Pericolosità Sociale: Quando il Legame Mafioso Giustifica la Sorveglianza Speciale
L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto penale preventivo: la valutazione della pericolosità sociale di un individuo con un passato legato alla criminalità organizzata. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha confermato che l’appartenenza a un’associazione di stampo mafioso può essere considerata un sintomo di pericolosità attuale, anche a distanza di tempo. Questo principio si fonda sulla natura stessa del vincolo mafioso, ritenuto tendenzialmente stabile e persistente.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro un decreto della Corte di Appello. Quest’ultima aveva confermato la decisione del Tribunale di applicare nei suoi confronti la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con l’aggiunta dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza. La misura era stata disposta in seguito all’accertata partecipazione del soggetto a un’associazione mafiosa. Il ricorrente contestava la decisione, sostenendo che i giudici non avessero adeguatamente motivato l’attualità della sua pericolosità sociale, elemento indispensabile per l’applicazione di tali misure restrittive.
La Decisione della Corte sulla Pericolosità Sociale
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici supremi, la Corte di Appello ha agito correttamente nel considerare la passata appartenenza al sodalizio mafioso come un elemento ancora oggi sintomatico di una concreta pericolosità sociale. Il ricorrente è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Il fulcro della motivazione risiede nella specifica natura del vincolo associativo mafioso. La Corte ha sottolineato come l’adesione a una tale organizzazione non sia un evento isolato, ma implichi l’ingresso in una struttura criminale caratterizzata da un legame ‘tendenzialmente stabile’. Questo legame, una volta stretto, non si presume reciso per il solo trascorrere del tempo. La pericolosità, quindi, non deriva tanto dalla commissione di un singolo reato, quanto dal ruolo rivestito all’interno del sodalizio e dalla persistenza di quel vincolo. La Corte di Appello, secondo la Cassazione, ha correttamente evidenziato come l’attualità della pericolosità derivi proprio da questa intrinseca stabilità del patto criminale, che continua a rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Le misure di prevenzione non hanno una finalità punitiva, ma preventiva, e mirano a neutralizzare una minaccia attuale. In questo contesto, l’appartenenza a un’associazione mafiosa viene considerata un indicatore qualificato di pericolosità sociale che può permanere nel tempo. La decisione serve da monito: uscire da una logica criminale di tipo mafioso richiede una rottura netta e dimostrabile, non essendo sufficiente il semplice decorso del tempo per ritenere venuta meno la pericolosità del soggetto. Per i professionisti del diritto, ciò significa che la difesa in questi casi deve concentrarsi non solo sul tempo trascorso, ma sulla prova concreta della rescissione di ogni legame con l’ambiente criminale di provenienza.
Può una passata appartenenza a un’associazione mafiosa giustificare oggi una misura di sorveglianza speciale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la commissione del delitto di associazione mafiosa è sintomatica di una pericolosità sociale che può ritenersi attuale, data la natura tendenzialmente stabile del vincolo criminale che si crea.
Come viene valutata l’attualità della pericolosità sociale in questi casi?
L’attualità della pericolosità sociale deriva dalla persistenza del vincolo con il sodalizio mafioso. La Corte ritiene che tale legame sia di per sé un fattore che mantiene viva la pericolosità del soggetto, a causa del ruolo che egli ha rivestito all’interno dell’organizzazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2931 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2931 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 23/12/1976
avverso il decreto del 21/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso il decreto della Corte di appello di Palermo, che ha confermato il decreto del Tribunale di Palermo con il quale gli era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale COGNOME denunzia inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine alla valutazione dell’attualità della sua pericolosità sociale, sia manifestamente infon atteso che la Corte di appello ha correttamente chiarito come l’accertata commissione del delitto di associazione mafiosa debba ritenersi sintomatica della sua pericolosità sociale – in ragione soprattutto del ruolo che lo stesso aveva rivestito all’interno del sodalizio mafioso – e come l’attualità della pericolosità derivi proprio dalla presenza di un vincolo tendenzialmente stabile (si veda, in particolare, la pag. 5 del provvedimento impugnato);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 18 dicembre 2024
consigliere estensore
Il Presidente