Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 832 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 832 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Altofonte il 18.07.1970;
avverso il decreto del 7 giugno 2023 emessa dalla Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con decreto emesso in data 14 settembre 2022, ha applicato nei confronti di NOME COGNOME ritenuto socialmente pericoloso ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, quale indiziato di essere partecipe dell’associazione mafiosa “Cosa nostra”, con ruolo
direttivo nella famiglia di Altofonte, la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
La Corte di appello di Palermo, con il provvedimento impugnato, ha confermato il decreto emesso dal Tribunale di Palermo nei confronti dell’appellante NOME COGNOME che ha condannato al pagamento delle spese processuali.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’interesse del Terrasi, hanno presentato ricorso avverso tale decreto e ne hanno chiesto l’annullamento.
Con unico motivo deducono, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui la Corte di appello di Palermo ha ritenuto dimostrata l’attualità della pericolosità sociale del proposto.
Rilevano i difensori che la Corte di appello, pur a fronte dei numerosi richiami alla giurisprudenza di legittimità, avrebbe solo apparentemente motivato la permanente pericolosità sociale del ricorrente, fondandola esclusivamente sulla presunzione «semel mafioso semper mafioso».
Ad avviso dei difensori, la Corte di appello avrebbe obliterato le censure proposte dalla difesa in ordine alla risalenza del tempo della condotta per la quale il proposto è stato condannato (dal 2013 al 2016), alla successiva lunga detenzione patita (dal 16 marzo 2016 all’8 giugno 2022) e all’attiva partecipazione del ricorrente all’opera di rieducazione, in ragione della concessione della liberazione anticipata e dalla partecipazione al corso dell’istituto tecnico superiore Sciascia nell’anno scolastico 2020/2021.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 19 ottobre 2023, il Procuratore generale, NOME COGNOME COGNOME ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente, con unico motivo, ha dedotto la violazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto il Tribunale avrebbe ottemperato all’obbligo di
motivazione in modo meramente apparente, in ordine al presupposto dell’attualità della pericolosità del proposto.
3. Il motivo è manifestamente infondato.
3.1. Le Sezioni unite di questa Corte, nell’interpretare l’art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. del 6 settembre 2011, n. 159, nel testo vigente a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, hanno sancito che il concetto di “appartenenza” ad una associazione mafiosa, rilevante per l’applicazione delle misure di prevenzione, comprende la condotta che, sebbene non riconducibile alla “partecipazione”, si sostanzia in un’azione, anche isolata, funzionale agli scopi associativi, con esclusione delle situazioni di mera contiguità o di vicinanza al gruppo criminale (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017 (dep. 2018), COGNOME, Rv. 271512 – 01).
Nella medesima sentenza le Sezioni unite hanno precisato che, ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso è necessario accertare il requisito della “attualità” della pericolosità del proposto.
La Corte in motivazione ha precisato che solo nel caso in cui sussistano elementi sintomatici di una “partecipazione” del proposto al sodalizio mafioso, è possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo purché la sua validità sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualità della pericolosità (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017 (dep. 2018), Gattuso, Rv. 271512 – 01; conf. Sez. 6, n. 20577 del 07/07/2020, COGNOME Rv. 279306 – 01, fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato, sul rilievo della omessa valutazione, da parte della corte di appello, del lungo periodo di permanenza del ricorrente in stato detentivo, della confessione resa e della formulazione da parte sua di un’offerta reale alle persone offese dei reati, a fini risarcitori, elementi d cui era necessario accertare se denotassero l’abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise all’interno del sodalizio camorristico; Sez. 2, n. 8541 del 14/01/2020, COGNOME, Rv. 278526 – 01).
3.2. La Corte di appello di Palermo ha fatto buon governo di tali consolidati principi, in quanto ha ottemperato all’obbligo di motivazione imposto dalla legge, ritenendo comprovata la pericolosità qualificata del ricorrente sulla scorta della condanna ex art. 416 bis cod. pen. riportata come reggente della famiglia COGNOME.
La Corte di appello di Palermo ha, dunque, correttamente fondato la diagnosi di pericolosità del proposto sull’appartenenza, con un ruolo apicale e strategico,
ad un sodalizio mafioso storicamente consolidato, accertata da una sentenza passata in giudicato.
3.3. Quanto all’attualità della pericolosità sociale del proposto, la Corte di appello ha rilevato che il ruolo attivo assunto dal ricorrente all’interno di “Cosa nostra” e i consolidati rapporti con esponenti di vertice dell’associazione mafiosa inducevano a ritenere che il contributo fornito dal COGNOME costituisse espressione di una vera e propria scelta di vita e non già di una partecipazione episodica ad uno specifico settore illecito.
Nel lasso di tempo decorso dai fatti accertati il proposto era, COGNOME, stato detenuto in esecuzione della misura cautelare custodiale, e nel periodo successivo alla scarcerazione, avvenuta in data 8 giugno 2022, non erano ravvisabili elementi tali da contrastare gli indici di persistenza e attualità della condizione di pericolosità, in quanto non vi era stata alcuna recisione dei forti legami con il sodalizio citato o alcun segnale di effettivo ravvedimento.
Il Tribunale di Palermo, nel decreto originario richiamato dalla Corte di appello nel provvedimento impugnato, ha, peraltro, rilevato che nel periodo di detenzione patito il COGNOME, secondo quanto risulta alla relazione comportamentale redatta dalla direzione della Casa circondariale di Trapani, si è limitato a rispettare le regole del regime penitenziario e ad aderire ad attività trattamentali di formazione, senza, tuttavia, aver posto in essere alcuna presa di distanza o rielaborazione in senso critico dei fatti per i quali è stato condannato.
3.4. Secondo il Tribunale e la Corte di appello, la difesa stessa non ha addotto elementi atti a dimostrare una radicale disarticolazione del sodalizio criminoso, il superamento da parte del ricorrente dell’adesione all’associazione mafiosa o, quanto meno comportamenti che denotino l’abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise all’interno del sodalizio mafioso.
Il Tribunale e la Corte di appello hanno, peraltro, correttamente rilevato come non possa essere valorizzata in tal senso la concessione della liberazione anticipata al preposto, in quanto, secondo un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini della concessione della liberazione anticipata, la partecipazione del condannato all’opera di rieducazione si riferisce, secondo i criteri indicati dall’art. 103 Reg. Es. (approvato con d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230), alla sola condotta esteriore e non presuppone alcuna diagnosi di risocializzazione già conseguita, ma soltanto l’adesione al processo di reintegrazione sociale in itinere (ex plurimis: Sez. 1, n. 12746 del 07/03/2012, COGNOME, Rv. 252355 – 01).
Nella valutazione del Tribunale e della Corte di appello di Palermo, peraltro, la frequenza al corso dell’istituto tecnico superiore COGNOME nell’anno scolastico
2020/2021 sarebbe “aspecifica” rispetto alla personalità criminale posta a fondamento del giudizio di pericolosità sociale qualificata.
Il vizio di violazione di legge denunciato è, dunque, insussistente.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle in favore della cassa delle spese processuali e della somma di euro tremila ammende.
Così deciso in Roma, il 10/11/2023.