanza peraltro non contestata dalla difesa; si tratta di un elemento che, secondo la logica valutazione del giudice di merito, va a saldarsi con quello relativo alla gestione del panificio campano, così innestandosi sulla presunzione semplice derivante dalla condanna per associazione mafiosa per i fatti contestati fino al 2012.
Del resto, la sentenza rescindente aveva già rimarcato che, quanto alla confisca di un cespite immobiliare acquistato nel 2016, risultava accertata in capo a LUCENTE la disponibilità di capitali
illeciti derivanti dalla partecipazione mafiosa, circostanza che ulteriormente corrobora l’affermazione di attualità della pericolosità sociale di LUCENTE, il quale, come il ricorso non contesta, mai si Ł dato a svolgere alcuna lecita attività economica.
2.3. In conclusione, almeno fino alla data di proposizione della domanda di misura di prevenzione, Ł stata logicamente e motivatamente ritenuta sussistente la attualità della pericolosità sociale che, prendendo spunto dalla condanna per partecipazione all’associazione mafiosa fino al 2012, si innesta su ulteriori elementi di persistenza del sodalizio e di attualità della partecipazione, nient’affatto elisi dall’arresto cautelare del 2016, desunti dalla captazione circa il proseguito ruolo di gestore dei denari del clan COGNOME e dalla accertata disponibilità e utilizzo di dette risorse finanziarie illecite per transazioni economiche rimaste prive di valida giustificazione.
Anche il ricorso di RUSSO Ł infondato.
3.1. Non Ł fondata la censura relativa al mancato esame della consulenza di parte, tanto che il giudice di merito ne ha valorizzato le risultanze quando ha affrontato la posizione di COGNOME e, quanto a RUSSO, ha escluso la specifica rilevanza di tale apporto conoscitivo.
3.2. Come risulta dal contenuto delle captazioni, che il ricorso pretende di interpretare in modo diverso, le conversazioni intercettate hanno dimostrato, secondo la non illogica valutazione dei giudici di merito, che l’intervento finanziario di COGNOME in favore di COGNOME non fu affatto episodico e legato al Capodanno, ma piuttosto stabile, effettivo e con la palese funzione di strumento finanziario per l’implementazione dell’attività economica, alla quale, in effetti, ha fatto seguito lo svolgimento del ruolo direttivo dell’impresa da parte del proposto.
3.3. Contrariamente a quanto asserito dal ricorso, il provvedimento impugnato ha esaminato le dichiarazioni testimoniali a discarico, ritenute generiche e smentite dalle captazioni, che il ricorso pretende di interpretare in altro modo.
Del resto, la genericità delle dichiarazioni testimoniali, come pure risulta dagli stralci riportati nel ricorso, non consente affatto di escludere la dimostrata riferibilità dell’impresa a LUCENTE.
D’altra parte, come il ricorso omette di criticare, la fittizietà dell’intestazione della società RAGIONE_SOCIALE risulta pure da una sentenza irrevocabile.
Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 28/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME