Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2734 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2734 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a AUGUSTA( ITALIA) il 24/04/1969
avverso il decreto del 06/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Roma in data 6 giugno 2024, di conferma del decreto del Tribunale della stessa città che gli aveva applicato la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per la durata di anni due con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
L’impugnativa consta di tre motivi, quivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 4, lett. i-bis, d.lgs. n. 159/2011. Eccepisce il ricorrente che illegittimamente il Tribunale gli avrebbe applicato la pericolosit qualificata di cui all’art. 4, lett. i-bis) d.lgs. n. 159/2011, vuoi perché tale categoria di pericolosità sociale era stata introdotta con una norma (l’art. 1, legge n. 161/2017) entrata in vigore (il novembre 2017) quando i fatti, che ne sarebbero espressivi, si erano ormai esauriti – ossia, quelli di corruzione in atti giudiziari, oggetto di accertamento nel processo pendente dinanzi al Tribunale di Potenza, arrestatisi, come da decreto di citazione a giudizio, al 7 febbraio 2017 vuoi perché, comunque, egli non era stato chiamato a rispondere in quel processo di fattispecie associativa avente ad oggetto la commissione di delitti contro la pubblica amministrazione, come richiesto, invece, dalla norma di cui all’art. 4, lett. i-bis) d.lgs. n. 159/2011, riferentesi espressamente «ai soggetti indiziati del delitto di cui all’articolo 640-bis o del delitto d all’articolo 416 del codice penale, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui articoli 314, comma 1, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis del medesimo codice». Donde, deduce il ricorrente che il giudice cesurato sarebbe incorso anche in un travisamento del fatto, nonostante il rilievo in tal senso spiegato nella memoria difensiva prodotta per il giudizio di appello.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 4, lett. c), in relazione all’art. 1, b), d.lgs. n. 159/2011. Eccepisce il ricorrente che non gli si sarebbe potuta applicare neppure la pericolosità generica delineata dalle disposizioni richiamate, perché, come dimostrato dai documenti versati in atti, i proventi derivatigli dalla sua attività professionale di avvocato er stati tali da privare di significatività i proventi che in ipotesi gli erano venuti dalle delittuose commesse: tanto, dimostrando i delitti lucrogenetici realizzati non potevano, certo, assurgere a stile generalizzato di vita o ad attitudine esistenziale. Tra l’altro, non era decisivo sostegno della tesi secondo la quale egli aveva vissuto, anche in parte, con i proventi di attivit delittuose, il riferimento, contenuto nel decreto impugnato, alla circostanza che gli fossero stat applicate numerose confische in relazione ai delitti di corruzione accertati in via definitiva a s carico, dal momento che le stesse erano state commisurate al prezzo di tali delitti e non al profitto conseguitone: profitto, che, infatti, non gliene era venuto, essendo egli il corrutto non il corrotto.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1, lett. b) e 4, lett. c) e i-bis) d.lgs. n. 159/2011 sotto il profilo dell’assenza di attualità della pericolosità sociale, sia generica qualificata.
Eccepisce il ricorrente che i fatti delittuosi, indicati come espressivi di sua pericolos sociale, erano anteriori di anni rispetto alla data della proposta di applicazione della misura prevenzione personale (elevata in data 10 ottobre 2013) e, comunque, dovevano considerarsi irreversibilmente cessati in ragione della sua condotta di collaborazione processuale intervenuta in data 23 aprile 2018. Quanto al primo profilo, egli deduce che i fatti di associazione pe delinquere finalizzata alla commissione di delitti di corruzione (o di altri reati dei pubblici uf contro la pubblica amministrazione), oggetto della sentenza di applicazione della pena del GUP presso il Tribunale di Messina del 25 luglio 2019, erano stati contestati come «reiterati dal 2012 al 2016», mentre i fatti oggetto di accertamento nel processo pendente dinanzi al Tribunale di Potenza erano stati contestati fino al 17 febbraio 2017; quanto al secondo profilo, evidenzia come tali fatti erano stati, comunque, disvelati grazie alla sua collaborazione processuale, riconosciuta anche in sede processuale come efficace, tanto dimostrato dalla concessione in suo favore dell’attenuante speciale di cui all’art. 323-bis cod. pen..
Di modo che la Corte territoriale, argomentando nel senso che tale collaborazione era tutt’altro che indicativa di un’irreversibile rescissione dei legami con l’ambiente in cui tali erano maturati nonché di una consolidata scelta di vita opposta rispetto a quella da essi evincibile, aveva anche finito per travisare le evidenze raccolte nel procedimento di prevenzione.
Con requisitoria in data 22 novembre 2024, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Sostituto, Dottor NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria trasmessa in Cancelleria tramite PEC il difensore del ricorrente ha replicato alle conclusioni del Procuratore Generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
A ragione della conferma del provvedimento di applicazione nei confronti di NOME COGNOME della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno per anni due nel comune di residenza, il giudice censurato ha osservato come fosse stata correttamente operata la sussunzione della persona del proposto entro le categorie di pericolosità sociale di cui agli artt. 1, lett. b) e 4, lett. c) d.lgs. n. 159/2011 e di cui lett. i-bis) dello stesso decreto legislativo, perché questi, dall’anno 2008 fino al 4 aprile 2018, aveva commesso numerosi reati di natura lucrogenetica – molti dei quali accertati in via definitiva, altri in via di accertamento ed altri ancora dai quali l’COGNOME era stato prosciolto loro estinzione a causa di prescrizione -, tra i quali figuravano quelli di: associazione p
delinquere finalizzata alla realizzazione di delitti contro la pubblica amministrazione; corruzione, anche in atti giudiziari; di emissione di fatture false e di bancarotta fraudolent delitti i cui profitti erano stati oggetto di numerose confische. Il giudice medesimo ha, inolt giustificato la perdurante attualità della pericolosità sociale del proposto, rilevando, per un vers come i fatti oggetto di accertamento dinanzi al Tribunale di Potenza si collocassero temporalmente entro il 2019; per altro verso, come l’allegata collaborazione dell’COGNOME, prestata in seno ai processi subiti e nella fase dell’esecuzione della pena, non potesse dirsi univocamente espressiva di cessazione della sua pericolosità sociale, atteso che il contributo offerto all’accertamento dei reati, se può valere ai fini di un’attenuazione, prima, di eventuali esigenz cautelari (quanto alla reiterazione di reati della stessa specie di quelli commessi), poi, della pena ovvero dell’ottenimento di benefici penitenziari, non costituisce indice sicuro dell’astensione de proposto dalla commissione di fatti – anche diversi da reati – suscettibili di mettere in peric l’ordine e la sicurezza pubblici.
2. Ciò posto, il secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia il malgoverno da parte della Corte di appello delle disposizioni di cui agli artt. 1, lett. b) e 4, lett. c), d.lgs. n. – ossia, di quelle che disciplinano la pericolosità generica del proposto per l’applicazione di un misura di prevenzione patrimoniale -, perché la Corte di merito non si sarebbe attenuta alla lettura, costituzionalmente orientata, offertane dal giudice delle leggi con la sentenza Corte cost. n. 24/2019, secondo cui i profitti, generati dai delitti cui il proposto sia stato abitualmente ded devono costituire almeno una <<componente significativa» del suo reddito, merita prioritario esame, essendo dotata, la detta pericolosità generica – la sola posta a fondamento della proposta di misura di prevenzione formulata dal Procuratore della Repubblica di Roma -, di uno spettro di accertamento assai più ampio rispetto alla pericolosità qualificata, posta dal Tribunale a sostegno della misura medesima in aggiunta alla prima.
Si tratta, invero, di motivo inammissibile, perché concentra la censura riferita all'attitudine dei delitti commessi dall'Amara a procurargli profitti suscettibili di costituir componente significativa del suo reddito sui delitti di corruzione, che, peraltro, secondo l prospettazione del ricorrente, non sarebbero stati tali da arrecargli alcun profitto. Deve, invece rilevarsi come la Corte territoriale abbia espressamente richiamato anche i reati fiscali e l bancarotte fraudolente commesse dal proposto, nonché il delitto di partecipazione ad un'associazione per delinquere finalizzata proprio alla commissione di tali delitti, come reati lucrogenetici suscettibili di asseverare, pure in ragione della modalità organizzata di lor realizzazione, la tesi secondo la quale NOME COGNOME abbia vissuto abitualmente, anche in parte, dei proventi di tali attività delittuose. Rilievo argomentativo, questo, che, in ragione della decisività, avrebbe meritato una specifica presa di posizione critica da parte del ricorrente, che invece, l'ha ignorata.
rg c lg e a tki 3. Il GLYPH motivo, che eccepisce l’applicazione retroattiva della disposizione di cui all’art. 4, lett. i-bis), d.lgs. n. 159/2011 e, quindi, l’illegittima sussunzione della persona del
proposto entro una categoria di pericolosità sociale qualificata, introdotta dalla I. n. 161/201 entrata in vigore quando ormai i fatti di corruzione commessi da NOME COGNOME si erano esauriti, è infondato.
3.1. Giova premettere che, alla stregua della prevalente e preferibile giurisprudenza di legittimità, che ha affermato che, in tema di misure di prevenzione, l’avviso di fissazione dell’udienza di comparizione nei confronti della persona proposta non deve necessariamente indicare il tipo di pericolosità posta a fondamento della richiesta, essendo sufficiente, ond assicurare alla difesa un contraddittorio effettivo e congruo, la sola indicazione degli elementi d fatto dai quali la si ritiene desumibile, non si configura violazione del principio di correlazione contestazione e decisione nel caso in cui il provvedimento applicativo della misura ritenga sussistente una categoria di pericolosità sociale diversa o ulteriore rispetto a quella indicata nel proposta (Sez. 6, n. 29157 del 12/04/2023, Rv. 285039; Sez. 5, n. 28695 del 19/05/2022, Rv. 283542), stante la fluidità degli addebiti tipica del giudizio di prevenzione. Invero, la dive qualificazione della pericolosità è consentita a condizione che la nuova definizione giuridica poggi sugli stessi elementi di fatto posti a fondamento della proposta, in relazione ai quali sia sta assicurato alla difesa un contraddittorio effettivo e congruo (Sez. 1, n. 8038 del 5/2/2019, Rv. 274915; Sez. 1, n. 32032 del 10/6/2013, Rv. 256451). Inoltre, l’autorità giudiziaria può operare una diversa qualificazione giuridica della pericolosità del proposto, trattandosi di un poter generale che spetta ad ogni giudice procedente, ma tale potere deve essere esercitato previa interlocuzione delle parti sulle questioni dedotte o deducibili collegate alla proposta, in modo da escludere qualsivoglia violazione del contraddittorio (Sez. 6, n. 43446 del 15/6/2017, Rv. 271220). Contradditorio, che, nel caso di specie, si è pienamente esplicato sia nel primo che nel secondo grado, essendo i fatti, valorizzati dal Tribunale per affermare la pericolosità qualificat di NOME COGNOME nei termini di cui all’art. 4, lett. i -bis), d.lgs. 159/2011, gli stessi indicati nella proposta di applicazione della misura di prevenzione personale per avvalorarne la pericolosità generica ex art. art. 1, lett. b) d.lgs. n. 159 del 2011, parimenti riconosciuta a suo carico. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.2. Di tanto dato atto, va ribadito che il principio di irretroattività non può essere invoc per le misure di prevenzione, atteso che la loro natura preventiva le assimila alle misure di sicurezza, con la consequenziale loro sottoposizione al regime previsto dall’art. 200, comma 1, cod. pen. (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, COGNOME, Rv. 262602), nel riferimento, tuttavia, all normativa vigente al momento della loro applicazione, coincidente con la pronuncia di primo grado, sempre che nel relativo giudizio sia stato consentito il contraddittorio su tale aspetto (Sez 1, n. 31209 del 24/03/2015, Rv. 264322; Sez. 6, n. 21491 del 16/02/2015, Rv. 263768).
Al riguardo, questa Corte, sia pure esprimendosi in tema di confisca speciale obbligatoria di cui all’art. 74, comma 7 -bis, d.P.R. 30 ottobre 1990, n. 309, inserito dall’art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 29 ottobre 2016, n. 202, ha affermato il principio generale secondo cui gli ist che hanno natura preventiva, come le misure di sicurezza e le misure di prevenzione, che sono correlate alla situazione di pericolosità attuale del proposto, soggiacciono alla disciplina di
all’art. 200 cod. pen., di modo che è legittimo il provvedimento che ne fa applicazione in relazione a reati commessi anteriormente all’introduzione delle norme che li prevedono (Sez. 1, n. 2304 del 14/10/2020, dep. 2021, Rv. 280221). Del resto, tale principio era già stato enunciato in tema di confisca prevista dalla legge n. 108 del 1994 per il delitto di usura, laddove questa stess Corte aveva affermato che il disposto dell’art. 200, comma 1, cod. pen. – secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione – deve essere interpretato nel senso che, mentre non può applicarsi una misura di sicurezza per un fatto che al momento della sua commissione non costituiva reato, è possibile la suddetta applicazione per un fatto di reato per il quale originariamente non era prevista la misura, atteso che il princip di irretroattività della legge penale riguarda le norme incriminatrici e non le misure di sicurezz che per loro natura sono correlate alla situazione di pericolosità attuale del proposto, con la conseguenza che, nel procedimento di prevenzione iniziato prima dell’entrata in vigore della legge 7.3.1996 n. 108 – che consente la confisca dei beni provenienti da attività di usura – è consentita l’applicazione e l’esecuzione di una misura di sicurezza patrimoniale nei confronti di soggetti indiziati del reato di usura (Sez. 1, n. 13039 del 11/03/2005, Rv. 231598).
3.3. Deve, infine, precisarsi, per disattendere il rilievo difensivo secondo cui all’Amar non sarebbe stata applicabile la pericolosità qualificata di cui all’art. 4, lett. i -bis), d.lgs. n. 159/2011 non avendo egli posto in essere fatti riconducibili al «delitto di cui all’articolo del codice penale, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 314, com 1, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319 -quater, 320, 321, 322 e 322-bis del medesimo codice» che, invece, egli si era reso artefice dei fatti di associazione per delinquere finalizzati anche alla corruzione di cui alla sentenza di applicazione della pena del GUP presso il Tribunale di Messina del 25 luglio 2019, contestati come «reiterati dal 2012 al 2016». Fatti, questi ultimi, che, peraltro, erano stati indicati nella proposta come giustificativi dell’applicaz nei confronti di NOME della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, in quanto espressivi di sua pericolosità sociale generica.
4. Anche il terzo motivo è infondato
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nel procedimento di prevenzione di appello, con riferimento alle misure personali di prevenzione, la valutazione di attualità dell pericolosità sociale del proposto deve essere riferita al giudizio di primo grado, ma la motivazione deve tenere conto dell’eventuale anomala distanza temporale tra i due gradi di giudizio e della datazione risalente dei fatti posti a fondamento dello stesso giudizio di pericolosità (Sez. 5, 28343 del 12/04/2019, Rv. 276135; Sez. 1, n. 55052 del 18/07/2017, Rv. 272399).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha motivato le ragioni del proprio maturato convincimento in ordine all’attualità della pericolosità sociale del proposto al momento dell’applicazione della misura di prevenzione personale (11 dicembre 2023), evidenziando come, a fronte di un’attività delittuosa accertata come commessa nel corso di almeno un decennio e
dispiegatasi in una variegata fenomenologia criminosa, spaziante dai delitti contro la pubblica amministrazione ai delitti tributari e fallimentari, l’allegata attività di collaborazione proces non fosse tale da dimostrare la sua definitiva ed irreversibile presa di distanza da logich operative improntate alla commissione di fatti, anche eventualmente tali da non integrare reati, suscettibili di mettere in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblici.
Ne viene che, ai fini del giudizio di attualità della pericolosità del proposto, non potendo effettivamente valutare il solo dato della distanza di cinque anni intercorrente tra l’inizio d collaborazione di Amara (che aveva avuto luogo il 4 aprile 2018) e il momento di applicazione della misura di prevenzione a suo carico (in data 11 dicembre 2023), dovendosi avere riguardo, invece, anche al lungo arco temporale (di almeno dieci anni) in cui si erano verificate le plurime e variegate condotte delittuose di cui egli era stato ritenuto responsabile o che gli erano stat ascritte, condotte per le quali aveva subito oltretutto una restrizione cautelare della libe personale, tutti i rilievi difensivi al riguardo articolati, anche sotto il profilo del travisa fatti o di prove, sono privi di decisività ed inidonei, come tali, a far risaltare un v motivazione apparente (il solo denunciabile con il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione, sotto il profilo della violazione di legge, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME e altri, Rv. 260246), invero inesistente nel caso di specie.
Tanto comporta che il ricorso debba essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/12/2024.